lunedì 2 dicembre 2019

Disen Gage - The Big Adventure (2019)

I Disen Gage sono una band russa formatasi nel 1999 e attiva nei circuiti universitari moscoviti fino al 2002, anno in cui i quattro membri decidono di sospendere l'attivita' per mancanza di seguito. Costoro, il chitarrista Konstantin Mochalov, il batterista Eugeny Kudryashov, il bassista Nikolai Syrtsev ed il sintetizzatorista/chitarrista Sergei Bagin continuano le rispettive carriere accademiche, finche' nel 2004 una casa discografica russa trova alcuni dei loro nastri e li convince a riformare la band. I Disen Gage pubblicano cosi' tre album di musica avant'garde, fra il 2004 ed il 2006, i quali non riscuotono praticamente nessun successo commerciale, e si ritirano nuovamente dalle scene, salvo poi ricomparire nel 2016 con diversi auspici, cioe' questo prog rock eclettico ed elettrico che li porta finalmente alla ribalta. Da li' scaturiranno altri 4 album dal 2016 al 2019, di cui questo The Big Adventure e' a mio parere il piu' maturo e il piu' riuscito. Il loro e' un progressive originale, completamente strumentale, con le chitarre che costruiscono duetti a mantenere il sound e far evolvere il groove, mentre tastiere, basso e batteria ben si innestano nel tappeto sonoro delle due chitarre e a volte si ritagliano  spazi solisti, il tutto immerso in atmosfere allegre e gioiose, ritmi sostenuti e brani concisi, fra i quattro e gli otto minuti di lunghezza. Dopo una breve intro si comincia sul serio con Adventures, sostenuta da un riffone di chitarra, sul quale si innesta l'altra chitarra con arpeggi indovinati, i quali disegnano una melodia veloce ed accattivante; il sound evolve cosi' sempre sostenuto dalle due linee intersecanti di chitarra, e quando gli altri due strumenti, tastiere e basso, si intromettono, la melodia evolve ulteriormente. Il ritmo si abbassa un attimo a meta' traccia, grazie ad un solo di tastiere interessante abbastanza da coinvolgere la batteria, per poi arrestarsi e lasciare le redini ad un assolo di chitarra, che in seguito conduce il suono sui binari iniziali e quindi a conclusione. Un avvio davvero ben riuscito. Si prosegue con Chaos Point, atmosfera ora piu' pesante, con una tromba a renderla ancora piu' greve e solenne, la canzone non decolla prima del secondo minuto, quando finalmente si comincia ad intuire la melodia, non che questo sia necessariamente un difetto; il brano continua a svilupparsi ed a prendere diverse ramificazioni in maniera forse eccessivamente lenta, fino al quinto minuto circa, quando interviene la chitarra a descrivere un riff veloce e ficcante. Un altro paio di spunti per piano e tromba conducono alla conclusione uno dei brani meno forti del lotto. Enough e' introdotta da arpeggi di chitarra, che descrivono motivi celestiali per un minuto, poi si arrabbiano, basso e batteria si fanno sentire, ed e' musica sopraffina; le due chitarre sono ispirate abbastanza da condurre e portare a conclusione una canzone che un po' esprime il repertorio dei due chitarristi, fra arpeggi, strimpellate e solidi riff metallici. Vi e' poi All the Truths' Meeting, a mio pare la traccia piu' ispirata, un groove continuo, con tutti gli strumenti in grande spolvero: probabilmente il brano piu' progressive, cambi di tempo che si susseguono senza soluzione di continuita', batteria e fiati, atmosfere circensi, sudamericane, persino un po' di tango. La sesta traccia e' Selfish Tango, su territori ora piu' jazz, trascinata dal basso e dalle percussioni, piu' l'onnipresente chitarra; ritmi veloci, giri strumentali orecchiabili, dopo un minuto e mezzo e' piu' tango argentino che mai, grazie alle tastiere ed al basso, mentre la chitarra continua a disegnare ghirigori. L'atmosfera si indurisce in seguito, si fa ora piu' severa e malinconica, per poi rallentare e lasciare spazio ad intrecci chitarra tastiere, psichedelici e spaziali, che domineranno la scena fino ad un minuto dalla fine, quando basso, batteria e chitarra descrivono un motivo rock'n'roll incisivo e rapido, che porta cosi' il brano, e che brano, a conclusione. Carnival Escape, la canzone piu' lunga con i suoi 8 minuti, e' introdotta da atmosfere decadenti ed elettriche, ben espresse dal basso e dalla chitarra, per poi arrestarsi e lanciarsi in un siparietto free-jazz, molto morbido e melodico, allegro; il resto del brano e' tutto un alternarsi di ritmi ed atmosfere, i quattro talenti russi sono maestri nel saper combinare umori diversi, tutti ben amalgamati ed incastonati in un sound solido ed orecchiabile; il flusso sonoro scorre fluido e non conosce momenti di stanca, e' davvero un piacere per le orecchie. Conclude Fin, traccia piu' malinconica e decadente inizialmente, grazie agli accordi di piano e le solite pizzicate di chitarra, che prende in seguito energia, grazie soprattutto all'ingresso della batteria, descrivendo ora un motivo un po' piu' vivace, seppur triste in qualche modo, motivo che risulta indovinato abbastanza da poterci basare il resto del brano, fra escursioni ed introspezioni varie. E' il 2019 ed il prog non accenna assolutamente a dare segni di cedimento, finche' ci sono band come i Disen Gage c'e' speranza di continuare a sentire buona musica.

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