Quando si ascolta per la prima volta questo album si rimane sbigottiti dall'aura retrò che lo permea, sembra davvero un album prog anni '70, e invece è appena dello scorso anno. L'effetto è ovviamente voluto e direi riuscito. I Faveravola sono musicisti che negli anni '70 facevano parte di varie band progressive e che ora hanno deciso di formare insieme un gruppo che richiami quei suoni vintage a loro, e anche a me, così cari. Si tratta di Giancarlo Nicorelli alle tastiere, Consuelo Marcon al violino, Alessandro Bonotto alla chitarra acustica, Adriano Durighetto al basso, Paolo Coltro a batteria e percussioni, Gianluca Tassi alla chitarra elettrica, Franco Violo alla voce, Tiziana Carraro alla voce e Luca Boldrin al flauto. La Contea dei cento castagni è un lavoro tipicamente italiano, assomiglia a tanti altri album progressivi italiani, ma è molto ben curato, molto ispirato, ha qualcosa in più della media. L'atmosfera è calma, pastorale, in un paio di canzoni la chitarra è elettrica, predominano piano ed organo arricchiti dal violino e da un dolcissimo flauto, responsabile di quel tocco in più di cui parlavo prima. Lo stile è a metà fra folk quasi medievale, si narra infatti di contee, elfi e cavalieri, e prog sinfonico; risultano canzoni spesso orecchiabili e melodiche. Tutto l'album è molto omogeneo, le canzoni si assomigliano fra loro ed è come sospeso in un mondo antico, fantasy, che comunica grazia e serenità tramite un sound romantico e caldo. Sono 12 tracce e si comincia con L'antefatto in cui la voce è inizialmente narrante e in seguito comincia a cantare, il flauto fa subito capolino a dare manforte alle tastiere che dominano il brano. Le canzoni sono spesso così strutturate: basso e batteria definiscono il ritmo e non si lasciano mai andare ad intrusioni nella melodia, le tastiere e la voce disegnano la melodia, mentre chitarra, flauto o violino fanno da voce aggiunta, in pratica. Le tracce seguenti sono Lo specchio, intimista e malinconico, e la Contea dei cento castagni, sempre sulla stessa linea, melodie interessantissime. Poi viene La foresta degli elfi alati, più hard, trascinata da organo e chitarra elettrica. L'incontro torna su atmosfere più calme, con la voce femminile a supportare quella maschile, è un altro episodio pop breve ed intenso. Il sogno è malinconica e triste, organo e voce in primo piano, la melodia sempre stupenda. La piana dei Temoli del Livenza vede la presenza di Aldo Tagliapietra delle Orme che duetta con Franco, torna la parte narrata su una base eterea su cui si innesta un flauto ipnotico che rende il brano irresistibile. Lo scontro è un'altra traccia più pesante rispetto allo standard del disco, il ritornello è indovinatissimo e orecchiabile, altro brano ben riuscito. Danza di Messer Reale e Madonna Fantasia è una breve traccia pop con ancora la voce femminile su quella maschile, sembra quasi una canzone di De André per melodia e arrangiamento. Leggenda della foglia della vita e del vento, Neorinascimento e Strada ai confini di... sono i brani conclusivi che nulla aggiungono al disco ma di certo non ne abbassano il livello. Complimenti ai musicisti, un album bellissimo in tempi in cui il prog non ha di certo un tornaconto commerciale.
lunedì 29 settembre 2008
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