domenica 10 gennaio 2010

Gerard - Gerard (1984)

Il prog giapponese non e' particolarmente interessante. Ha saputo sfornare innumerevoli band in qualsiasi era, tutte molto dotate tecnicamente, prolifiche, longeve, coese ma, ahime', completamente carenti dal punto di vista dell'innovazione e della fantasia. Le prog band giapponesi presentano molto spesso uno stile molto derivativo, rifacendosi ai modelli inglesi e italiani, infatti il prog nostrano e' apprezzatissimo nella terra del sol levante, come anche tutta la nostra cultura. Lo stile piu' imitato e' il jazz/prog e la fusion, oggigiorno esistono centinaia di band giapponesi dedite ad un'ardua quanto sterile fusion, mentre altre si dedicano al RIO o allo Zehul, a questo proposito cito l'interessantissima band dei Koenjihyakkei (addirittura tre donne in formazione) con il bellissimo Live at Doors, meno numerose sono invece quelle dedite al prog romantico-sinfonico, lo stile che piu' soddisfa i miei gusti. Sara' un fatto di cultura, i giapponesi non sono conosciuti come popolo passionale e romantico, sono piuttosto famosi per essere meticolosi, puntigliosi, organizzati, come ogni musicista di stampo jazz ha bisogno di essere. La cosa che mi stupisce e' che in ogni caso il popolo giapponese si e' dimostrato ricco d'inventiva nel campo della tecnologia, delle arti figurative, della culinaria volendo, mentre e' totalmente povero di idee musicalmente parlando. Le band piu' famose sono gli Shingetsu, veri e propri pionieri del prog made in japan, coloro che hanno importanto nella loro terra i modelli anglosassoni, poi ci sono i Kenso, i Tipographica, i Bi Kyo Ran, gli Ain Soph, i Pageant, i Social Tension, i Mugen, gli odierni KBB, tutte brutte copie delle migliori band Jazz/Fusion albioniche. I Gerard invece si ispirano soprattutto ai Genesis e tentano di emularne lo stile, pur mantenendo chiari tratti personali come la voce, per niente gabriellana, il cantato in lingua madre, lo stile piu' hard e alcuni caratteri ispirati al folk e alla musica tradizionale giapponese, cosi' da non risultare dei cloni della band del Kent di cui e' pieno il mondo. Il gruppo viene fondato all'inizio degli anni '80, quindi in pieno periodo revival, dal tastierista Toshio Egawa che lasciava i Novela, il cui look androgino e' chiaramente ispirato ad Eddie Jobson, come anche lo stile tastieristico, che pero' cerca di attingere anche dai mostri sacri Wakeman ed Emerson, riuscendoci a volte. Con lui ci sono il cantante e chitarrista Yukihiro Fujimura, il batterista Masaharu Sato, il percussionista Masaki Tanimoto, mentre si alternano al basso Yohei Kawada e Yasumasa Uotani, e con questa band danno alle stampe il disco omonimo di esordio nel 1984. Con questa stessa line-up il gruppo pubblica un secondo album l'anno seguente, meno riuscito, e poi si scioglie ma si riforma all'inizio degli anni '90 con il solo Egawa piu' una sezione ritmica, cambiando quindi stile verso un prog tastieristico che fa anche a meno della voce, perdendo via via ispirazione con il passare degli anni. Gerard e' a mio parere un ottimo album, in equilibrio fra reminescenze del passato e innovazione, prog di maniera e proposte personali, pesanti arrangiamenti sinfonici e hard rock melodico. Egawa mostra tutto il suo talento e la sua vena compositiva, mentre Fujimura si dimostra un ottimo chitarrista che sa tenere la scena con personalita' quando e' lui il protagonista principale, oltre ad essere un cantante ispirato. L'album comincia con Meridian, breve traccia di introduzione, inizia con un bel riffone di chitarra subito accompagnata dal sintetizzatore, e continua cosi' per tutta la sua durata, con pregevoli intrecci chitarra-tastiere, arrangiamenti curati e batteria in evidenza. La seconda, Orpheus, comincia anch'essa con un pregevole assolo di chitarra che poi lascia il posto alla voce accompagnata da leggeri tocchi di tastiera interdetti da belle schitarrate creando un'atmosfera vagamente malinconica; in seguito la canzone cambia completamente: l'aria si fa cupa, opprimente, la chitarra viaggia alla grande mentre le tastiere la sostengono corpose ma mai invadenti, per poi sterzare nuovamente verso il tema iniziale, stavolta ancora piu' struggente ed enfatico, con una gran prova vocale. Un solo di pianoforte chiude piacevolmente il brano. Incantation e' un'altra lunga traccia che comincia con una melodia vocale molto accattivante accompagnata da incantevoli accordi di piano; questa parte ricorda molto le tipiche canzoni j-rock, in particolare quelle dei cartoni animati, soprattutto quando il sintetizzatore prende il comando. L'atmosfera cambia e diventa decadente, triste, un indovinatissimo riff viene ripetuto a turno dalla chitarra e dalle tastiere, che si scambiano ancora una volta la scena in continuazione passando in primo o in secondo piano con grande effetto. La canzone ora gioca sull'alternanza della prima parte con la seconda, scelta che mi ha molto colpito. Lasting Memory e' secondo me il pezzo meno bello: comincia con un cantato eccessivamente tirato accompagnato dalle tastiere, per poi evolvere in una melodia ancora condotta dalle tastiere e con il basso in evidenza, il problema e' che questa melodia non e' particolarmente ispirata, pur presentando pregevoli cambi di tempo. Revenge e' una breve traccia in cui Egawa fa parecchio lo sbruffone, andando a tremila sui tasti, ma questa sbruffonaggine non e' fine a se stessa perche' ben presto la canzone prende una propria direzione e si assesta su un giro tastiere-chitarra ancora una volta molto piacevole. Melting Time e' un'altro brano lungo con una intro per sola voce, leggeri tocchi di piano e basso, la lingua giapponese dona un tocco decisamente esotico a questo incipit. Lentamente la canzone incalza e si fa piu' piena, mentre il cantante non smette di ripetere il bel ritornello iniziale, anche se non saprei dire se le parole sono le stesse. Ma a meta' la situazione cambia: lo stile si indurisce e parte un assolo di synth spaziale tiratissimo, mentre la chitarra non sta a guardare e dice subito la sua, batteria e basso accompagnano alla grande. Le sorprese pero' non finiscono qui, infatti dopo un po' parte un orecchiabilissimo solo di chitarra che cambia ancora una volta atmosfera, stavolta piu' rocchettara e melodica, infine il synth conclude il pezzo riprendendo il bel tema di chitarra. Visionary Dream e' un brano molto melodico, con la voce principale protagonista, mentre chitarra, tastiere e batteria si dividono bene la scena alle sue spalle. La lingua giapponese arricchisce ancora una volta il brano. Midnight Dreamer, la traccia conclusiva, e' una canzone carina, nulla piu'. Un bel disco di prog giapponese, se vi piace il genere procuratevelo.

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