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domenica 9 febbraio 2025
Old Rock City Orchestra - Back To Earth (2015)
Back To Earth è il secondo album degli Old Rock City Orchestra, gruppo di Orvieto autore di quattro album in totale con l'ultimo pubblicato nel 2023, fondato da Cinzia Catalucci e Raffaele Spanetta, rispettivamente tastiere e voce la prima e chitarra e voce il secondo, due quarti del gruppo che si completa con la sezione ritmica formata da Giacomo Cocchiara al basso e Mike Capriolo alla batteria.
Attivi dal 2009 hanno rilasciato il primo lavoro nel 2012, Once Upon A Time, che trovo' buoni riscontri su diversi magazine nel settore del prog rock e li ha portati in tour in diversi paesi d’Europa: dall’Inghilterra alla Francia, e poi Belgio, Olanda e Bulgaria; questo non fa altro che amalgamare ancora di più i componenti che con l’esperienza acquisita si chiudono in studio per comporre e registrare questo Back To Earth. Ma innanzitutto veniamo all’impatto visivo, quello del packaging, il disco si presenta con una copertina che sicuramente attira l'attenzione, con i suoi colori: il pavimento a scacchiera è un classico, un ambiente decadente dove l’uomo è costretto a muoversi come una pedina, una metafora che parte con l’individuo ed il suo viaggio nei meandri della mente, per lasciarsi alle spalle la scacchiera solo quando raggiunge il cancello dell’uscita, dove in alto domina la scritta "Back To Earth". Buona la produzione di Old Rock City Orchestra e di Vannuccio Zanella.
Questo nuovo lavoro è un viaggio introspettivo, al contempo reale e surreale, alla scoperta del proprio io originario e del Mondo-Natura del quale l’individuo è parte e non dominatore, e nel quale vive spesso inconsapevolmente. Tale viaggio è reso concreto dalla narrazione della storia di un personaggio senza nome il quale, dopo aver smarrito se stesso, intraprende un percorso volto alla riscoperta di sé e del mondo che lo circonda. In questo percorso il protagonista è idealmente una pedina costretta a muoversi passivamente su di una scacchiera, rappresentazione della gabbia desolante in cui vive. Col trascorrere del tempo (e dei brani) l’uomo vede crescere la propria consapevolezza, la propria forza interiore, riscoprendo il proprio io e il contatto col mondo esterno, sino a superare il "mondo a scacchi" e varcare il cancello che lo riporta verso la terra (Back to Earth), entrando in una sorta di limbo dal quale può vedere il suo pianeta ritrovato, la Terra, senza poterlo raggiungere. Da qui inizierà il suo nuovo viaggio.
Fortemente influenzati dal periodo settantiano, con numerosi spunti che vanno dall’hard rock alla psichedelia di fine anni sessanta e qualche accenno al blues, ci fanno compiere un passo indietro nel tempo, presi per mano dalla voce personale della cantante e da un sound che fa di tutto per piacere anche a chi non è proprio un fan accanito del genere. Lo stile complessivo attinge a quello che oggi viene chiamato classic rock, tutti i brani sono suonati con entusiasmo e vitalità, sono cosparsi di un tocco di psichedelia e melodia orecchiabile e potrebbero ricordare gruppi come Jefferson Airplane, Affinity o Circus 2000 senza suonare fuori moda. Vintage, ma con le idee ben chiare, il gruppo di Orvieto evita lunghe suite, ma soprattutto non si specchia nel tecnicismo fine a se stesso di molti gruppi di genere, puntando tutto sul feeling e confezionando piccoli gioielli di musica freak, dove la parte emozionale fatta di passaggi raffinati ha la sua importanza.
Album di poco inferiore ai quaranta minuti, Back To Earth si compone di dieci tracce che vanno al sodo: gli Old Rock City Orchestra sono eleganti nell’amalgamare rock, psichedelia e hard blues, regalando momenti sognanti ed ottimi cambi d’atmosfera, passando agevolmente tra i vari generi con padronanza del songwriting ed ottima personalità. La title track, posta in chiusura, è il brano più progressivo in senso stretto, trattandosi di una piccola suite dove partiture jazzate e rhythm and blues fanno da prologo ad una lunga parte atmosferica, cantata con pathos dalla raffinata voce della Catalucci. Il resto dell’album si sviluppa in modo originale e vario, tra psichedelia alla Bolan di fine anni sessanta, rock energico dal sapore zeppeliniano, rimandi ai Beatles più acidi di fine carriera e accenni al prog rock settantiano. Tra i brani di maggior spicco, l’opener When you pick an apple from the tree, dai ritmi doorsiani, l’hard rock spigoloso di Mr Shadow, e la divertente Lady Viper, oltre alla già citata title track, sono esempi della varietà di atmosfere di questo ottimo album, che tiene botta in tutta la sua durata.
L'opener When You Pick Up An Apple From The Tree, raffinata e carezzevole, è un bel pezzo dove la bella voce di Cinzia Catalucci ti porta in alto in un volo leggero attraverso un cielo stellato. Intanto, la oscillante chitarra di Spanetta e le disciplinate ritmiche di Cocchiara e Capriolo ci intrattengono coccolandoci con un morbido loop. E a metà brano il tocco bacaloviano dell’ospite Laurence Cocchiara al violino aggiunge ulteriore qualità alla composizione. È collegato alla successiva Feelin' Alive, dove l'atmosfera si fa più cupa e dove la musica e le parole descrivono una ragazza che ha perso la sua anima in una notte di pioggia e ora è sopraffatta dal dolore e dalla disperazione; brano che mostra il lato più audace della band con un tema vintage che potrebbe stare anche nella discografia degli Atomic Rooster o dei Black Widow, tanto per fare due nomi. Feelin’ Alive è il brano che riassume i vissuti dell’intero racconto, è il vero preambolo che descrive il ricordo del viaggio del protagonista, il percorso mentale che lo porterà alla riscoperta della vita. Lineare, pulita e senza fronzoli. È il dialogo voce-chitarra a tenere le redini del brano, mentre batteria e basso fungono da semplici accompagnatori, con la stessa Catalucci che interviene episodicamente con le sue tastiere. Le successive Rain On A Sunny Day e Mr. Shadow sono due tracce piene di energia oscura in cui la musica e i testi evocano ombre mortali che incombono all'orizzonte. Rain On A Sunny Day e' un breve brano molto intrigante. L’alternanza di segmenti magnetici e misteriosi con altri rapidi, acidi e pienamente sixties/seventies (un po’ alla Balletto di Bronzo di Sirio 2222) è una scelta vincente e convincente. Mr Shadow presenta una ritmica ed un riff tagliente e coinvolgente che si alternano a frangenti più soffici, capitanati dal suono caldo del basso di Giacomo. Continua la pista acida e retrò grazie al lungo virtuosismo di Raffaele Spanetta (forte l’assonanza col tocco di Bambi Fossati) e al clima che sa di Garybaldi con voce femminile graffiante e in simbiosi col collega. Porta alla dolceamara Melissa, una delicata canzone acustica ispirata all'attentato alla scuola di Brindisi del 2012, quando tre bombole di gas nascoste in un cassonetto della spazzatura sono esplose di fronte al liceo Morvillo Falcone, uccidendo Melissa Bassi, una ragazza di 16 anni, e ferendo altri cinque studenti. Canzone che ribadisce il clima di totale disorientamento e non-senso nel quale vive ormai il protagonista. Il canto struggente di Spanetta emerge tra il suo delicato arpeggio e i tappeti incorporei della Catalucci, struttura e pathos ricordano i brani più intensi di Beatles o New Trolls. A interrompere la poesia per qualche attimo ci pensa uno stacco rapido e spigoloso, un po’ alla Banco.
Canzoni brevi, dirette, senza inutili orpelli, per evidenziare le giuste melodie ed idee che si susseguono alacremente senza mai annoiare l’ascoltatore. Lady Viper è la donna vipera, perché in grado di avvelenare e stordire la moralità dell’essere umano. La canzone è incentrata sul rapporto tra il tentare e l’essere tentati. Cedere o meno alla tentazione? Rinunciare anche solo per un instante alla moralità o preservare l’assoluto rigore? E se fosse necessaria una mediazione tra i due estremi? È proprio nel gioco diabolico della tentazione che forse risiede il segreto della stabilità dinamica. Ancora un tuffo a cavallo tra ’60 e ’70, le vispe ritmiche di Cocchiara e Capriolo supportano i gradevoli giochi di chitarra e tastiere e il doppio canto del duo Catalucci/Spanetta, dipingendo un quadro che si muove tra Procol Harum, The Who e The Velvet Underground. Porta alla suggestiva My Love, che descrive in musica e parole un bisogno irresistibile, l'impulso di unirsi a qualcuno. Questa ballad southern rock alla Lynyrd Skynyrd è affidata alla voce di Spanetta. Belle le prove di chitarra e piano (che si tiene nelle retrovie) i quali costruiscono un interessante ordito. Batteria e basso come sempre precisi. L’ultimo minuto si tinge di stimolante psichedelia. Tonight, Tomorrow And Forever parla della relatività del tempo e dei sentimenti e qui la musica e i testi ti invitano a cogliere l'attimo, liberando la mente e lasciandoti alle spalle paure e tristezza. Energica e ondeggiante col suo flusso sonoro compatto e articolato: quattro strumenti, un’unica strada hard. E sui suoni vintage di chitarra e tastiera, e i vibranti batteria e basso, si fa strada l’ispirata voce di Cinzia. Poi arriva la sognante e riflessiva Why Life che in qualche modo fonde speranza e rimpianto, sogni e consapevolezza dei limiti che la vita reale può tracciare intorno a te. Brano sognante ed avvolgente, giocato soprattutto sull’intenso intreccio vocale creato da Catalucci e Spanetta, su cui s’incastra alla perfezione l’arpeggio, vagamente alla Diaframma, sempre di Spanetta, le tastiere diluite della stessa Catalucci e le ritmiche sussurrate della coppia Cocchiara-Capriolo. La lunga traccia finale, Back To Earth, conclude l'album con un'atmosfera malinconica e una passeggiata eterea lungo il viale dei ricordi. La consapevolezza di una necessaria complementarietà tra passione e ragione per una buona riuscita del percorso e l’importanza del contesto naturale e sociale, il mondo circostante originario che da sempre ospita l’uomo e la sua esistenza, sono le due conquiste che trascinano fuori dall’oblio il protagonista del ritorno alla Terra. E così, abbandonato il suo status di alieno e riconquistato sé stesso, l’uomo senza tratti è pronto a far ritorno sul quel pianeta che rappresenta il mondo della vita. Dopo un breve avvio che odora di jazz-funk, ecco riemergere la vena acida e datata degli Old Rock City Orchestra, arricchita dal solo alla B.B.King di Spanetta. Il tutto è funzionale all’ingresso sulla scena della Catalucci e il suo doppio tocco (voce-tastiera): molto suggestivo questo lungo frammento in cui una voce alla Bjork incontra un tappeto dalle tinte space.
Nel complesso, un buon album in bianco e nero giocato sul filo della nostalgia ma con uno sguardo attento al presente. Ottimo lavoro non solo per gli amanti del prog rock, ma per tutti i rocker dal palato fino. Gli Old Rock City Orchestra arrivano volentieri dritti al punto evitando inutili orpelli, mixando sapientemente suoni e parole, creando paesaggi sonori che denotano una cultura musicale di tutto rispetto.
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