domenica 30 novembre 2025

Via Zanardi 33 - 01 - Si Fa Presto A Dire Studentato

Premesso che questa serie ai tempi non la vidi, anzi non ne ero proprio al corrente dell'esistenza, sono stato un grande fan di Friends negli anni '90, quando lo mandavano in onda su Raidue ed io ero un liceale con la testa fra le nuvole. Friends l'avrei rivisto una quindicina d'anni dopo, in lingua originale, e ne avrei notato tutti gli evidenti difetti, rendendolo una serie che oggi non toccherei proprio.
Quando, all’inizio del 2001, Via Zanardi 33 fece il suo debutto, rappresentava un tentativo audace: riprendere il modello di Friends (un gruppo di amici giovani che condividono vita quotidiana, relazioni, drammi e risate) e trasporlo nel contesto italiano, con lo sfondo di una vita universitaria a Bologna. I protagonisti sono sei studenti di differenti regioni e percorsi: sei ventenni che convivono in uno studentato, con amore per la musica, amicizie, inevitabili tensioni e tante avventure da “giovani in cerca di sé”. Persino l'ambientazione del bar/caffe', e la struttura dei titoli, rimandano alla sitcom americana.
L’intento c’era, e la serie si è sforzata di essere anche più “spinta” rispetto a molte fiction italiane del tempo: Via Zanardi osava affrontare temi come droghe, promiscuità, l’omosessualità, relazioni complicate, gravidanze indesiderate. C'è persino un episodio interamente incentrato sulle mestruazioni.
Era una scelta che la distingueva da molte produzioni bacchettone dell’epoca: in un’Italia dove la sitcom generazionale non era certo dominante, Via Zanardi provava ad essere più realista, meno convenzionale. 
E in questo credo che la serie abbia un suo valore. Anche se la scrittura e la recitazione non possono reggere il confronto con una produzione del calibro di Friends, Via Zanardi non fa sconti al pubblico: non teme di mostrare situazioni crude, di lasciar emergere il disordine dei vent’anni, la confusione, la giovinezza nel bene e nel male. Se da un lato l’umorismo spesso risulta banale, forzato, a volte cringe, dall’altro ha un che di genuino: nel suo tentativo di essere vero, di raccontare vite normali, con errori, fragilità e qualche eccesso, c’è una sincerità che molte fiction contemporanee ignorano. La serie però è stata cancellata dopo una sola stagione di 24 episodi: gli ascolti rimasero bassi e la critica fu dura, accusando una sceneggiatura debole e personaggi che faticavano a trovare profondità. 
I paragoni con Friends spesso la penalizzarono: la sensazione comune era che Via Zanardi, pur con le sue ambizioni, non riuscisse a trovare un’identità autonoma, restando troppo legata all’imitazione. 
Eppure, a distanza di oltre vent’anni, Via Zanardi ha una sua “eredità nostalgica”: anche se poco ricordata, resta un esperimento interessante di sitcom all’italiana, un tentativo, forse l’unico davvero significativo, di raccontare con leggerezza e concretezza la giovinezza universitaria italiana, con le sue contraddizioni e le sue libertà, ed ecco spiegato il revival che sta vivendo in questi anni.
Personalmente, credo che Via Zanardi meriti di essere rivista con uno sguardo “storico”: non come un capolavoro di scrittura, ma come un documento sincero di un’epoca e di un’ideale — giovane, caotico, imperfetto — di amicizia, libertà e speranze. Forse non è scorrevole come Friends, ma in fondo non ha paura di essere verosimile, sbagliata, spontanea.
Pensando oggi a classici delle serie tv americane, è abbastanza comune sentire che siano invecchiati male: humour datato, dinamiche di genere e relazioni spesso stereotipate, dialoghi che risentono fortemente del contesto culturale degli anni ’90/2000. Questo non significa che non abbiano valore, ma sicuramente la lettura moderna può far emergere limiti: battute che oggi suonano fuori tempo, rappresentazioni idealizzate, mancanza di certa profondità su tematiche difficili. Al contrario, guardando a Via Zanardi emerge qualcosa di curioso: la serie, nelle sue fragilità, sembra avere ancora un potenziale di verosimiglianza con la realta' maggiore rispetto a una sitcom americana ultra-popolare. Il fatto che non esiti a trattare temi delicati ci fa pensare a un’Italia (o a un tentativo di rappresentarla) meno edulcorata, più concreta e magari meno patinata. In qualche modo, Via Zanardi resta un documento di un certo tipo di gioventù italiana, con le sue ambiguità e contraddizioni, e questo dà oggi uno sguardo diverso, più autentico, rispetto a certe sitcom vintage dal sapore irresistibilmente nostalgico, ma anche spesso idealizzante. Anche se Friends è iconica, la distanza culturale e temporale si sente; Via Zanardi, con i suoi tormenti adolescenziali, le sue scelte azzardate, ha ancora qualcosa da raccontare: non perché sia perfetta, ma perché in qualche modo suona ancora “umana”. Inoltre vi recitano due attori che ammiro molto: Elio Germano qui alle prime armi (sembra un quindicenne), e Dino Abbrescia, protagonosta di una pellicola cult dalle mie parti della quale avro' modo di parlare in seguito.


Nessun commento: