mercoledì 15 luglio 2009

Novembre

I Novembre non sono una prog band, il loro sound è più un'originale fusione di generi che pesca anche dal progressive rock e ne rende il suono immediatamente riconoscibile. Da una base Death i Novembre si lasciano spesso andare a fughe e divagazioni progressive, frequenti e repentini cambi di tempo, uso di strumenti inusuali (come la fisarmonica), senza trascurare atmosfere gotiche e doom, che rendono il suono ancora più particolare, melodico ed introspettivo. I testi sono spesso intrisi di una malinconia difficilmente riscontrabile in altri gruppi, soprattutto italiani: quella malinconia che ti assale in quelle giornate grigie di novembre, quando guardi la pioggia cadere e cominci a farti mille paranoie sul senso della vita. Spesso si tratta di poesie estremamente commoventi, niente a che vedere con altre band nostrane giudicate inspiegabilmente superiori, cito Rhapsody o Lacuna Coil. Il gruppo viene fondato nel 1990 da due fratelli siciliani trapiantati a Roma: il cantante, chitarrista e tastierista Carmelo Orlando ed il suo fratello batterista Giuseppe. Nel 1997 entra in pianta stabile un secondo chitarrista, Massimiliano Pagliuso, mentre il ruolo di bassista è stato ricoperto nell'ordine da Fabio Vignati, Alessandro Niola, Luca Giovagnoli e infine Valerio Di Lella. Nel 2003 li ho visti in concerto a Matera, mia città natale, una delle pochissime band a scegliere Matera come tappa, e fu un gran concerto. Dopo due demo ed un Ep nel 1994 pubblicano il loro primo album Wish I could dream it again, il cui successo, seppur postumo, è stato tale che è impossibile trovarlo oggigiorno, infatti è stato riregistrato e ripubblicato sotto il nome di Dreams d'Azur, anche per ovviare alla scarsa qualità del suono dovuta ai mezzi di fortuna con i quali è stato registrato l'album. L'influenza death è presente, ma il gruppo sta cominciando a distaccarsene, a proporre un souno più evoluto, alla rabbia tipica del death si affianca una malinconia profonda creando un mix letale. Tutte le canzoni sono molto belle e pregne di disillusione, ma le mie preferite sono The dream of the old boat e Neanderthal sands. Nel 1996 esce il loro primo capolavoro: Arte Novecento è il loro album più morbido, con il cantato interamente in pulito, chitarre meno pesanti e sezione ritmica più in evidenza. Il tema principale questa volta è l'amore, amore da un punto di vista tragico ovviamente, in tutte le sue forme più strazianti. Le tracce che preferisco sono Pioggia January tunes, Homecoming (stupenda), Stripped (cover dei Depeche Mode), Worn carillon, A Memory e Photograph. Nel 1999 esce Classica, considerato loro album migliore, anche se io ne preferisco altri. E' un po' la summa di quanto fatto sentire finora, un album che racchiude tutti gli umori e le atmosfere che la band romana è in grado di creare, certo è uno dei loro lavori più melodici. Si passa da momenti dolci e delicati a sfuriate death, veloci e tirate, quindi anche i testi passano dall'espressione di una rabbia cieca e schizofrenica, a una serenità quasi cupa ed innaturale. Cold Blue Steel e Foto Blu Infinito sono le tracce migliori a mio parere. Nel 2001 pubblicano Novembrine Waltz, più pesante di Classica e meno variegato, con il growl più presente e la proposizione di ritmiche più marcate e pesanti, un miglioramento negli arrangiamenti e la solita continua ricerca di costruzioni armoniche particolari. Un album più maturo nel suo complesso. Le tracce che seleziono sono Distances, Everasia, Cloudbusting (cover di Kate Bush) e Valentine (almost an instrumental). Dopo la già citata ristampa del primo album, chiamata Dreams d'Azur nel 2002, nel 2006 arriva Materia. Materia è un album più leggero rispetto ai precedenti, con molte parti cantate in pulito, pezzi acustici, arrangiamenti ancora più curati, la batteria è meno virtuosa e completamente al servizio della melodia, le chitarre presentano pochi riff ad effetto, ma non per questo è simile ad Arte Novecento, anzi. Una delle migliori qualità dei Novembre è infatti quella di riuscire a proporre sempre qualcosa di nuovo, qualcosa che si discosti dai lavori precedenti senza per questo stravolgere il suono, ormai riconoscibilissimo. I miei pezzi preferiti sono Aquamarine e Jules. The Blue esce nel 2007 e segna il ritorno dei Novembre a sonorità più progressive, più contorte e di più ardua assimilazione. E' un album che rispecchia maggiormente i canoni prog-metal senza perdere quell'atmosfera gotica tipica della band romana. Per questo ovviamente mi piace più di Materia, che invece era più dolce ed etereo. Carmelo torna ad alternare cantati puliti a growl abrasivi, mentre l'altro compositore Massimiliano è in gran forma e si lascia andare a frequenti assoli da capogiro. Le tracce migliori sono la orecchiabile Bluecracy, Tristeitaliana, Nascence (con voce femminile), Cobalt of March, Iridescence, Sound Odyssey e Zenith. Con the Blue i Novembre tornano ai livelli cui ci hanno abituato e si confermano come una delle migliori metal band italiane. Un gruppo da scoprire, uno dei migliori dell'attuale scena metal e progressive.

the dream of the old boat
neanderthal sands
distances
everasia
cloud busting
valentine (almost an instrumental)
cold blue steel
foto blu infinito
pioggia january tunes
home coming
stripped
worn carillon
a memory
photograph
the winter eyed
aquamarine
jules
tristeitaliana
cobalt of march
bluecracy
nascence
iridescence
sound odyssey
zenith

lunedì 6 luglio 2009

King Crimson - Three of a Perfect Pair (1984)

I King Crimson sono precursori, in ogni epoca e con ogni disco. Quando nel 1984 uscì questo album non fu compreso da nessuno, neanche dagli addetti ai lavori: troppo strano, troppo rumoristico, troppo sperimentale. Invece Fripp e soci avevano già capito la nuova direzione che stava prendendo la musica: il rock si stava fondendo con l'elettronica, stava nascendo l'industrial, e questo album ne anticipa gli umori. Come un ponte fra due epoche, il lavoro in questione è diviso in due parti nettamente separate: quattro tracce orecchiabili, melodiche, progressive, e cinque tracce sperimentali, estreme, cervellotiche, di difficilissima assimilazione. Val la pena di ascoltare solo per verificare quanto i King Crimson si possano spingere oltre, quanto lontano possa arrivare la visionarietà di Robert, quanto coraggiosa sia la band in questione. La line-up è la stessa dei due album precedenti, ovvero Robert Fripp alla chitarra, Adrian Belew a chitarra e voce, Tony Levin al basso ed al synth, Bill Bruford alla batteria. Il disco comincia proprio con la title-track, pezzo fra il pop e l'avanguardia, molto orecchiabile nonostante le poliritmie, è forse il pezzo migliore dell'album: Adrian e Tony cantano all'unisono, le chitarre si intrecciano disegnando la melodia, la sezione ritmica è sempre impeccabile. Model Man segue ancora la tendenza pop descritta precedentemente, anche se naturalmente di pop non si tratta, è un pop rivisitato da questo immenso gruppo, è l'idea che i Crimson hanno del pop: le chitarre e il basso dominano questa canzone, molto calma e molto bella. Si prosegue con Sleepless, introdotta da un riff di basso e canzone un po' più complicata ma comunque accessibile, fra caos e disciplina. A man with an open heart è ancora più orecchiabile, il ritornello è poppeggiante e bellissimo e mai uguale a se stesso. La quantità di variazioni sullo stesso tema che questa band è in grado di escogitare è sconvolgente, un profano non si accorgerebbe di nulla, invece dietro una canzone apparentemente semplice c'è tutto un mondo. A questo punto il registro cambia radicalmente: Nuages è una sorta di breve intro alla seconda parte: scura, sintetica, drammatica, liquida, e così si continuerà fino alla fine, ad esclusione dell'ultima traccia che è un filino più allegra. Industry è il manifesto dei nuovi King Crimson sperimentali, e il fatto che il genere industrial porti il titolo di questa canzone è una coincidenza (coincidenza?) incredibile. 7 minuti di trance composta da chitarre rarefatte e cariche di effetto, il morale è sottoterra, Tony picchia sul basso e lo stesso fa Bill, ritmi irregolari e rumori di macchinari completano l'opera. Se un giorno i robot saranno così evoluti da ascoltare musica, ascolteranno sicuramente qualcosa di molto simile. Dig me prosegue sulla stessa falsariga: chitarre schizofreniche, completa assenza di melodia, percussioni atipiche, fino al ritornello che spezza tutto e si fa incredibilmente melodico. Senza parole. No warning è un altro breve pezzo a metà fra progressive e noise ed introduce Larks' tongues in Aspic part III, le prime due parti sono sull'album omonimo del 1973: traccia cerebrale e cangiante, fra echi del vecchio sound e suoni moderni, veloce ed intricata. Degna conclusione di un album, ancora una volta, particolare, estremo, scioccante. I musicisti moderni sono in grado di stupire solo con qualche nuovo look o atteggiamenti sfrontati, al limite del grottesco; poche band hanno saputo rivoluzionare il mondo musicale come i King Crimson; hanno saputo calarsi in ogni epoca intuendone le direzioni musicali e proponendo sempre qualcosa di nuovo, fresco, genuino.