venerdì 19 novembre 2021

Malombra - The Dissolution Age (2001)

Altro prodotto dell’industriosa Black Widow, altro disco ancorato a radici underground, ennesimo lavoro degno di molta attenzione. I Malombra sono un gruppo italiano di Genova che ha donato alle stampe tre album fra il 1994 ed il 2001, il primo e l'ultimo di stampo gotico/doom, mentre quello in mezzo decisamente piu' sinfonico. Nonostante la critica apprezzi maggiormente il secondo, io adoro il terzo, con le sue arie macabre ed inquietanti. Incuriosisce il fatto che la formazione del terzo lavoro presenti un solo membro dal nucleo dei due album precedenti, ma il suono e' molto simile a quello del primo ed anzi lo migliora decisamente. Il gruppo si è formato all’inizio degli anni ’90 a Genova sulle ceneri degli Zess, oscura entità nella quale operava il cantante Mercy insieme al bassista Diego Banchero ed altri musicisti. Nel 1992 l’incontro di Mercy con il tastierista Fabio Casanova ed il comune amore per letteratura, cinema ed in genere per tutta la cultura mitteleuropea fecero scattare la scintilla: nascevano i Malombra e già dal nome scelto (un romanzo di Fogazzaro portato sul grande schermo da autori come Carmine Gallone e Mario Soldati) si intuisce una passione per tematiche romantiche e decadenti, incentrate su punti chiave che vanno dall’ossessione psicologica alle suggestioni mistiche. Si definiscono cosi' le coordinate sonore, che spaziano tra il progressive più oscuro e hard ed il post punk degli anni ’80. Dopo l’uscita del secondo lavoro, Our Lady Of The Bones, forse per divergenze interne al gruppo, le vie dei componenti si separano: gli unici a rimanere (seppure come separati in casa) sono Fabio Casanova e Mercy, impegnati comunque in altre attività parallele. Se il primo è alle prese con un disco solista che ne sancisce l’allontanamento quasi definitivo dalla struttura madre, il secondo costituisce insieme al vecchio amico Diego Banchero Il Segno Del Comando. Questi progetti sembrano dare nuova linfa al singer e così il 2001 segna il ritorno in scena dei Malombra, con una formazione rimaneggiata che vede lo stesso Banchero al basso, Francesco La Rosa alla batteria, Roberto Lucanato alla chitarra e Franz Ekrun alle tastiere. Ciò che viene fuori è The Dissolution Age, lavoro che spacca in due gli appassionati della band: oggetto della discordia è la nuova strada intrapresa da Mercy, meno ancorata agli stilemi dark progressivi, senza disdegnare frequenti inserti in territori doom e gothic metal. Collocare i Malombra e’ tutt’altro che facile, l’etichetta di dark band va decisamente stretta a Mercy e soci, sicuramente c’e’ del doom cosi come molta elettronica, ma non certo quella fine a se stessa, l’uso che i Malombra ne fanno e’ saggio e dosato, atto a creare atmosfere cupe e tristi, che spesso sono in contrasto con le ritmiche sostenute. La musica del gruppo genovese e' strana, stridente, abrasiva, bizzarra, si intuisce l'intenzione di voler creare qualcosa di nuovo ed in generale i risultati sono importanti ed apprezzabili, anche se non in ogni frangente. Il loro prog e' particolare, tendente a certi generi di metal come il doom e lo psych, oserei dire che sono simili agli Hail Spirit Noir, pur avendoli preceduti; l'album in questione presenta per la maggior parte canzoni degne di nota (pun intended), accompagnate da episodi un po' meno riusciti, ed a mio parere una tagliuzzata qua e la' avrebbe giovato, considerando i 72 minuti di lunghezza. Il lavoro in se' e' comunque una sorpresa assoluta, intrigante, ed al tempo stesso sbalorditiva. Al classico sound della band legato da sempre alla tradizione occulta made in Italy (Biglietto per l'inferno, Goblin, Il Segno Del Comando, Daemonia, Devil Doll), si aggiunge in questo nuovo capitolo una dimensione maggiormente easy listening ed attuale, che è possibile ravvisare in particolar modo in brani come Everybody Afterwards, The Anti-sex e la stessa title-track: attraverso infatti sintetizzatori ereditati dalla electro-wave e dai Kraftwerk in primis, chitarre taglienti e beat suadenti, i nostri riescono a raggiungere i loro intenti affiancando la tradizionale vena dark-progressive ad un electro-pop/metal di prim’ordine che non appare mai scontato e sempre sufficientemente elaborato. Rispetto quindi al precedente album, i Malombra mostrano di aver scelto la strada dell’evoluzione stilistica, pur tornando sui loro passi per riprendere ed evolvere un suono gia' creativo ed originale, che aveva solo bisogno di un po' di sgrezzamento, senza violare quell’attitudine votata al puro dark feeling che avevamo conosciuto precedentemente in altri ottimi brani come The Duncan Browne Song, Venice Lido 1901, The Lost Father; durante tutta la sua lunghezza The Dissolution Age ci riconferma quindi la vena creativa di una band estranea alle facili logiche di mercato, e fieramente intrisa di uno spirito artistico raramente riscontrabile di questi tempi. Ad alcuni piacera’ molto ad altri no, infatti e’ uno di quei dischi bianco e nero, o li odi o li ami, non consente mezze misure e, sinceramente, non le merita. Personalmente sono fra quelli a cui il disco e’ piaciuto e non poco, una base fortemente doom, con molti inserti elettronici e quasi gotici, la voce di Mercy e’ magnetica e particolarissima, ricca di personalita’ e si propone come elemento distintivo del gruppo nonche’ come principale attrazione del disco. I singoli brani presi a se stante sono molto validi, ma e’ il complesso del disco che racchiude il valore aggiunto, se Unknown Superiors, Everybody Afterwards o A Spiritual Waste se la giocano come best track e’ l’intero lavoro che cattura l’attenzione grazie alla sensazione di continuita’ e compattezza (contrariamente a quanto potrebbe apparire dalla lunghissima durata del tutto). Una title track che rappresenta la parte più violenta della band, una The Anti-Sex che invece mette a fuoco quella più inquietante, un Mercy che declama, strattona e coinvolge come pochi oggi riescono a fare in questo campo. Via anche le componenti mistiche che ne avevano caratterizzato il passato e largo spazio agli orrori del reale, forse ancora più angosciante dell’esoterismo evocato in passato e dentro una Venice Lido 1901 decisamente sopra le parti, semplicemente drappi e velluti che coprono una desolazione ed un’angoscia che non vuole finire. Un disco da ascoltare con attenzione, nel quale entrare, affascinati dalle spire che lo compongono e si serrano alla gola, perché sarebbe facile fermarsi alla superficie dell’era della dissoluzione e non entrare nel merito, magari liquidando i Malombra come un semplice gruppo dark gotico, etichetta senza dubbio incompleta quando si tratta di dischi e di gruppi come questo. Lungo tutti e 72 i minuti dell’opera si dispiega un rinnovato carattere, una personalità camaleontica che vuole rileggere ogni angolo nascosto che la musica del passato ha prodotto.