martedì 2 settembre 2008

Renaissance - Prologue (1972)

Renaissance, secondo capitolo. Avevamo lasciato il gruppo ormai sfaldato durante la registrazione del secondo album, ciascun componente aveva ormai intrapreso strade diverse e altri session man si erano avvicendati per completare il lavoro. A questo punto il manager del gruppo è deciso a trovare altri membri fissi, anche tramite annunci su riviste musicali, lo storico Melody Maker per l'esattezza. Ad uno di questi annunci risponde Annie Haslam, una giovane cantante inglese, la cui estensione vocale è incredibilmente sconfinata. Alla chitarra entra Michael Dunford che aveva partecipato come session man alla registrazione del secondo lavoro, lo stesso dicasi per il tastierista John Tout, con trascorsi nella band di John Lennon e nei Wishbone Ash. Tramite amicizie comuni arrivano Jonathan Camp al basso e Terence Sullivan alla batteria per completare la formazione, che ora è pronta per registrare il terzo album Prologue. Questo si apre con la title track che mostra l'incredibile bravura dei musicisti nell'aver assimilato il sound dei predecessori ed inoltre mette in evidenza il diverso incedere pianistico di Tout rispetto ad Hawken, e soprattutto la voce della Haslam. Sembrava difficile, quasi impossibile, superare in bravura Jane Relf, invece Annie ci riesce benissimo, la sua voce ha grazia e potenza, raggiunge vette inimmaginabili mantenendo inalterata la cristallinità e la pulizia vocale. In questo brano non ci sono parole ma solo vocalizzi e ululati, poichè secondo la cantante le parole mal si adattano a timbri così alti. Tutto il brano attinge parecchio dalla musica classica, ma è arricchito con elementi folk e rock'n'roll che lo rendono davvero bellissimo. Tout ovviamente conduce, il suo incedere ricorda per certi versi l'organo dei Supertramp, o meglio il contrario, mentre anche il basso si fa sentire alla grande. Il secondo brano, Kiev, è più calmo e rilassato, ma non meno interessante, in cui il bassista canta insieme alla vocalist. E' una canzone con bei cambi di ritmo e virtuosismi, magniloquente. Sounds of the sea è introdotto dai rumori del mare, è anch'esso un brano lento condotto dal bravissimo e struggente John, mentre la voce di Annie è in primo piano dall'inizio alla fine, con acuti strepitosi. Mentre in Prologue il canto è più sanguigno, più hard, in questa traccia è evidente come una bella voce sappia emozionare anche su ritmi più calmi. Segue Spare some love, la traccia più pop e convenzionale dell'album, delicata e sognante, sempre molto bella. Bound for infinity è quasi un assolo di piano su cui vi sono i celestiali innesti vocali della cantante ad arricchire lo splendido lavoro di John. Traccia carica di grazia con una carica emotiva impressionante. Chiude Rajah Kahn, traccia lunga e sperimentale, il piano non è più protagonista principale a favore degli altri strumenti, soprattutto percussivi, e Annie applica ancora la tecnica dei vocalizzi, stavolta più che celestiali inquietanti, sinistri e solidi. Un gran bel brano sicuramente. A questo punto la line-up è ormai stabile e il gruppo si appresterà alla scrittura dei due album più celebri della band, ovvero Ashes are burning e Scheherazade and other stories, che però a me non piacciono più di tanto. Un lavoro che unisce sapientemente musiche medievali e atmosfere folk, ambientazioni classiche e spunti barocchi, con un sound che rimane sempre solenne e potente. Molto molto bello.

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