I Procol Harum sono uno di quei gruppi considerati pionieri del prog. Infatti il loro sound è molto influenzato dalla musica classica e Gary Brooker, leader del gruppo, è stato il primo ad avere l'idea della riproposizione di un brano classico rivisto in chiave rock. Prima della nascita del gruppo, nel 1967 Brooker aveva già composto A whiter shade of pale, costruita tramite la sovrapposizione di due sinfonie di Bach, e intuendone il potenziale successo forma un gruppo proprio per poter pubblicare il brano, chiamando alcuni suoi ex compagni nei Paramounts, gruppo di cui faceva parte in adolescenza. Il successo di questo brano fu immediato, quindi i Procol Harum da questo momento in poi cominciano a pubblicare album di buona fattura, finchè non vengono scalzati dalla nascita dei mostri sacri del prog come Genesis, ELP, King Crimson, Yes, che propongono un prog ben più elaborato e fantasioso. Quindi la loro produzione va via via peggiorando fino allo scioglimento del gruppo nel 1977. Dei Procol Harum la critica apprezza più i primi album, quelli che li hanno sanciti come innovatori e consacrati nell'olimpo del rock, ma a me piace invece un album del 1973 intitolato Grand Hotel. Sì perchè i primi album all'epoca devono aver sconvolto parecchio le orecchie, un suono del genere era una novità e l'idea di costruire un brano rock su un pezzo di musica classica è a dir poco geniale, ma ascoltandoli col senno di poi ci si accorge di tutte le ingenuità e della, francamente, pochezza di idee di Gary Brooker. Brooker è un personaggio che ammiro molto per il ruolo storico che ha avuto, ma come compositore è abbastanza mediocre, a mio parere. Per questo lavoro la band è composta, oltre che da Brooker pianista e cantante, da Alan Cartwright al basso, Chris Copping all'organo, B.J. Wilson alla batteria, scomparso nel 1990, e Mick Grabham alla chitarra che sostituisce il chitarrista storico Robin Trower, troppo blues nello stile. Quest'ultimo era l'altro compositore del gruppo insieme a Gary e la sua partenza lascia il campo libero al pianista, che ora può sfogare tutte le sue velleità sinfoniche melodrammatiche. Quest'album si mantiene molto bello, benchè le canzoni si somiglino molto nello stile e nella costruzione, ma gli album seguenti perderanno via via di inventiva e creatività, fino a cadere nella ripetitività. Inoltre anche in questo gruppo vi è la presenza di un paroliere, Keith Reid, con i Procol fin dalla nascita e molto dotato poeticamente, spesso preoccupato dal decadimento della società. Tutto l'album è in stile molto retrò, in bilico fra prog gotico, tendente all'orchestrazione grazie ai pesanti arrangiamenti di Gary, come per esempio Fires (Which Burnt Brightly) , e prog romantico-sinfonico, come la title track. Tutte le traccie sono molto piacevoli e leggere, è difficile individuarne qulcuna di spicco, la mia preferita è Toujours l'amour, perchè è molto ritmica, piano e chitarra si equivalgono negli spazi, ma soprattutto l'apprezzo perchè sono un inguaribile romantico sentimentalone. Sono molto belle Fires (wich burns brightly), con l'aggiunta di una voce femminile, For liquorice John, con i testi incentrati sul tema della morte, e T.V. Ceasar, che narra di un personaggio di una serie animata in grado di controllare il mondo tramite gli schermi televisivi. Un bell'album, in fin dei conti, non troppo impegnativo, romantico e demodè.
giovedì 5 giugno 2008
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