domenica 4 dicembre 2011

Cressida - Asylum (1971)

All'ombra dei grandi del prog settantiano c'e' tutta una scena minore degna di estrema considerazione, un nugolo di band che non hanno avuto la fortuna del successo commerciale, a volte aleatorio, o della longevita', per tutta una serie di contrattempi piu' o meno casuali. I Comus, i Nektar, i Pavlov's Dog, i Quatermass, i T2, gli Spring, i Tonton Macoute e questi Cressida sono solo degli esempi di una irripetibile stagione. I Cressida nascono nel 1968 e si sciolgono nel 1971 ma fanno in tempo a dare alle stampe due album pregevoli, l'esordio omonimo e questo Asylum, entrambi incentrati sul suono dell'organo e una vena pop barocca molto interessante e a tratti paragonabile a gruppi maggiori come Genesis e Caravan. Il gruppo, che prende il nome da una commedia di Shakespeare, e' formato inizialmente da Angus Cullen a voce, chitarra e percussioni, John Heyworth alla chitarra, Peter Jennings alle tastiere, Kevin McCarthy al basso e Iain Clark a batteria e percussioni, e con questa formazione pubblica il primo album. In seguito Heyworth, deceduto l'anno scorso, sara' sostituito da John Culley per il secondo album, seppur quest'ultimo contenga ancora una traccia, l'ultima, scritta dal precedente chitarrista. Dopo lo scioglimeto della band Clark andra' negli Uriah Heep e Culley nei Black Widow. Il loro sound e' di chiara matrice canterburyana, quella piacevole commistione di pop e jazz, anche se spesso tende al rock sinfonico, soprattutto nel secondo album, con atmosfere sognanti, suoni sporchi e densi, sempre eleganti e mai eccessivi. Se il primo album e' gia' un piccolo gioiello, il secondo porta a maturazione quanto fatto e aggiunge pochi elementi che lo rendono di una bellezza disarmante, come gli arrangiamenti di fiati e violino, una maggior varieta' unita ad un mgliore dinamismo, e una tendenza all'elettricita' che nel primo album, piu' acustico, mancava un po', probabilmente dovuta al cambio di chitarrista. Le tracce sono otto ed e' difficile indicarne una migliore delle altre, a me piacciono particolarmente la prima, Asylum, e la settima, Summer Weekend of a Lifetime, molto prog nei cambi di atmosfere ora calde ora piu' tese, e con un organo scatenato. Munich e Let Them Come When They Will sono le due minisuite, sugli 8-9 minuti, molto riuscite ed articolate, spaziando fra jazz, pop e sinfonismi. Un'altra traccia meritevole di mensione e' Goodbye Post Office Tower Goddbye, con un groove orecchiabile ed un ritornello irresistibile. Nient'altro da aggiungere per un album che di certo non vado io a scoprire, essendo un disco culto fra i progster incalliti, quindi se non l'avete mai ascoltato colmate subito questa lacuna.

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