mercoledì 13 dicembre 2023

martedì 5 dicembre 2023

lunedì 27 novembre 2023

martedì 21 novembre 2023

giovedì 9 novembre 2023

mercoledì 1 novembre 2023

sabato 21 ottobre 2023

sabato 14 ottobre 2023

venerdì 6 ottobre 2023

mercoledì 27 settembre 2023

mercoledì 20 settembre 2023

giovedì 14 settembre 2023

GOAT - Oh Death (2022)

C'è sempre stato una sorta di mistero quando si parla della band GOAT, infatti l'unica cosa che sappiamo e' che vivono a Göteborg, ma non si ha nessuna notizia accertata sui componenti del gruppo. Ed anche quando si cerca di scavare un po' più a fondo si trovano solo una manciata di interviste (di cui solo un paio condotte di persona), ed il loro profilo online afferma addirittura che i GOAT non siano altro che una reincarnazione di una band di 30 o 40 anni fa originaria di una piccola cittadina dedita al culto del voodoo nel nord della Svezia. Per coloro che non hanno ancora familiarità con il gruppo in questione, la loro mistica è parte del loro fascino quasi quanto il loro groove irresistibile. L'ensemble, che può variare di dimensioni e si esibisce sempre in maschera, afferma di provenire da Korpilombolo, piccola città dove si pratica il voodoo di cui sopra. Tutto ciò contribuisce ad aumentare la sensazione di natura selvaggia e disorientamento attorno alla band.

È passato poco più di un decennio da quando i GOAT hanno colpito la coscienza collettiva. Il loro suono psichedelico anni '60/'70 mescolato con jazz, funk, soul, incantesimi, armonie e follia generale ha visto la loro stella sorgere negli ultimi dieci anni, da quando hanno pubblicato World Music. Il loro suono è molto distinto, fondendo tradizioni musicali occidentali come il rock psichedelico e il jazz con ritmi afro e tribali, dalla musica tuareg dell'Africa occidentale all'afrobeat che adora Fela Kuti: è tanto deciso e groovy quanto confuso e psichedelico. Il loro quarto album in studio "Oh Death" segue Requiem del 2016, che era più orientato all'acustica rispetto ai primi due album World Music e Commune. Il nuovo album vede un ritorno al forte psych rock intriso di afro-beat con alcune tracce che ruotano attorno a strumenti acustici e percussivi. Volendo tracciare delle coordinate sonore per inquadrare il suono di questi simpatici svedesi, possiamo citare Funkadelic, o più in particolare la divinità della chitarra Eddie Hazel. Poi ci sono i Tinariwen, gli iconici vagabondi del blues elementare. Ed ecco i Doors: asciutti come un paio di pantaloni di pelle, seri come un infarto. In basso ci sono gli Slits (il gruppo punk più sottovalutato della storia) e a sinistra i padri fondatori della moderna psichedelia scandinava: i Dungen. Ed in questo "Oh Death" aggiungiamo Captain Beefheart e Jimi Hendrix. Questo da solo rende qualsiasi album dei GOAT motivo di molti elogi. "Oh Death" è particolarmente degno di celebrazione, tuttavia, in quanto è un ritorno al marchio distintivo di psichedelia elettrica e confusa che ha guadagnato alla band una (meritata) reputazione globale sulla scena psichedelica con i loro primi due dischi.
Le influenze psych rock sono chiare fin dalla traccia di apertura Soon You Die, che inizia con un rumoroso riff avanti e indietro annegato nel fuzz. C'è una forte atmosfera anni '60 in questo groove lento composto da brevi strofe con lunghi passaggi strumentali in mezzo, dove la band sfoga tutta la propria creativita' in jam psichedeliche e assoli di chitarra. Di fronte al gruppo ci sono due cantanti donne che cantano all'unisono a squarciagola, rendendo la musica ancora più potente e intensa. La voce, penso, consolidi davvero il suono molto particolare di questa band. I testi parlano dell'inevitabile arrivo della morte per tutti noi, ma di come non ci sia davvero nulla di cui preoccuparsi quando ti fermi a considerarlo. "Presto morirai, ma non piangere, perché c'è ancora tempo per andare a festeggiare." Chukua Pesa emana vibrazioni indiane dei Beatles mescolate con il folk dei Led Zeppelin. Tuttavia, quando la band inizia con i testi, la proposta cambia. Voci selvagge su mandolini ipnotici e loop di chitarra trasformano il pezzo in qualcosa di unico. Canzone che sicuramente evidenzia il loro amore per la strumentazione, i ritmi e gli stili vocali mediorientali, nonche' per l'ipnotico tuareg desert blues dei Tinariwen. Molte tracce di "Oh Death" sono costruite attorno a groove psichedelici, come il singolo principale Under No Nation: una fusione di psych e afro-beat con molti strati di percussioni, seguendo una formula simile di strofe guidate dalla voce e passaggi strumentali. La canzone si sviluppa in una raffica di fiati selvaggi che procedono in forma libera dopo aver attraversato percorsi sonori che potreste trovare in William Onyeabor. Le impressioni iniziali di Do The Dance evocano l’introduzione al primo singolo seminale degli Iron Maiden, Running Free. Il ritmo della batteria vacilla prima che una linea di basso in stile glam e chitarre fragorose aiutino a definire il groove. Un breve interludio si presenta sotto forma del brano Apegoat, estremamente psichedelico. Si rifà al tempo in cui i Pink Floyd si divertivano con Ummagumma. Segue Goatmilk, con un altro inizio guidato dalla batteria presto incalzato dal piu' classico intreccio chitarra/tastiere, con una solida linea di basso. Poi, per la gioia dei veri progster, il flauto fa capolino prima che la canzone entri nel territorio dei Dap Kings. L'album, senza alcuna soluzione di continuità, si sposta verso Blow The Horns. Gli organi gemono e anche le voci. Ogni elemento della musica sembra una cosa a se' stante, ma il modo in cui la band mette insieme tutto cio' è sublime. Gli strati di percussioni, così come le sezioni strumentali sommerse dal fuzz, aggiungono davvero dinamicita' e complessità, tutto immerso nello stesso amalgama. In Remind Yourself si riconosce ancora l'influenza Funkadelic, questa volta prendendo ispirazione da Standing On The Verge Of Getting On nella profonda introduzione parlata. La traccia ci ricorda che possiamo trovare pace solo in noi stessi, e per poter trovare questa pace dobbiamo prima riconoscere che la abbiamo tutta dentro di noi. È questo alla fine il passo piu' difficile, che ne siamo consapevoli o no. Il mix di chitarre distorte con chiari ritmi di marimba è selvaggio. Blessings interrompe il viaggio con un breve interludio di pianoforte prima che Passes Like Clouds chiuda l'album in modo davvero intrigante. Si tratta di un bel brano strumentale per ricordarci che i pensieri, il dolore, il piacere, la vita e, sì, la morte, alla fine si dissolvono e si riformano come nuvole. Thich Nhat Hanh una volta disse che siamo come le nuvole e "Le nuovole non muoiono mai".
Chiunque essi siano, questa band è risorta e ha annunciato il suo ritorno con l'album più incredibilmente incisivo della loro carriera fino ad ora. L'effetto che queste dieci tracce lasciano sull'ascoltatore in una breve raffica di 34 minuti è incredibilmente meraviglioso; e' un'opera caotica e groovy allo stesso tempo, organica e colorata. "Oh Death" è un album estremamente ben realizzato, coeso e dinamico. Offre ritmi afro trippy e selvaggi con psych rock intriso di jazz, più forte e più aggressivo di quanto i GOAT abbiano mai mostrato, mentre il posizionamento delle tracce più morbide offre variazione e respiro. La produzione densa e rumorosa, così come la voce, rendono ogni traccia intensa e potente, e gli strati di effetti e percussioni aggiungono tantissima verve alle composizioni. Questa volta i GOAT hanno davvero superato se stessi e hanno realizzato il loro miglior album, almeno fino ad ora.

mercoledì 6 settembre 2023

venerdì 1 settembre 2023

venerdì 25 agosto 2023

lunedì 14 agosto 2023

venerdì 28 luglio 2023

venerdì 21 luglio 2023

mercoledì 19 luglio 2023

Crocodile - His Name Is Stan And He's A Bad Motherf-ker (2018)

I Crocodile sono un gruppo texano nato nel 2017 che ha dato alle stampe due album, questo divertentissimo His Name Is Stan And He's A Bad Motherf-ker nel 2018, e Howling Mad Black Music Under Hot Stars nel 2019, leggermente meno ispirato. Kevin Sims, chitarra e voce, Greg Seale, batteria e percussioni, Ted Thomas, basso e voce, e Philip Spann, tastiere, sono tutti decisamente in fissa con la musica degli anni '70 e '80, come si legge dal loro sito: "La nostra musica non è facilmente classificabile. Immagina di mescolare Gentle Giant con Steely Dan. Rush con ELO. Yes con gli Smiths. Strano, eh? Ma per noi funziona." I Crocodile fanno Prog, con sudore e muscoli. Fanno musica progressiva ma accessibile, vibrante e creativa, nel tentativo di riconquistare il fascino inventivo ispirato dai pionieri del genere. L'album in questione e' un concept dedicato alla figura di Stan, come si puo' intuire, un tizio ossessionato dal lavoro che pare essere stato un personaggio in carne ed ossa e che abbia fatto parte della vita di uno dei componenti del gruppo per qualche tempo. Si tratta di musica essenzialmente allegra e positiva, di prog-rock moderno carico di sano umorismo ed ironia. La storia di questo lavoro è davvero sorprendente: Kevin Sims (che compone quasi tutta la musica e scrive i testi) ha iniziato a lavorarci quando non aveva nemmeno diciassette anni, ed ha sviluppato immediatamente un rapporto ossessivo con questa opera, amando ed odiando il risultato della sua creativita', abbandonandolo per poi tornarvici, distruggendo, cambiando e producendo per quindici anni. Di conseguenza, si è fuso con il personaggio
centrale, Stan è diventato qualcosa come l'alter ego dell'autore. L'atmosfera e' molto simile a quella di Thick As a Brick, per intenderci. Dalle liriche si intuisce che il significato e lo scopo della vita di Stan è completare in tempo il lavoro a lui assegnato, ad ogni costo. È sempre raccolto e concentrato sugli affari, vive da un compito all'altro, si sacrifica molto, si convince che questo sia l'unico modo per sopravvivere e per ottenere qualcosa in questo mondo. Ma qual è il risultato? Come finirà la sua vita? Ecco di cosa parla l'album. Si legge dalle note di copertina: "Ho iniziato a lavorare per Stan quando avevo circa 17 anni. Facevamo lavori di ristrutturazione/costruzione di ogni tipo. Odiavo quel lavoro. Lo detestavo persino. A volte non riuscivo a convincermi a farlo. Stan era uno che chiamereste un maniaco del lavoro. Era motivato e ossessivo. Serissimo su cose come la qualità e le scadenze. Era il tipo che deve lavorare per sopravvivere. E per sentirsi vivo in realta'. Io, d'altra parte, non ero affatto interessato a cose banali come il duro lavoro, le responsabilità o le realizzazioni di questo tipo. Ero ansioso e strano. Un uomo-bambino troppo sveglio e fuori luogo. Soprattutto sotto l'occhio vigile di un perfezionista come Stan. Ero sempre pronto per la fine di un'altra straziante giornata lavorativa. Ho lavorato con Stan per circa 15 anni. Da allora ne sono passati altri 15. Non abbiamo mai parlato. Non sa che ho scritto un album su di lui. Vedi, io e Stan non eravamo molto legati. Il che immagino renda tutto cio' abbastanza ridicolo."

I Crocodile sono una band americana che non suona affatto americana, anzi molto britannica. La chitarra elettrica è molto hard rock nel timbro, ma c'è anche una grande complessità e spigolosità nei loro attacchi. Che siano influenzati tanto dal rock'n'roll quanto dal neo prog non è mai in dubbio, ma è la fusione del primo con stili più tradizionali che li fa davvero risaltare. I Gentle Giant non sono mai troppo lontani da ciò che i nostri propongono, sia nell'uso tempestivo del glockenspiel che nelle lunghe sezioni strumentali che hanno sempre una direzione ed uno scopo. La tile track poi rimanda quasi ai 10cc classici, il che non è quello che molti si aspettano da un gruppo prog. Usano harmony vocals quando è il momento, sparigliano le carte in termini di tempo e attacco, durante tutta la durata del disco non si ha mai la certezza di quale direzione verra' intrapresa, ma si sa che sara' la direzione giusta.
C'è anche molta varieta' nel canto in quest'album: teatrale, narrativo à la chansonnier, armonizzato, corale. La voce solista di Kevin Sims si distingue per il melodramma insinuante, quella sensualita' che sa di presa in giro, ed uno speciale eclettismo. La parte strumentale piace per l'impeccabile interazione esecutiva di tutti i membri dell'ensemble, la melodia e l'eleganza delle costruzioni compositive, tutto il talento tecnico dei musicisti e' dedicato all'orecchiabilita' del prodotto. Due brani strumentali interrompono la narrazione: gli 8 minuti  di Sawhorse, ed un interludio di un minuto chiamato Lunchtime, che nel contesto dell'album funzionano alla perfezione, permettendo non solo di ammirare l'arte esecutiva dei musicisti, di sentire l'originalità del loro approccio artistico, ma anche di ripensare alla parte lirica fin li' ascoltata, nonché di fare ipotesi sull'ulteriore sviluppo della trama. E i colpi di scena in questa storia, devo dire, sono molto curiosi. E ciò che è notevole è che ognuno di questi sviluppi si riflette nei toni della musica.
L'album contiene 5 canzoni per 40 minuti di musica, tutte con lunghe sezioni strumentali. Il suono della band è dominato dalla chitarra solista ora hard-rock ora blues che regala alcuni assoli parecchio riusciti, molto ben supportata da tastiere dal suono vintage e da una sezione ritmica serrata. Posso solo consigliare caldamente l'album a una vasta gamma di fan dell'eclectic-prog originale e moderno. His Name Is Stan And He's A Bad Motherf-ker, come suggerisce il titolo, è un affare privato di un gruppo di musicisti di grande talento, che regalano un'opera spensierata basata su un'esecuzione seriosa. A me e' piaciuta.

domenica 2 luglio 2023

lunedì 26 giugno 2023

mercoledì 21 giugno 2023

La parabola dell'ateo devoto che credeva solo nel suo Io

Articolo (stralcio) di Vito Mancuso, teologo, su La Stampa:

La parabola dell'ateo devoto che credeva solo nel suo Io.

Ho parlato del berlusconismo come di un'infezione, ma cosa infetta precisamente? Non è difficile rispondere: la coscienza morale. Il berlusconismo rappresenta la fine plateale del primato dell'etica e il trionfo del primato del successo. Successo attestato mediante la certificazione dell'applauso e del conseguente inarrestabile guadagno.
Vedete, Dio, prima, lo si poteva intendere in vari modi: nel senso classico del cattolicesimo e delle altre religioni, nel senso socialista e comunista della società futura senza classi e finalmente giusta, nel senso liberale e repubblicano di uno stato etico quale per esempio lo stato prussiano celebrato da Hegel, nel senso della retta e incorruttibile coscienza individuale della filosofia morale di Kant, e in altri modi ancora, tutti comunque accomunati dalla convinzione che esistesse qualcosa di più importante dell'Io, di fronte a cui l'Io si dovesse fermare e mettere al servizio. Fin dai primordi dell'umanità il concetto di Dio rappresentò esattamente l'emozione vitale secondo cui esiste qualcosa di più importante del mio Io, del mio potere, del mio piacere (a prescindere se questo "qualcosa" sia il Dio unico, o gli Dei, o l'Urbe, la Polis, lo Stato, la Scienza, l'Arte o altro ancora).
Ecco, il trionfo del berlusconismo rappresenta la sconfitta di questa tensione spirituale e morale. In quanto religione dell'Io, esso proclama esattamente il contrario: non c'è nulla di più importante di Me.
Naturalmente questa religione dell'Io suppone quale condizione imprescindibile ciò che consente all'Io di affermare il suo primato di fronte al mondo, vale a dire il denaro. Il denaro era per il berlusconismo ciò che la Bibbia è per il cristianesimo, il Corano per l'islam, la Torah per l'ebraismo: il vero e proprio libro sacro, l'unico Verbo su cui giurare e in cui credere. Il berlusconismo è stato una religione neopagana secondo cui tutto si compra, perché tutto è in vendita: aziende, ville, politici, magistrati, uomini, donne, calciatori, cardinali, corpi, parole, anime.
Tutti hanno un prezzo, e bastano fiuto e denaro per pagare e ottenere i migliori per sé.
Il berlusconismo ha rappresentato un tale abbassamento del livello di indignazione etica della nostra nazione da coincidere con la morte stessa dell'etica nelle coscienze degli italiani. La quale infatti ai nostri giorni è in coma, soprattutto nei palazzi del potere politico. Ma cosa significa la morte dell'etica? Significa lo spadroneggiare della volgarità, termine da intendersi non tanto come uso di linguaggio sconveniente, quanto nel senso etimologico che rimanda a volgo, plebe, plebaglia, ovvero al populismo in quanto procedimento che misura tutto in base agli applausi, in quanto applausometro permanente che trasforma i cittadini da esseri pensanti in spettatori che battono le mani. Ovvero: non è giusto ciò che è giusto, ma quanto riceve più applausi.
Tutto questo ha avuto e continuerà ad avere delle conseguenze devastanti.
Ma ancora più grave è lo stato della coscienza morale dei nostri concittadini: eravamo già un paese corrotto e di evasori, ora siamo ai vertici europei; eravamo già tra gli ultimi come indice di lettura, ora siamo in fondo alla classifica.
Ricordo che una volta mi trovavo con un imprenditore all'autodromo di Monza per una convention aziendale e, forse per la vicinanza di Arcore, forse chissà per quale altro motivo, egli prese a parlarmi di Berlusconi. Mi disse che molti anni prima gli aveva indicato una massa di gente lì accanto e poi gli si era rivolto così: «Secondo lei, quanti sono gli intelligenti là dentro? Il 10 percento? Ecco, io mi occupo del restante 90 percento». Questa è stata la politica editoriale delle sue tv che hanno portato alla ribalta personaggi fatui ed equivoci e hanno fatto strazio della vera cultura.
Il berlusconismo ha di fatto affossato nella mente della gran parte degli italiani il valore della cultura, riducendo tutto a spettacolo, a divertimento, a simpatia falsa e spudoratamente superficiale, a seduzione.

domenica 18 giugno 2023

martedì 6 giugno 2023

martedì 30 maggio 2023

martedì 23 maggio 2023

martedì 16 maggio 2023

lunedì 8 maggio 2023

domenica 30 aprile 2023

lunedì 24 aprile 2023

domenica 23 aprile 2023

Bel Air - Welcome Home (1986)

Molto spesso si parla di come il prog sia quasi morto negli anni '80, ma era invece molto vivo in alcune zone d'Europa durante quegli anni. Uno di questi posti era la Germania e l'etichetta WMMS di Peter Wustmann, molto attiva in quel periodo, lo dimostra. Una delle prime band a venire da questa compagine alle prime armi fu il gruppo dei Bel Air. Nel 1986, Frank Baur, che suonava la chitarra, il cantante e chitarrista Steffen Wertz, il batterista e sintetizzatorista Fifi Maurer, Hansjörg Vogt, basso e sintetizzatore, il tastierista Markus Vogt e la flautista Felicitas Oettinger si sono riuniti per registrare Welcome Home, disco che ha avuto abbastanza successo da spingere i musicisti a registrare un seguito, tre anni dopo. Quando sono tornati in studio per suonare The Sleeping Beauty nel 1989, Fifi Maurer e Steffen Wertz erano gia' stati sostituiti, mentre Andreas Kanthak era diventato il cantante solista. Dopodiche' non hanno mai registrato un altro album di musica originale. Nel 1994 il debutto è stato riconfezionato e pubblicato come A Golden Dream con due brani aggiuntivi, trascurabili.
Si tratta di un Neo prog molto basato sull'AOR, anche se di tanto in tanto irrompono stili un po' più sinfonici, nel complesso, però, assomigliano molto agli Asia. Di conseguenza si tratta di un disco composto da canzoni orecchiabili, sei tracce fra i quattro e i dieci minuti di lunghezza, per un totale di quasi quaranta minuti di musica relativamente semplice, catchy, senza soluzioni spericolate, ma che sa catturare l'attenzione dell'ascoltatore e trascinarlo con essa.
Si parte con i 9 minuti di A Fairy Tale, forse il brano piu' riuscito, che si basa su riusciti arpeggi di chitarra accompagnati da un indovinato giro di tastiere e dal canto, mentre il ritornello e' piu' aggressivo e confinante con l'hard rock. La canzone mantiene una struttura regolare all'inizio, strofa-strofa-ritornello, ma poi cambia verso la meta', perche' comunque di prog si tratta. La parte centrale vede infatti chitarra e tastiere ritagliarsi degli spazi solisti, andando a turno a descrivere melodie accattivanti, per poi lasciare spazio nuovamente alla voce e portare la traccia su binari armonici diversi, ed infine conluderla con una coda psichedelica lunga qualche minuto, in cui e' ora il flauto a sbizzarrirsi. Un ottimo inizio, la miglior composizione della band in questione, a mio parere.
Il secondo brano, Gespräche, e' cantato in tedesco ed e' un quasi rock'n'roll inizialmente, con canto e tastiere a comporre la struttura portante, interrotti di tanto in tanto dal ritornello, piu' sinfonico, ma sempre mantenendo la canzone entro confini molto pop. La traccia cambia completamente verso la meta', quando i musicisti a turno si lanciano in vari spunti personali, con chitarre e tastiere principali protagonisti, che convergono ad un paio di minuti dalla fine per descriverne la conclusione e sfociare nel gran finale. Davvero un lavoro ben fatto.
Emphasis, la terza traccia, e' una registrazione live ed e' forse il brano piu' progressive, non avendo un andamento costante od una struttura fissa. Le tastiere conducono un motivo strumentale ma non forniscono coordinate e non ripetono mai lo stesso spunto, tutta la canzone e' molto free-form seppur incredibilmente orecchiabile, piacevole e trascinante; i quattro minuti che la compongono volano via in un attimo.
Si prosegue con Kein Selbstmitleid: si tratta di una ballata per piano e voce, con leggeri accordi di chitarra, romantica e malinconica, una love song canonica e solida. Traccia pop perfetta in fin dei conti, molto leggera e piacevole.
La quinta canzone, Only a Cog-Wheel, e' la piu' lunga del lotto con i suoi 10 minuti, e comincia con una intro molto riuscita per pianoforte e chitarra, romantica, malinconica e con tratti space; la melodia cambia completamente dopo due minuti, grazie all'innesto della voce e grazie alle tastiere che si fanno piu' cupe e minacciose prima, piu' morbide poi, ma sempre decise ed incisive. Il brano evolve in una fuga molto spaziale e melodica, il pop e' sempre dietro l'angolo, con il canto che fa capolino di tanto in tanto a sparigliare le carte, e le onnipresenti tastiere a reggere il tutto; al sesto minuto c'e' ancora spazio per un'altra decisa virata, la traccia cambia ancora una volta e stavolta i toni si fanno romantici, decadenti, malinconici, ed un indovinatissimo riff di chitarra e' ora protagonista coadiuvato dalla voce, anch'essa azzeccatissima. Si va cosi' verso la conclusione di un altro gran pezzo, i toni si fanno solenni e seriosi, non c'e' bisogno di cambiare molto di quanto apparecchiato finora, e' piu' una variazione sull'enfasi dedicata a certi particolari della composizione.
La traccia conclusiva, o tracce dovrei dire, visto che si tratta di due brani messi insieme, ovverosia A Final Song e It Doesn't Matter, comincia con note rassicuranti di pianoforte presto incalzate dal canto, che descrivono una melodia molto catchy, romantica e calma; forma canzone per questo indovinato brano, alle strofe si alterna il ritornello, anch'esso incredibilmente semplice ed accattivante. Stavolta non ci sono molti cambiamenti in una canzone che sta in piedi da sola, grazie alla melodia easy listening e allo stato di grazia dei musicisti, che eseguono il brano in maniera impeccabile, davvero un bel sentire, incredibile come una traccia di sei minuti e mezzo possa trascorrere cosi' liscia in ogni sua parte. La coda e' affidata ad un coro a cappella prima e ad un assolo di cornamusa poi, per concludere l'album in grande stile.
Un disco a cavallo fra prog e pop, molto ancorato a certi canoni in voga negli anni '80, a me francamente questa commistione piace parecchio. Forse non avra' quella complessita', quella sofisticatezza che riempie il cuore di tanti progster incalliti, ma fa felici gli altri progster che vogliono melodia e canzoni orecchiabili, senza scadere nel commerciale. Un altro raro ed incredibile lascito dell'underground, dove si sa, c'e' il materiale migliore.

lunedì 17 aprile 2023

lunedì 10 aprile 2023

domenica 2 aprile 2023

giovedì 23 marzo 2023

giovedì 16 marzo 2023

giovedì 9 marzo 2023

giovedì 2 marzo 2023

sabato 25 febbraio 2023

venerdì 17 febbraio 2023

venerdì 10 febbraio 2023

giovedì 2 febbraio 2023

martedì 24 gennaio 2023

sabato 14 gennaio 2023

domenica 8 gennaio 2023

mercoledì 4 gennaio 2023