domenica 17 novembre 2024

domenica 10 novembre 2024

domenica 3 novembre 2024

domenica 27 ottobre 2024

Mariposa - Mariposa (2009)

Ho avuto gia' modo di tessere le lodi del prog italiano, a mio parere secondo solo a quello inglese, ma non e' l'unico genere in cui i musicisti nostrani eccellono. Il punk per esempio, che ha avuto un periodo d'oro nel nostro Paese dalla fine degli anni 80 ai primi 2000, rappresentato da band quali Punkreas, Porno Riviste, Derozer, Peter Punk, Moravagine (consiglio quest'ottimo video per conoscere meglio quella scena), ma soprattutto CCCP, forse il gruppo punk piu' originale di sempre. E poi c'e' il rock alternativo, in cui gli italiani sono dei veri campioni, grazie a band come Bluvertigo, Tre Allegri Ragazzi Morti, Bugo, Marlene Kuntz, C.S.I., Subsonica, Verdena, Afterhours, Uzeda, Ministri, Baustelle, Zen Circus, e sicuramente tanti altri che in questo momento non mi vengono in mente. In alcuni casi i confini fra rock alternativo e progressive si sfumano, e vengono fuori gruppi che creano una commistione fra i due generi, a volte riuscita ed altre volte un po' meno, come per esempio i Lamanaif di cui ho gia' avuto modo di parlare, e questi Mariposa.

Mariposa è il progetto di un settetto che opera tra Bologna, Verona e Arezzo. Un progetto ambizioso, che combina canzone d'autore italiana, folk, rock e psichedelia, in un'ambientazione surreale dalle tipiche tinte teatrali. I musicisti che ne fanno parte danno vita a una sorta di bizzarro grammelot in cui si fondono liricità e umorismo, rumorismo e straniamento. I loro primi lavori si situano in quel sentiero d'avanguardia teatral-musicale già intrapreso da nomi di punta del rock d'autore italiano. E' soprattutto Capossela il riferimento più evidente, con il suo circismo fragoroso e le sue ballate surreali. In più, i Mariposa aggiungono un tocco di rumorismo e di psichedelia, attingendo alle partiture più sghembe di Tom Waits e ai trip lisergici di Syd Barrett. Violini, flauti, sax, chitarre e piano si inseguono, partorendo atmosfere acustiche che si alternano ad improvvisi sprazzi noise, a schizzi di jazz, contaminazioni klezmer e filastrocche sonore. Dal secondo album si accentua ulteriormente questo gusto per il surreale, dando vita a una vera e propria messinscena teatrale di ispirazione zappiana, sublimata dai testi nonsense di Alessandro Fiori. Anche lo spettro sonoro si fa più ampio, col ricorso ad archi e fiati e persino a un coro di voci bianche. E' un "domino", un gioco a incastro, appunto. Tra incursioni in territorio psichedelico, marce stralunate, pantomime alla Capossela e ballate più classiche, la band mette in mostra un repertorio musicale ormai ricco e poliedrico, sempre pervaso da quell'urgenza creativa che ne aveva ispirato l'esordio. Col terzo disco si spazia dal free-jazz al pop, passando per quella canzone d'autore che resta l'architrave della loro opera. Smontare, rimontare, tagliare e cucire, spostare, combinare: questa è la "musica componibile" che i Mariposa si sono prefissi di diffondere. Unico difetto e' la prolissita', che ha come risultato la produzione anche di canzoni poco convincenti e con scarso mordente (poche pero').
I Mariposa si formano nel 1999 a Bologna. Il progetto nasce nel marzo dell'anno prima, quando il tastierista Michele Orvieti, il sintetizzatorista Gianluca Giusti ed il cantante tastierista violinista Alessandro Fiori (il quale e' anche pittore e scrittore) pubblicano una prima demo autoprodotta dal titolo L'arco di gesso. Nel corso di alcuni anni, questo trio diventa settetto grazie all'ingresso di Valerio Canè al basso, Enzo Cimino alla batteria, Enrico Gabrielli a fiati, tastiere e percussioni (costui oggi suona anche con Calibro 35 e The Winstons) e Rocco Marchi a chitarra, basso e moog. Nascono così i Mariposa, termine spagnolo che vuol dire "farfalla". La nascita del gruppo va fatta coincidere convenzionalmente con il 26 novembre 1999, data del loro concerto di debutto al centro sociale "La Villa Occupata" di Firenze. Nel 2000 esce il disco d'esordio, Portobello illusioni. La loro musica parte dalla forma canzone ma unisce componenti di elettronica lo-fi, free jazz, teatro surreale e psichedelia. Proprio per questo dal 2003 decidono che fanno "musica componibile", poiché lo spirito dell'assemblaggio da cucina componibile è quello che meglio riassume le loro intenzioni, volontarie o meno. Di fronte ad un numero sempre crescente di concerti dal vivo e produzioni discografiche fondano nel 2002 la Trovarobato, denominata successivamente Famosa Etichetta Trovarobato, per poter così gestire al meglio le loro attività. In breve tempo la Trovarobato comincia anche ad occuparsi di altri artisti, producendo dischi e programmi radiofonici e curando booking e promozione. Nel 2009 esce Mariposa, loro nono album, a cui collabora Daevid Allen dei Gong. L'intensa attività della band non si esaurisce solo nell'ambito Mariposa: i singoli membri del gruppo collaborano come session man con diversi altri artisti italiani tra cui Vinicio Capossela e Morgan. Inoltre Gabrielli è membro stabile degli Afterhours dal 2006 al 2009. Sempre nel 2009 partecipano al progetto Il paese è reale, inserendo un brano, Le cose come stanno, nella compilation Afterhours presentano: Il paese è reale (19 artisti per un paese migliore?). Nel novembre del 2011, Fiori, voce storica del gruppo, che nel frattempo aveva già esordito da solista con l'album Attento a me stesso (2010), lascia il gruppo per proseguire la sua carriera solista. Il suo posto viene preso da Serena Altavilla, voce dei Blue Willa. Dal 2011 si aggiunge alla formazione Daniele Calandra, già chitarra, fisarmonica e voce degli Addamanera. Nel 2020 pubblicano il loro dodicesimo e finora ultimo album, Liscio Gelli, uscito per l'etichetta fiorentina Santeria / Audioglobe.
Onirismo, nonsense, dolcevita, Stefania Sandrelli e Piero Ciampi, tastierine e fiati, c’è tutto un mondo sghembo dentro quest’album, che forse è il loro più centrato, il più colorato, il piu' tenue, il più pop anche. I Mariposa sono sempre stati musicisti scomponibili e ricomponibili, basti pensare alla scheggia impazzita Enrico Gabrielli che in quel periodo stava mettendo le mani su tutti i dischi italiani più importanti, ma l’incastro dei singoli pezzi non è mai stato felice come stavolta. In Specchio, in Piero, Notel Hotel, i nostri riescono a farsi cantare, a farsi saltellare, ballare. L’effetto finale resta quello di un felice straniamento.
Con l'album Mariposa rinunciano (del tutto o in parte) al loro mefitico nonsense, alle sarabande in stile Canterbury, e al frasario patafisico alla Thomas Eliot, i pezzi preferiscono puntare alla spinta contagiosa post-punk (Specchio), al bubblegum eccentrico affogato in fanfare sardoniche (Zia Vienna), o alla sottospecie di valzer-carillon misto a liscio per farfisa (Notel Hotel). Qua e là si scorgono toni da Mark Everett stranito, come in Piero, o da Beck funky-soul in Clinique Veterinaire. Ad attestare maggiore credibilità alla semplificazione dello stile sono "Poco più in là", dalla buona costruzione lounge, e l’inconcludente parodia drogata di Aerosmith e AC/DC di "Can I Have Bon Bon?".
I Mariposa sono un capolavoro. Non i dischi, ma proprio loro. Per la lucida follia con cui da venticinque anni mettono insieme le pagine di quello che un giorno sarà forse riconosciuto come un piccolo romanzo surreale della canzone italiana alternativa. Geniali e cialtroni. Burleschi e strafatti. Sperimentatori e scanzonati. Astronauti della canzone d'autore. Vagabondi dell'istrionismo strumentale. Si potrebbe andare avanti all'infinito, ma sempre mancherebbe qualcosa. Perchè i Mariposa sono una preziosa anomalia che regala speranze all'urgenza di autonomia artistica di chi scrive canzoni in Italia. E se la complessità dei loro dischi precedenti li relegava ad ascolti più complicati, con il lavoro omonimo hanno fatto un disco per tutti, o quasi. Una vera opera pop, per adulti e forse pure per bambini. Si scherza, si gioca. Non solo. Si riflette, si sussurra. Persi in quel concetto di poesia dell'assurdo che li rende un po' romantici anche quando è ovvio che ti stanno prendendo per il culo. E se Enrico Gabrielli ormai può insegnare come scrivere a pastello sul pentagramma, esiste un universo parallelo in cui Alessandro Fiori è il gemello apocrifo di Lucio Dalla, sfidandolo in gare di tuffo in piscine di marmellata. Ma è tutto il settetto a suonare come suonano quelli bravi davvero. D'altronde un alieno come Daevid Allen non si sarebbe gettato in questo giroscopio se non ci fossero mondi da esplorare. E qui ce ne sono ben undici, tutti molto curiosi ed ispirati, alcuni davvero bellissimi, emozionanti. Tanto pop, tantissimo. Più pop di qualsiasi cosa mai fatta dai Mariposa. Frank Zappa c'è, ovviamente, ma stavolta guarda da lontano e si compiace anche della normalità. La psichedelìa appare e scompare, dissolvendosi con dolcezza. Il prog-rock che strapazzava le vecchie canzoni, ora scarabocchia le strutture con segni più lievi. Appare la canzone italiana anni sessanta, chè quasi per un attimo viene in mente Gino Paoli (in acido). Attimi, suggestioni. Perchè poi c'è l'elettropop più americano, con le cose digitali. E di nuovo le orchestrazioni tutte italiane, a sconfinare in colonne sonore per le giostre. Ci sono le strofe morbide coi ritornelli al posto giusto. I testi surreali, col timbro Mariposa e con commoventi racconti agrodolci. Insomma, non ci si era mai coccolati tanto in un disco dei Mariposa, senza doversi solo scervellare ad aspettare l'ennesima schizofrenia dietro l'angolo. Un grande disco. Teniamoceli stretti questi pazzi.