mercoledì 27 settembre 2023

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giovedì 14 settembre 2023

GOAT - Oh Death (2022)

C'è sempre stato una sorta di mistero quando si parla della band GOAT, infatti l'unica cosa che sappiamo e' che vivono a Göteborg, ma non si ha nessuna notizia accertata sui componenti del gruppo. Ed anche quando si cerca di scavare un po' più a fondo si trovano solo una manciata di interviste (di cui solo un paio condotte di persona), ed il loro profilo online afferma addirittura che i GOAT non siano altro che una reincarnazione di una band di 30 o 40 anni fa originaria di una piccola cittadina dedita al culto del voodoo nel nord della Svezia. Per coloro che non hanno ancora familiarità con il gruppo in questione, la loro mistica è parte del loro fascino quasi quanto il loro groove irresistibile. L'ensemble, che può variare di dimensioni e si esibisce sempre in maschera, afferma di provenire da Korpilombolo, piccola città dove si pratica il voodoo di cui sopra. Tutto ciò contribuisce ad aumentare la sensazione di natura selvaggia e disorientamento attorno alla band.

È passato poco più di un decennio da quando i GOAT hanno colpito la coscienza collettiva. Il loro suono psichedelico anni '60/'70 mescolato con jazz, funk, soul, incantesimi, armonie e follia generale ha visto la loro stella sorgere negli ultimi dieci anni, da quando hanno pubblicato World Music. Il loro suono è molto distinto, fondendo tradizioni musicali occidentali come il rock psichedelico e il jazz con ritmi afro e tribali, dalla musica tuareg dell'Africa occidentale all'afrobeat che adora Fela Kuti: è tanto deciso e groovy quanto confuso e psichedelico. Il loro quarto album in studio "Oh Death" segue Requiem del 2016, che era più orientato all'acustica rispetto ai primi due album World Music e Commune. Il nuovo album vede un ritorno al forte psych rock intriso di afro-beat con alcune tracce che ruotano attorno a strumenti acustici e percussivi. Volendo tracciare delle coordinate sonore per inquadrare il suono di questi simpatici svedesi, possiamo citare Funkadelic, o più in particolare la divinità della chitarra Eddie Hazel. Poi ci sono i Tinariwen, gli iconici vagabondi del blues elementare. Ed ecco i Doors: asciutti come un paio di pantaloni di pelle, seri come un infarto. In basso ci sono gli Slits (il gruppo punk più sottovalutato della storia) e a sinistra i padri fondatori della moderna psichedelia scandinava: i Dungen. Ed in questo "Oh Death" aggiungiamo Captain Beefheart e Jimi Hendrix. Questo da solo rende qualsiasi album dei GOAT motivo di molti elogi. "Oh Death" è particolarmente degno di celebrazione, tuttavia, in quanto è un ritorno al marchio distintivo di psichedelia elettrica e confusa che ha guadagnato alla band una (meritata) reputazione globale sulla scena psichedelica con i loro primi due dischi.
Le influenze psych rock sono chiare fin dalla traccia di apertura Soon You Die, che inizia con un rumoroso riff avanti e indietro annegato nel fuzz. C'è una forte atmosfera anni '60 in questo groove lento composto da brevi strofe con lunghi passaggi strumentali in mezzo, dove la band sfoga tutta la propria creativita' in jam psichedeliche e assoli di chitarra. Di fronte al gruppo ci sono due cantanti donne che cantano all'unisono a squarciagola, rendendo la musica ancora più potente e intensa. La voce, penso, consolidi davvero il suono molto particolare di questa band. I testi parlano dell'inevitabile arrivo della morte per tutti noi, ma di come non ci sia davvero nulla di cui preoccuparsi quando ti fermi a considerarlo. "Presto morirai, ma non piangere, perché c'è ancora tempo per andare a festeggiare." Chukua Pesa emana vibrazioni indiane dei Beatles mescolate con il folk dei Led Zeppelin. Tuttavia, quando la band inizia con i testi, la proposta cambia. Voci selvagge su mandolini ipnotici e loop di chitarra trasformano il pezzo in qualcosa di unico. Canzone che sicuramente evidenzia il loro amore per la strumentazione, i ritmi e gli stili vocali mediorientali, nonche' per l'ipnotico tuareg desert blues dei Tinariwen. Molte tracce di "Oh Death" sono costruite attorno a groove psichedelici, come il singolo principale Under No Nation: una fusione di psych e afro-beat con molti strati di percussioni, seguendo una formula simile di strofe guidate dalla voce e passaggi strumentali. La canzone si sviluppa in una raffica di fiati selvaggi che procedono in forma libera dopo aver attraversato percorsi sonori che potreste trovare in William Onyeabor. Le impressioni iniziali di Do The Dance evocano l’introduzione al primo singolo seminale degli Iron Maiden, Running Free. Il ritmo della batteria vacilla prima che una linea di basso in stile glam e chitarre fragorose aiutino a definire il groove. Un breve interludio si presenta sotto forma del brano Apegoat, estremamente psichedelico. Si rifà al tempo in cui i Pink Floyd si divertivano con Ummagumma. Segue Goatmilk, con un altro inizio guidato dalla batteria presto incalzato dal piu' classico intreccio chitarra/tastiere, con una solida linea di basso. Poi, per la gioia dei veri progster, il flauto fa capolino prima che la canzone entri nel territorio dei Dap Kings. L'album, senza alcuna soluzione di continuità, si sposta verso Blow The Horns. Gli organi gemono e anche le voci. Ogni elemento della musica sembra una cosa a se' stante, ma il modo in cui la band mette insieme tutto cio' è sublime. Gli strati di percussioni, così come le sezioni strumentali sommerse dal fuzz, aggiungono davvero dinamicita' e complessità, tutto immerso nello stesso amalgama. In Remind Yourself si riconosce ancora l'influenza Funkadelic, questa volta prendendo ispirazione da Standing On The Verge Of Getting On nella profonda introduzione parlata. La traccia ci ricorda che possiamo trovare pace solo in noi stessi, e per poter trovare questa pace dobbiamo prima riconoscere che la abbiamo tutta dentro di noi. È questo alla fine il passo piu' difficile, che ne siamo consapevoli o no. Il mix di chitarre distorte con chiari ritmi di marimba è selvaggio. Blessings interrompe il viaggio con un breve interludio di pianoforte prima che Passes Like Clouds chiuda l'album in modo davvero intrigante. Si tratta di un bel brano strumentale per ricordarci che i pensieri, il dolore, il piacere, la vita e, sì, la morte, alla fine si dissolvono e si riformano come nuvole. Thich Nhat Hanh una volta disse che siamo come le nuvole e "Le nuovole non muoiono mai".
Chiunque essi siano, questa band è risorta e ha annunciato il suo ritorno con l'album più incredibilmente incisivo della loro carriera fino ad ora. L'effetto che queste dieci tracce lasciano sull'ascoltatore in una breve raffica di 34 minuti è incredibilmente meraviglioso; e' un'opera caotica e groovy allo stesso tempo, organica e colorata. "Oh Death" è un album estremamente ben realizzato, coeso e dinamico. Offre ritmi afro trippy e selvaggi con psych rock intriso di jazz, più forte e più aggressivo di quanto i GOAT abbiano mai mostrato, mentre il posizionamento delle tracce più morbide offre variazione e respiro. La produzione densa e rumorosa, così come la voce, rendono ogni traccia intensa e potente, e gli strati di effetti e percussioni aggiungono tantissima verve alle composizioni. Questa volta i GOAT hanno davvero superato se stessi e hanno realizzato il loro miglior album, almeno fino ad ora.

mercoledì 6 settembre 2023

venerdì 1 settembre 2023