martedì 8 novembre 2011

Nova - Atlantis (1976)

I Nova sono una band finlandese nata nel 1975 ad Helsinki e che arriva al debutto, questo Atlantis, nel 1976. Purtroppo i tempi per il prog non sono dei migliori e l'album non vende, condannando cosi' la band allo scioglimento. Ed e' un vero peccato perche' ascoltando quest'album meteora si sente davvero del potenziale. Lo stile e' un prog romantico-sinfonico, dai toni molto drammatici e malinconici, e un sound incentrato sulle tastiere con le chitarre che a tratti riescono a guadagnarsi il loro spazio. Il primo gruppo che mi viene in mente sono gli ELP, anche se la band di Emerson raramente risulta cosi' triste, ma le evoluzioni tastieristiche, la capacita' di cambiare ritmo e la varieta' dei timbri traggono di sicuro ispirazione dal gruppo del musicista inglese. L'album e' composto da quattro tracce di cui 3 lunghe, fra i 9 e i 15 minuti, ed una breve, di 3 minuti circa. Le tracce lunghe ricalcano tutte lo stesso stile, cioe' buoni intrecci di tastiere, chitarra e voce su un'ottima base ritmica, interrotti da ritornelli di evoluzioni per tastiere. Ma la band e' brava abbastanza da poter variare su questo tema e proporre motivi diversi e vari, magari non originalissimi, ma sempre orecchiabili, passionali e ricercati. Aggiungiamoci gli assoli di chitarra che spesso intercorrono, la voce (in finlandese) intonata ed inspirata, un basso spesso ben sopra la media ed otteniamo un album molto vicino al capolavoro. Aiutato anche dalla breve durata, come piace a me (la mia soglia di attenzione e' quella che e'). I componenti della band sono Antti Ortamo, tastierista, cantante e principale compositore, Micca Vasenius, chitarrista, Jouko Helatie, anch'egli chitarrista, Petri Peltola e' il bassista, Jukka Marjala alla batteria.
La prima traccia, Se Vuosi, e' la piu' lunga del lotto e la meglio riuscita. Comincia con una intro di piano, classicheggiante, ci fa capire subito di trovarci di fronte ad un album di prog sinfonico. Dopo pochi secondi comincia il canto, presto accompagnato dai restanti strumenti, anche se quello piu' chiaramente udibile e' ancora il piano. Toni che si mantengono vicini alla musica classica su una base di ottimo rock sinfonico. A questo punto parte cio' che sara' il cliche' di tutto l'album: il refrain di piano ad interrompere con intervalli regolari la trama fin ora sentita. E' un cliche' che funziona. Ma, come detto, il lavoro non si riduce a questo, e verso il quinto minuto parte anche la chitarra, finalmente piu' decisa. Atmosfera che si fa piu' drammatica con lo scorrere della canzone. Verso il decimo minuto le tastiere riprendono il controllo della situazione, ottimamente accompagnate dal basso, per uno strumentale che cerca di sollevarsi dall'atmosfera decadente precedentemente creata, per dirigersi piuttosto verso territori piu' movimentati ed allegri, che ricordano chiaramente qualcosa degli ELP. Ovviamente la traccia torna sui suoi passi prima della conclusione, per un finale melodrammatico e romantico. Kaupungin Naiset, la canzone seguente, e' un blues dichiarato, quindi chitarra, voce e basso in evidenza, con un ottimo organo di sottofondo. L'atmosfera straziante e romantica sentita nel brano precedente non ci abbandona, anzi e' amplificata dai suoni tipici del genere. Ora la chitarra e' principale protagonista e ci regala un altro meraviglioso assolo nella parte centrale. Atlantis presenta un'introduzione di tastiere con immediatamente la voce che incalza. Tinte ancora drammatiche, aria tesa, atmosfera triste. La chitarra stavolta si mette subito in evidenza performando un ottimo assolo. Traccia che ricalca lo schema della traccia iniziale, con voce piano e chitarra a creare degli ottimi intrecci su una buona base basso-batteria, il tutto inframezzato da un indovinato refrain per tastiere. In seguito evolve in un assolo di tastiere, tanto per cambiare, ma la qualita' e' sempre altissima e la noia non sopraggiunge mai. Stavolta si lambiscono lidi piu' psichedelici, quasi space, anche se la conclusione e' sempre affidata a rassicuranti colori sinfonico-romantici. Il brano conclusivo, Vanha Surullinen Laulu, sfoggia un incipit drammatico e decadente, il morale e' bassissimo, anche se il solito regolare ritornello tastieristico, a cui il gruppo ci ha ormai abituato, rende l'atmosfera piu' allegra, seppur per pochi secondi. Il contrasto cosi' creato e' molto piacevole. La parte centrale e' occupata da arpeggi di chitarra su un tappeto di organo, a trascinare l'ascoltatore ancora piu' in basso, salvo poi essere risollevato dall'organo stesso che ora si fa allegro e rapido, mentre la chitarra si lascia trascinare anch'essa dall'atmosfera danzereccia. Ma l'album non poteva finire senza prima essere tornato sul motivo principale, cioe' quell'aria triste che permea un po' tutto il disco. In conclusione, e' un album abbastanza schematico, che gioca sui chiaro scuri, ma cio' non vuol dire che sia noioso o banale, anzi, e' un disco che a me e' molto piaciuto nella sua omogeneita'. Un'altra perla perduta del progressive settantiano.

2 commenti:

Sileno27 ha detto...

ho provato ad ascoltare 'se vuosi'. mmm. preferisco altri generi, però è sempre bello ascoltare qualcosa di nuovo, che non avevo mai sentito prima.

bob ha detto...

mi sa che tu sei piu' sul punk, un genere agli antipodi del prog. ho avuto anch'io la mia fase punk, quando avevo 15 anni circa, ma non ho mai approfondito piu' di tanto. prediligo i gruppi italiani comunque, punkreas su tutti.