martedì 30 agosto 2022

giovedì 25 agosto 2022

Tom Moto - Allob Allen (2014)

I Tom Moto sono una band di Pisa composta da Marco Calcaprina alla tromba, al trombone ed al synth, Giulio Tosi al basso ed alla chitarra e Juri Massa alla batteria. Descrivono il loro suono come una miscela di 20% jazz, 25% punk, 20% funk, 20% metal, 15% progressive e 100% spazzatura. Il loro suono e' carico di groove, utilizzando elementi noise con distorsione sulla tromba e sul basso, e presenta cavalcate per lo piu' strumentali in una miscela di stili diversi grazie alla base jazz-funk, richiami crimsoniani, math rock e punk, sempre sperimentale ed aggressivo. Sulla solida base ritmica costruita dal basso e dalla batteria, la tromba ed il sintetizzatore sono liberi di spaziare e creare vaghe melodie, accompagnati dalle sporadiche voci del duo Belle de Mai, ovverosia Alice Casarosa e Irene Rometta. Il lavoro e' composto da 6 brani senza soluzione di continuita', con durate che variano dai 7 ai 16 minuti, per un'ora totale di musica fluida e mai noiosa; c'è un groove heavy in continua evoluzione che lo rende una gioia da ascoltare dall'inizio alla fine, ogni ripetizione rivela qualcosa di nuovo che l'ascoltatore potrebbe non aver mai sentito prima.

Musica incandescente, figlia imbastardita di tempi incerti e dissonanti, bolla di contrasti e sincretismo, contrapposizioni e miscele sperimentali, proposta colta ed impegnata, quella del secondo album dell'insolito trio pisano è musica che dista anni luce dall'intrattenimento leggero; jam infinita nella gestazione, arte per l'arte, gioco concettuale a tratti deragliante, elaborato scherzo che rastrella spunti di varia estrazione, stille d'avanguardia mutuate dal jazz, dalla contemporanea, dal neoclassicismo, "Allob Allen" assembla lunghe, estenuanti tracce strumentali che richiamano Primus e Stravinskij, in mutanti movimenti mentali sì autocelebrativi, ma capaci di offrire preziosi momenti di inconsueta, stravagante alterità. Molto lontani dal prog convenzionale, il gruppo giunge semmai a travalicarne i confini già fluidi affidando l'impervio compito a basso, batteria e tromba elettrica, unici - o quasi - interpreti di un esteso soundtrack immaginario, sinistro accompagnamento di un film inesistente, soggetto solo abbozzato ancora privo di sceneggiatura. Operazione intrigante, non così fine a sé stessa come l'intento parrebbe suggerire, ipotesi di partenza per un futuribile sviluppo laterale di disarmonia sghemba, l'album reimpasta ritmi sbilenchi, anfratti catatonici, suoni acidi e stridenti, per produrre un effetto tanto stordente quanto obliquamente ammaliante: musica che sembra dapprima respingere, ma che finisce quasi inevitabilmente per attrarre a sé, se le si concede la possibilità di insinuarsi tra le difese del sentire comune.

Il trio dei Tom Moto si forma nel 2006 a Pisa, e nel 2008 pubblica l'album d'esordio “Junk” (visto come l’unione tra le tre parole "jazz", "punk" e "funk", ma ovviamente anche il significato letterale "spazzatura"), con il quale vince i Progawards 2008 nella categoria Best Debut Album, poi l’anno successivo conquista il massimo piazzamento nella XIII rassegna di Musica Diversa Omaggio a Demetrio Stratos, per poi sciogliersi e riformarsi ad inizio 2013 e registrare l'album in questione in una sessione durata appena tre giorni. Una band particolare, con un nome altrettanto particolare, ispirato dal romanzo di Charles Bukowski dal titolo “Post Office”. Il senso dell’arte musicale da loro espresso è decisamente spiccato e poliedrico.

C’è tanta atmosfera, in questo ritorno sulle scene dei Tom Moto. Hanno voluto ribattezzare il loro genere post-prog, ma un po’ tutti hanno riconosciuto una vera e propria svolta psichedelica, dove la tromba spesso effettata narra di strade sempre più tortuose, che se parlassero proferirebbero parole isteriche.

Apre Ampullaria, dove la ritmica ricorda quella dei Gentle Giant, ma questa forse è mia deformazione professionale. Vi piace stordirvi di controtempi? I Tom Moto non scherzano! Vi piacciono le suite? Calcamoto è li per voi! Quasi diciassette minuti di tutto un po’, compresi cambi umorali repentini. Ottima Esenia Foetida, qui la tromba gioca un ruolo più incisivo, performance di melodie anche orecchiabili. La band toscana qui sembra avere una nuova visione delle proprie capacità compositive. Più oscura XXL, penetrante e comunque sempre disturbata, anche nell’introspezione, e’ il lavoro del basso a rendere il tutto molto nervoso, con un canto gregoriano nel finale che varia con estrema naturalezza in una specie di vivace ritmica popolare est-europea che confluisce nella successiva D P, dove ritorna prepotentemente l’ordinata confusione dell’esordio. Quest’ultima si era sentita già nella parte centrale dell’iniziale Ampullaria, preceduta da un incedere lento, prima che la cavalcata da nervoso pedinamento tipica delle vecchie pellicole dei noir europei prendesse definitivamente avvento. Aprono il brano D P vocalità in stile shamano, al confine del teatro della voce, la superficialità non è di questi paraggi, mentre il tutto si conclude con Allob Allen, cavalcata progressiva e granitica, che comincia col vecchio rumorismo ritrovato, salvo poi galleggiare nella psichedelia più densa grazie anche all’uso della chitarra nella parte di mezzo del pezzo, finendo con un'ultima rincorsa ipercinetica a suon di tromba.

A suo tempo erano stati nominati i nuovi Mr. Bungle, adesso, a parte i riferimenti prima riportati, non si può che guardare alle band ultimamente uscite per la Lizard, la quale dimostra che in Toscana deve esserci qualcosa di strano nel cibo o nell’aria che altera la chimica mentale dei musicisti, capaci di coniugare oggettiva perizia strumentale con soluzioni musicali che possono anche non piacere a qualcuno, ma non si può negare che sia un modo originale di affrontare dei sentieri non ancora del tutto battuti. Forse occorreranno diversi ascolti per assimilare questo lavoro, ma sembrerebbe davvero valerne la pena.

I Tom Moto sono fuori della bolla della “convenzionalità”, visto che al contrario “Allob Allen” si legge “Nella Bolla”, e con le loro evoluzioni musicali caratterizzate da sonorità ossessive e ricercate portano l’ascoltatore ad entrare “nella <loro> bolla” sonora.

lunedì 22 agosto 2022

giovedì 4 agosto 2022

Ultimo giorno in Messico

Meghan si stava godendo la leggera brezza di fine settembre, mentre sedeva ai tavolini di un bar di Città del Messico, sorseggiano un tequila sunrise. Nonostante la città asfissiante ed il caldo della Indian summer settembrina, quella sera si stava molto bene fuori. Decide di provare un locale, magari bere un paio di cocktail e ballare un po’, prima di ritirarsi nella sua camera d’albergo per concedersi qualche ora di sonno, d’altronde il volo che l’avrebbe riportata ad Omaha la mattina dopo partiva molto presto. Passeggia senza meta per le strade trafficate e caotiche; mille voci, mille suoni, mille colori e mille odori permeano l’ambiente intorno a lei, mentre le ombre cominciano ad allungarsi. Quella vacanza messicana in solitaria era stata piena di impegni ed eventi, fra musei, rovine Maya e Azteche, visite a varie riserve naturali, escursioni oceaniche con barriere coralline e squali balena, posticini di mare per gite mordi e fuggi, e in pratica non aveva neanche avuto il tempo di sedersi un attimo ed assaporare il momento. Ora finalmente poteva fare due passi, perdersi nei suoi pensieri e godersi le piacevoli sensazioni che solo una vacanza riuscita in tutto e per tutto può darti. Aveva lavorato sodo ed aveva rinunciato a parecchi piaceri per permettersela, ma era un’esperienza che voleva fare, era una storia che voleva avere in repertorio, lei

ragazza semplice del Nebraska, con il fidanzato conosciuto alla scuola superiore che poi sarebbe diventato suo marito e padre dei suoi figli. Peccato che quel ragazzo apparentemente impeccabile si sia poi rivelato un violento, e per fortuna era riuscita a troncare con lui prima del matrimonio. Tutte le sue amiche le avevano detto di non andare a passare un mese in Messico, stava solo compensando alla delusione del matrimonio naufragato, stava buttando un sacco di soldi, e una ragazza sola in vacanza sarebbe sicuramente sembrata una poco di buono, e tutti gli uomini avrebbero approfittato di lei. Ma Meghan era stata inamovibile e non se ne era pentita neanche per un attimo. A proposito, quegli uomini dai quali le sue amiche l’avevano messa in guardia non erano pervenuti. Non le sarebbe dispiaciuto avere intorno un bel giovanotto messicano che fa errori di grammatica quando parla inglese, magari di quelli che insistono un po’ dopo il primo rifiuto, così diversi dai bianchi americani ai quali era abituata, completamente ignari dell’esistenza di una cosa chiamata arte del corteggiamento. Ma musei ed escursioni guidate non sono esattamente luoghi per incontri romantici, è anzi più probabile trovare famiglie e pensionati, ed il massimo dell’attenzione che si può ricevere è uno sguardo languido di qualche frustrato padre di famiglia. Non era partita con l’intenzione di trovare un partner sessuale o di buttarsi nella movida messicana, ma se ciò fosse successo non le sarebbe dispiaciuto.

Una mamma richiama suo figlio, che si era fermato ad ascoltare la musica proveniente da un locale, musica stile mariachi. Il piccolo José amava quella musica ma sua madre aveva fretta, dovevano passare da un altro negozio alimentari prima di poter andare a casa a preparare la cena, quindi esorta il ragazzino ad affrettarsi, senza troppo tatto. Meghan ascolta il dialogo quasi per caso, ed alla fine di esso anche lei viene catturata dalla bellezza della musica dei chitarristi latini, quindi decide di entrare in quel locale. La musica non era una registrazione, c’era in effetti un gruppo di sei musicisti con trombe e chitarre a deliziare la poco nutrita platea, seduta ai tavolini neri di un bar buio ed umido, ma in qualche maniera accogliente ed ospitale. Il barista espone un gran sorriso e le porge un cicchetto di tequila, senza neanche chiederle se lo voleva. Meghan lo trangugia, ordina un margarita e si siede sola ad un tavolino. Raramente in vita sua era stata più felice.

Con il passare delle ore il locale si riempie, una seconda band è salita sul palco, e giovani attraenti si stanno scatenando nelle loro danze folkloristiche. Meghan è ancora al suo tavolino, un po’ in disparte, semplicemente divertita nell’osservare il susseguirsi degli eventi all’interno del bar. Ed è anche un po’ ubriaca. Ha notato un giovanotto seduto al bancone del bar, il quale si è girato più di una volta a osservarla, mentre lei muoveva la testa ad un angolo tale da far sembrare che non lo stava guardando, anche se riusciva comunque a vederlo con la coda dell’occhio. A quel punto sopraggiunge un cameriere, anzi l’unico cameriere in servizio, che le porge un altro margarita, gentile omaggio del giovanotto al bancone. Meghan è esterrefatta, non aveva idea che gli uomini sono ancora capaci di tali gesti di galanteria, una cosa che dalle sue parti non sarebbe mai accaduta. Decide di dare al ragazzo una chance, e gli si avvicina sorridendo. Lui si chiama Manuel, è di modi educati e gentili, ed il suo inglese è impeccabile. I due parlano per qualche tempo, anche se Meghan ha perso un po’ di lucidità, poi si lanciano in pista a ballare la salsa. Manuel sembra invece lucidissimo e appena ne ha la possibilità rischia un bacio, al quale Meghan risponde un po’ sorpresa ma non troppo. La passione sembra prenderla e quello che sembrava un bacino dato al volo si trasforma in un bacio lungo ed appassionato. Si sente avvolgere dalla spirale di emozioni che la prossimità al corpo sensuale e le maniere esperte di Manuel sembrano provocarle, e cade completamente preda del suo magnetismo. Non passa molto tempo che il giovane le propone di andare a casa sua, ma Meghan questa volta è davvero colta di sorpresa e si rifugia in bagno. Per quanto desiderasse fortemente Manuel, sa, sente, che non è la scelta giusta da fare. Innanzitutto la logistica: aveva un aereo alle 7 del mattino e davvero non poteva permettersi di finire chissà dove in una città così sconfinata; secondo, per quanto quel ragazzo sembrasse completamente innoquo, lo aveva comunque conosciuto non più di due ore prima. In cuor suo non se la sente di prendere una decisione così rischiosa, e un po’ vigliaccamente, sgattaiola fuori dalla porta usata dal personale del bar per buttare la spazzatura, e in breve raggiunge il suo albergo. Il pomeriggio successivo arriva nella sua Omaha che, nonostante tutto, un po’ le era mancata.

Qualche giorno dopo Meghan è nella sala di attesa di un dermatologo, delle strane bolle le erano comparse sulle pareti della bocca e sulle labbra. Probabilmente era allegica a qualche ingrediente esotico di qualche piatto messicano che aveva consumato in vacanza. Ma dopo la visita il dottore, una volta ottenuti i risultati, la chiama in disparte in una stanzetta e le dice di sedersi. Le chiede se ultimamente ha avuto rapporti sessuali o altre interazioni romantiche, e Meghan racconta cosa era successo l’ultimo giorno in Messico. Il dottore le dice che aveva una forte allergia alla carne umana, e le bolle che le si erano formate erano dovute al contatto con residui di carne umana che qualcuno le aveva passato oralmente. Manuel prima di baciare Meghan aveva pensato di fare un rapido spuntino.