martedì 25 gennaio 2022

Milano


Capitolo I

Alla trentunesima email che ancora una volta declinava gentilmente il mio invito, eseguo il log out del sistema e mi dirigo verso gli ascensori. Avevo smesso di fumare da anni ma ora avevo urgentemente bisogno di una sigaretta, con un po' di fortuna avrei trovato Maria giù in cortile e gliene avrei scroccato una. Stavo cercando di organizzare il più grande sciopero che la storia italiana avesse mai visto, avevo intenzione di coinvolgere tutti gli "informatici", come ci chiamano in Italia; volevo che tutti i lavoratori impiegati in mansioni relative all'informatica prendessero parte allo sciopero: ingegneri del software, sviluppatori, sistemisti, ingegneri della rete, tester, architetti, analisti, tecnici dell'hardware, avremmo messo l'Italia in ginocchio. Ovviamente nessuno finora aveva voluto aderire, nemmeno i miei compagni di squadra: Mauro aveva la moglie con una malattia cronica, Max aveva appena comprato casa e messo incinta la moglie, Ivan aveva la partita IVA. "Non possiamo permettercelo, ci dispiace, ma hai tutta la nostra solidarietà e supporteremo sempre la tua causa". Il fatto che non potevano permettersi di scioperare era la ragione principale per la quale dovevano scioperare, ma vaglielo a spiegare. Nel migliore dei casi ti rispondevano dicendo di non essere interessati, mandando in fumo le ore che avevi speso in discorsi belli tondi e ragionevoli cercando di convincerli, in altri casi minacciavano di dirlo al loro capo che poi l'avrebbe detto al mio, nella maggior parte dei casi non rispondevano proprio. Ci mancavano solo le intimidazioni mafiose, come se non fosse un mio diritto pretendere migliori condizioni lavorative.

Maria non era in cortile, ma c'era quella sua collega carina a fumare da sola, non potrà negarmi una sigaretta. Le chiedo da fumare e le faccio una domanda generica, per poterla lasciar parlare mentre mi perdo nei miei pensieri e mi godo le cancerogene boccate di fumo. Con 900 euro a Milano non ci campavo, 300 se ne andavano solo per l'affitto ed ero stato fortunato ad aver trovato un posto ad un prezzo così basso. La città era terribilmente cara, in tre anni non solo non ero riuscito a mettere un soldo da parte, ero costantemente costretto a contare il denaro che avevo in tasca. Ma la cosa più irritante era il fatto di non avere un contratto fisso; me lo facevano rinnovare ogni sei mesi, contratti a progetto che non prevedevano nè ferie nè malattie, figli dell'ultima riforma della legge sul lavoro, e ciò non mi dava sicurezze, nè la possibilità di fare investimenti di alcun genere. Sapevo che centinaia di migliaia di persone erano nelle mie condizioni, e sapevo che avremmo potuto tranquillamente bloccare tutto perchè il nostro lavoro è fondamentale, ma nonostante ciò i miei colleghi si rifiutavano di coalizzarsi e di chiedere condizioni migliori. Tutto ciò mi mandava in bestia.

Senza rendermene conto sono di nuovo davanti al computer, nel carnaio del tredicesimo piano dell'edificio principale di Banca Mediolanum, sede di Milano 2. Uno stupido grattacelo di vetro contro le cui finestre a specchio spesso andavano ad uccidersi uccelli di ogni specie. Una volta si schiantò un'anatra, fece un rumore pazzesco e cadde a strapiombo. Capettini andò a raccorgliela e probabilmente se la mangiò. Eravamo buttati nel mezzo dell'open space, con i nostri portatili fra mille schermi e cavi, cercando di concentrarci sul codice mentre intorno a noi impiegati di banca urlavano al telefono. C'era davvero poco rispetto per il nostro lavoro; per qualche ragione, nel 2008 un programmatore con tanto di laurea in informatica non aveva un profilo contrattuale da ingegnere, era invece classificato come metalmeccanico e pagato di conseguenza. Ma la cosa peggiore era la supponenza, l'arroganza, la maleducazione dei superiori, quei manager di banca le cui professioni non esisterebbero senza qualcuno che gli scriva il codice. Io purtroppo dovevo anche partecipare alle loro riunioni da bauscia milanesi, tutti tronfi e pieni di sè, ad elencare le loro stupide specifiche che avrebbero cambiato da lì a poche settimane quando si sarebbero accorti che ciò che avevano chiesto non era quello che volevano. Si davano tante arie da capoccioni senza i quali l'azienda non sopravviverebbe, ma quando li sentivi discorrere fra di loro tutto ciò di cui parlavano era calcio e figa. Dio quanto li odiavo. Due ore e mezza dopo riesco finalmente ad uscire da quella macchina divora anime. Prima di raggiungere la fermata della navetta devo assolutamente bermi un cicchetto o due al bar aziendale. In quel bar tutte le mattine c'è un piccolo signore anziano che ordina tre bicchieri di bianco, se li tracanna d'un fiato e senza batter ciglio va a lavoro. È quasi buio e sta piovendo, la primavera ancora latitava in questo marzo freddo e umido. La navetta aziendale ci scarica tutti alla fermata della metro, e tanto per cambiare c'è di nuovo sciopero dei mezzi. Non ne potevo davvero più, ero stanco e bagnato, tutto ciò che volevo era fumarmi un cannone lungo un piede. Vado allora alla fermata del bus, in mancanza di idee migliori. Passa un autobus ma non si ferma, immagino stiano facendo quella cosa per cui si sciopera ma si consumano comunque le risorse dell'azienda. Penso l'abbiano inventata i giapponesi. Quando ne avvisto un altro, metto da parte tutti i miei principi e mi pianto nel mezzo della strada, sperando con tutto il cuore che qualcun altro faccia lo stesso. Altre tre o quattro persone mi affiancano e il mezzo si ferma, saliamo a bordo. L'autista alla fine non è tanto cattivo, e ci fa scendere un po' dove ci pare. L'unica cosa buona che mi è capitata in questa giornata del cazzo.

Scendo dalle parti del quartiere Caiazzo e mi avvio verso i campetti, Vins mi aveva mandato un messaggio pochi minuti prima facendomi sapere dov'era. Anche lui di Matera, lo avevo conosciuto durante la scuola superiore quando avevamo fatto volontariato allo stesso mercatino dei libri, ma non ci eravamo mai frequentati prima di esserci ritrovati entrambi a Milano. Ora ci vedevamo praticamente quasi ogni giorno, con il mio collega Billy ed il mio coinquilino Sky a completare un gruppo di quattro uomini single poco più che venticinquenni, con ancora tanto vigore e tanta voglia di drogarsi, di fare baldoria e di godersi gli ultimi scampoli di giovinezza, e sicuramente non serve dire che eravamo in cerca di donne 24 ore al giorno 7 giorni la settimana. Vins era seduto su una panchina con il nostro pusher ed altri personaggi del quartiere, scoppiati a malapena in grado di badare ai loro bisogni fisiologici più immediati, avevano tutti alle spalle storie di droga ed anni passati in strada come punk erranti, ed ora arrancavano vivendo alla giornata, immagino che senza la pensione della madre vivrebbero nella galleria che porta a Piazza Garibaldi. Stavano facendo girare un cylum mentre africani, est europei e sudamericani se le davano di santa ragione sul terreno di gioco. Era ormai buio ed a stento si riusciva a distinguere la sfera grigiastra e scolorita sul campetto di mattonelle, grigie anch'esse, ma i giovani immigrati non avevano intenzione di smettere, anzi l'agonismo era palpabile. Marocchini ed algerini dal fisico asciutto ed olivastro, bulgari ed ucraini biondi, pallidi ed ossuti, cileni e peruviani piccoli, veloci ed ipertecnici. Amavo il multietnico proletariato milanese. Saluto Vins e gli altri bislacchi abitanti di queste lande periferiche, e gli chiedo se posso andare a casa sua a farmi una doccia ed a cambiarmi. Il mio buon amico mi passa le chiavi e mi dice di fumare un po' dal cylum innanzitutto.

Capitolo II

 

L'arrivo di Vins nel nostro gruppetto rappresentò un vero e proprio giro di boa. I primi mesi a Milano conoscevo solo Billy e Sky, poi un'amica in comune che all'epoca viveva in Spagna mi passò il suo contatto, dicendomi che se volevo svoltare a Milano dovevo conoscere Vins. Aveva ragione. A parte il fatto che ormai era nel capoluogo lombardo da cinque anni e conosceva bene la mappa della città nonchè i suoi locali, il mio compaesano andava allo IULM, dove il 90% degli studenti è di sesso femminile, ma la cosa più importante di tutte era il suo magnetismo, il suo esercitare un certo fascino sull'altro sesso. Era di carattere gioviale ed allegro, era rarissimo vederlo serio o pensieroso, sembrava vivere in una bolla di felicità inespugnabile, ed era anche un comico niente male. Se a ciò si aggiunge che adorava andare per locali, bere e fumare hashish, si comprende come Vins fosse l'elemento perfetto in un gruppetto di uomini che sta solo cercando di inserirsi in un contesto così confusionario, impenetrabile e francamente intimidatorio. Io e Billy non eravamo un granchè nell'arte dell'approccio, mentre Sky a malapena parlava in generale, invece Vins non aveva nessun timore a buttarsi ed a cominciare a ridere e scherzare con gruppi di ragazze che neanche conosceva, perchè "aveva la faccia come il culo", per dirla alla maniera di Billy.

Il nostro amico pusher mi passa il cylum. Erano ormai diversi anni che Vins si riforniva da lui, soprattutto per comodità, essendo il suo appartamento nel palazzo di fronte a quello del mio compaesano. Ero stato solo una volta a casa sua, e la sensazione di squallore e povertà che trasudava da quei 40 metri quadrati, in cui ci viveva con compagna e figlio in età prescolare, mi avevano messo addosso una tristezza indicibile. È davvero difficile nella società odierna barcamenarsi fra lavori in nero, o sottopagati, o precari, quando non si ha un titolo di studio o capacità appetibili al mercato. Il nostro spacciatore aveva semplicemente concluso che era molto più semplice e remunerativo vendere droghe leggere ai giovani e meno giovani del quartiere. Ed anche così a stento campava. Una situazione che in qualche modo vivevo anch'io, giunto a Milano con tante speranze andate sistematicamente frustrate quando dopo un po' mi ero reso conto di aver lavorato a tempo pieno quasi ininterrotamente per tre anni senza essere riuscito a risparmiare nulla, e soprattutto senza avere il sentore che le cose potessero migliorare.

All'inizio questa cittá mi faceva un po' paura. Dovetti imparare in breve ed a mie spese che non era possibile girarsela a piedi, dovevo imparare la topografia dei mezzi pubblici e soprattutto dovevo pagarli, e costavano cari. Dovetti imparare che l'apparenza è tutto a Milano, dovevo ben vestirmi e rinunciare all'aspetto trasandato da studente di sinistra se volevo trovare un lavoro, e se volevo essere notato dalle donne. Lo shock culturale che esiste fra Bari e Milano è qualcosa di sottile ed allo stesso tempo molto netto. Superate le difficoltà iniziali cominciai ad apprezzare la decadenza, quello strano squallore chic, quel doversi divertire ed ostentare il proprio divertimento a tutti i costi, che appartengono solo alla Milano da bere. Non c'era confronto con Bari. C'erano eventi tutte le sere, strade piene fino alle 3 di notte, un brulichio continuo, una nuova generazione di potenziali tossici figli di papà che voleva bruciare le tappe in fretta. Discoteche, club, centri sociali, concerti, piazze gremite, studenti stranieri, modelli e modelle, rifugiati e clandestini, rom e punk di strada, ragazze facili, e tanta di quella droga. È stato all’inizio un mondo nuovo ed inesplorato, affascinante e sexy, ma dopo tre anni cominciava già a seccarmi, non ne vedevo l'evoluzione, non ne vedevo il miglioramento, perchè semplicemente non c'erano.

Apro la porta dell'appartamento ed entro nel disordine della dimora di Vins, un bilocale che divideva con il fratello, il quale era esattamente il suo opposto. Non era in casa, probabilmente era già davanti al Gioia 69, a farsi due ore di fila per dover poi pagare 50 euro per entrare in un posto in cui non sei ammesso se non hai la camicia ed i cocktail costano 10 carte. Vado immediatamente al computer per controllare email e notifiche su Facebook; internet era diventato negli ultimi anni lo strumento principale per incontrare ragazze, l'online dating era ora la nuova frontiera, e per me non poteva profilarsi scenario migliore. Ero sempre stato abbastanza timido con le donne, inoltre balbettavo sotto stress, e per alleviare lo stress ricorrevo all'alcol, col risultato di essere spesso troppo ubriaco per poter condurre un discorso coerente. Liberato dalla pressione della presenza fisica, chattavo con svariate persone su Microsoft Messenger e riuscivo ad esprimere me stesso liberamente, quindi quando eventualmente le incontravo di persona avevamo già raggiunto un certo livello di intimità, e mi sentivo più sicuro. Noto che Cynthia, la studentessa americana che avevo conoscuto a gennaio, mi aveva mandato una nuova email. Le sue email erano sempre più lunghe e più profonde, come le mie d'altronde, e stavamo davvero raggiungendo un'intesa che non avevo mai provato prima. L'algoritmo di un sito di incontri aveva trovato compatibilità fra le nostre personalità, e chiunque abbia scritto quell'algoritmo ha fatto un ottimo lavoro, visto che siamo finiti a letto tre ore dopo esserci incontrati. A fine gennaio era rientrato in America ciò che io avevo archiviato come un altro successo personale, poi però abbiamo cominciato a scambiarci email, prima una volta alla settimana, poi a giorni alterni, ed ora quotidianamente. Avevo paura di essermi innamorato di lei, ed avevo paura che prima o poi mi avrebbe chiesto di andare a vivere da lei. Decido di aprire quell'email quando sarei tornato a casa quella sera.

Esco dalla doccia con i Prodigy a tutto volume e Vins e Billy che condividono uno spinello, surfando l'internet alla ricerca di qualcosa da fare in questo venerdì sera. Era sempre difficile mettere d'accordo tutti, impiegavamo ore per decidere dove andare. "Stanno gli Aretuska al Leoncavallo" dice Vins, "Li abbiamo visti quattro volte in un anno, e andiamo sempre al Leoncavallo!" protesta Billy. Vins e Billy battibeccavano in continuazione, ma si volevano un bene dell'anima. "Quella tipa che ho beccato su Badoo ha detto che va al Leoncavallo, e che porta un'amica" "E allora di cosa stiamo parlando. Dille di portare due amiche a ‘sto punto. Oh, bella Bob!" Billy saluta, mettendo su un video dei Disturbed. "Bella uagliò!" esclamo di rimando. Lo avevo conosciuto allo stage per il quale mi ero trasferito a Milano, poi Billy aveva deciso di accettare l'offerta della multinazionale fornitrice dello stage, io invece avevo deciso di unirmi ad una startup nel campo del VoIP, la quale startup mi avrebbe poi "prestato" a Mediolanum ed altre aziende come consulente. Eravamo entrambi a Milano per la prima volta, fu praticamente naturale cominciare a frequentarci, l'amicizia fu immediata. Era anche un metallaro, anche se non l'avreste mai detto, visto che il suo look abituale era pantaloni neri e camicia bianca, tipo vampiro.

Io e Billy rappresentavamo la parte responsabile del gruppo, avendo entrambi un lavoro professionale, pur essendo tutti e due inclini allo sballo, all'autodistruzione ed alla vita notturna. A quell'età potevamo ancora permetterci di fare bisboccia fino a sera tardi e poi andare a lavoro, un po' arruffati, la mattina dopo. Era decisamente migliore di me nella pratica del risparmio e della parsimonia, era sempre a caccia di sconti, coupon, groupon e discount vari, non spendeva mai troppi soldi quando usciva e soprattutto non offriva mai. A Vins questo suo braccino corto non piaceva e spesso lo criticava apertamente, ma Billy gli rispondeva che se non aveva soldi non poteva farci niente. Non era vero che non aveva soldi, ma comprendevo anche perchè si comportava in una certa maniera.

Dopo le pizze e birre d’ordinanza dall’egiziano (avevo scoperto che gli egiziani sono ottimi panettieri ed in grado di imparare l'arte della pizza quasi fossero napoletani veraci) ci incamminiamo per le buie strade della periferia milanese, ci vorrà un po’ per raggiungere la nostra meta. Era fondamentale arrivare al luogo di destinazione già ubriachi, Milano non ti permetteva di ubriacarti con i cocktail comprati nei locali, costosi ed annacquati. Di conseguenza si usciva sempre con una bottiglia di Lemon Soda che era per un quarto Lemon Soda e per tre quarti gin. Arrivati finalmente al centro sociale, ci tratteniamo al baretto che funge da anticamera della sala del concerto, dove gli Aretuska sono appena saliti sul palco. Gli africani che affollano il bar ballano le loro danze sensuali al ritmo dello ska, giovani e pieni di muscoli. Ci muniamo ciascuno di un bicchiere di plastica colmo di birra ed aspettiamo che le ragazze si manifestino. "Oh, ma ti hanno confermato che vengono?" domanda Billy. "Sine, te l'ho già detto", replica uno stizzito Vins. "Eccole là, hai visto?", continua il mio compaesano, scorgendo tre ragazze alte e carine. Vins comincia subito a dare il meglio di se stesso: con il suo carattere coinvolgente si presenta e ci presenta, parla del più e del meno, condendo ogni sua frase con qualche battuta di spirito, ciascuna accompagnata dalle sue movenze teatrali. Un robusto cannone sembra d’uopo, prima di buttarci nella folla. Mentre siamo nella dancehall la ragazza bionda sembra apprezzare le mie fattezze punk, mi viene vicino e vuole parlare. È molto bella, e mi sormonta di una buona decina di centimetri. Le chiedo se vuole uscire a fumare di nuovo, così possiamo parlare un po', al che acconsente. Mentre ci stiamo avviando verso l'uscita mi si avvicina un tipo con gli occhiali da sole, e mi chiede se voglio comprare dell'MDMA, chiamandomi "zio". Gli spacciatori mi hanno sempre avvistato da lontano; in ogni dove io mi sia recato, estero incluso, i pusher si sono avvicinati a me prima che io potessi avvicinarmi a loro. Mi mostra un pezzo e gli chiedo "Quanto?", mi risponde "20 carte", sebbene onestamente sembrasse molto più grande di una dose da venti euro, per cui gli passo i soldi con una manovra consolidata e continuo per la mia strada, nessuno dei due ha bisogno di aggiungere altro. Mi compro e le compro una birra, ci sediamo ai tavolini del cortile interno e rullo un'altra canna, mentre la ascolto cianciare della sua vita. Avevo scoperto che non era difficile intrattenere una ragazza, basta ascoltare ciò che dice e rispondere di conseguenza. Sembriamo piacerci a vicenda, ci scambiamo i numeri e decidiamo di rientrare. Avremmo fatto l'amore una settimana dopo e dopo di chè saremmo diventati così amici che non lo avremmo mai più rifatto. Buttiamo giù un paio di cicchetti al baretto e rientramo nella sala.

Passano così due o tre ore, Roy Paci e la sua banda stanno ritirando gli strumenti, le ragazze hanno rincasato, e noi ci ritroviamo di nuovo al bar, fatti e rintronati. Sto rullando l'ennesima canna quando una tipa mi si siede letteralmente in braccio. Mi racconta di quanto fossi carino e alternativo, è ubriaca e biascica, e mi chiede se ci prendiamo un paio di birre insieme. Penso che implichi che le birre dovrei pagarle io, per cui mi dirigo verso il bancone per la centesima volta. Billy decide di accommiatarsi, ed esce a cercare un taxi, e poi ha anche il coraggio di dire che non ha soldi. Vins invece mi dice che rimane per il dj set, sarebbe stato lì in giro e magari avremmo potuto prendere il notturno delle quattro. Io e la tipa continuiamo a parlare per un tempo indefinito, non ho idea di cosa ci siamo detti, ma so per certo che ad un certo punto è sopraggiunta l'amica con la quale era uscita quella sera, e mi propongono di tornare a casa tutti e tre insieme. Non erano particolarmente carine, ma non era il caso di sottilizzarsi, l'occasione di avere un threesome non capita spesso. Mi dicono che vanno un momento in bagno e poi avremmo chiamato un taxi, io penso che sia l'ora di farmi l'ultimo cicchetto, e quello è stato il mio unico errore quella notte. Non mi ero reso conto di quanto fossi ubriaco, preso dall'euforia di aver conosciuto così tante potenziali partner in una sola notte, mentre per tutto quel tempo avevo dovuto tenere le meningi concentrate sul dialogo, ed ora si stavano finalmente rilassando. Dovevo vomitare. Penso di aver passato l'ora successiva seduto sul pavimento lercio del bagno del Leoncavallo, mentre fricchettoni ubriachi e strafatti andavano e venivano, fra una minzione ed un tiro di coca. Mi ridesta la chiamata di Vins, sono quasi le quattro e se non vogliamo perdere la corsa notturna dobbiamo avviarci. Grazie a dio c'era Vins.

Capitolo III

La camminata verso la fermata del pulmino procede quasi in silenzio, io stavo cercando di riprendermi dalla sbronza mentre Vins non aveva quagliato tanto dal suo appuntamento, ma poco male, ne aveva un altro il giorno dopo, mi diceva. Riusciamo ad acciuffare il mezzo un attimo prima che parta, avrà a stento una decina di posti a sedere e ci dobbiamo stringere come sardine, tutti stipati l'uno sull'altro fra ascelle pezzate ed aliti alcolici. La corsa speciale notturna ci molla tutti sulla circonvallazione, alla fermata della 90 o della 91, a seconda di quale periferia dovevi raggiungere, est o ovest. Vins ha ancora voglia di fumare e rulla un altro joint, alla fine passano solo 20 minuti prima che il bus sopraggiunga, praticamente un miracolo. Mi affascinavano quei tragitti notturni attraverso la città, ammiravo le architetture del periodo fascista affiancate da quelle del periodo medievale, con i loro numerosi passeggeri esotici e colorati; asiatici con le cuffie enormi alle orecchie ondeggiavano il capo al ritmo di una musica che solo loro potevano sentire, sudamericani che discutevano ad alta voce in spagnolo, ed africani che non perdevano mai il buon umore e la voglia di ridere e scherzare a qualunque ora del giorno e della notte. Vins raggiunge la sua fermata prima di me, si congeda e mi dà appuntamento alla domenica. Ho una fame boia e non vedo l'ora di arrivare al kebabbaro sotto casa, chioschetto che raggiungo poco dopo. A memoria non credo di averlo mai visto chiuso, potevi contare sul nostro amico turco ogni volta che ti prendeva la fame chimica. Era il miglior kebab che avessi mai provato, o forse mi sembrava così buono perchè ovviamente non mangerei mai un cono di carne grondante grasso ed oli saturi a meno di essere sbronzo e/o sballato, rimane il fatto che non ho mai trovato un kebab così ben confezionato in nessun'altra parte del mondo. Divoro il lauto pasto in piedi sul marciapiede, insieme agli altri disperati nottambuli, rincaso e finalmente crollo in un sonno profondo.

Mi sveglia il trambusto combinato da Sky al suo ingresso nel minuscolo monolocale quando sono quasi le due del pomeriggio, era finalmente tornato dal suo ritorno forzato in quel di Filottrano (Ancona), dove si era dovuto recare per l'ultima analisi delle urine, essendo stato beccato con dell'erba in macchina un anno prima. Era ora finalmente fuori dal purgatorio e decisamente sul piede di guerra. A detta di Sky quell'anno senza droga è stato il più duro e difficile della sua vita, lui che era abituato a frequentare rave ed a prendere ogni tipo di sostanza. Ad un primo maggio qualche anno prima prese così tanta ketamina che dovemmo portarlo a casa in braccio. Quando andammo allo Sziget Festival una notte si prese una pillola di non so cosa e rimase a vagare in giro completamente disorientato fino alle 10 del giorno dopo. Mi raccontò che ad un certo punto si ritrovò a camminare sul ponte che collega l'isola dove si svolge il festival alla città di Budapest, ed a metà di questo ebbe un momento di lucidità e si girò per tornare indietro, al sicuro. L'unica volta in cui andai con lui a Filottrano per un sabato sera consumai più cocaina di quanta ne abbia consumata in tutto il resto della mia vita messo insieme, uscimmo alle sette di sera e tornammo alle sette del mattino, più in botta che mai. Il nostro incontro cambiò i destini dell'uno e dell'altro, ne sono sicuro: ero a Milano da una settimana ospite di un parente e dopo aver visto appartamenti su appartamenti arrivai alla porta della dimora di Sky; quest'ultimo si era appena mollato con una ragazza con cui era stato per tre anni, e cercava ora un coinquilino. Anch'io mi ero appena mollato dopo tre anni, ed era solo la prima coincidenza. Mi offrì una Moretti da 66 e si mise a fare una canna, e lì mi ha praticamente conquistato. Non mi importava se dovevamo vivere in 30 metri quadrati, non mi importava se ogni volta che passava il tram tremava tutto (dopo un giorno non lo senti più), e non mi importavano neanche gli scarafaggi che dalla strada entravano strisciando sotto la porta (l'uscita del nostro monolocale dava praticamente sul marciapiede), quel ragazzo mi andava a genio e i tre anni passati in sua compagnia quasi giornaliera sono stati anni di maturazione e decisioni importanti per entrambi, e ci siamo sempre fatti forza e sostenuti a vicenda. Era il mio compagno ideale, come me aveva bisogno di alcol e di erba per sopportare il peso dell'esistenza, e come me non amava parlare a caso, le nostre conversazioni erano rare ma significative; era estremamente intelligente ma non aveva la benchè minima disciplina, in tre anni di scienze politiche era riuscito a dare solo due esami, nonostante il fatto impiegasse ogni secondo del suo tempo libero nella lettura di quotidiani, saggi e documenti politici. Era anche di bell'aspetto, quindi non aveva difficoltà nel rimorchiare, nonostante il fatto che parlasse pochissimo. Anche Billy era della provincia di Ancona, e con loro due uniti a noi due materani formavamo un gruppetto molto affiatato, eravamo persino tutti e quattro juventini, durante gli anni più bui della storia del club e costretti a sorbirci i successi dell'Inter proprio nella Milano nerazzurra.

Il mio coinquilino ha sottobraccio il pacco mandatoci da mia madre con cadenza bisettimanale, appena consegnatogli dal buon fattorino. Scamorza, treccia, nodini, parmigiana, pasta al forno, barattoli di salsa, pane, carciofi sott'olio. C'era ogni ben di dio. Bisognava rifocillarsi per essere pronti per il concerto tributo a Joe Strummer, che sarebbe cominciato alle diciotto e avrebbe continuato per tutta la notte, in un quartiere a nord chiamato Bande Nere. Suonava anche una band di Filottrano, per questo c'era un pulman di fan che sarebbe venuto a Milano proprio per l'occasione, e Sky aveva puntato una ragazza di quel gruppo.

Arriviamo a Bande Nere che il concerto non è ancora iniziato, di conseguenza abbiamo la buona idea di cercare un supermercato per comprare una bottiglia di un qualche alcolico, cosicchè da non spendere troppo nel locale. Avvistiamo una EsseLunga ad un paio di isolati di distanza. Mentre siamo in fila alla cassa due rapinatori irrompono indossando maschere di personaggi famosi ed armati di pistole, nel giro di due minuti si fanno consegnare tutto il contante dalle cassiere e si dileguano, non prima di aver augurato a tutti una buona Pasqua. E quello è stato solo l'inizio di quella assurda serata. Riusciamo a pagare la bottiglia di Jack Daniels che stavamo cercando di comprare e ad andarcene dal supermercato prima che arrivi la polizia e rallenti tutte le operazioni. Tornati al locale, c'è una nutrita folla in attesa che le porte si aprano, e Sky avvista sia i suoi amici sia la ragazza che gli piaceva. Quest'ultima è in compagnia di un'amica che io trovo molto carina, la situazione sembra evolvere nella giusta direzione, essendo noi armati di whiskey e dell'MDMA che avevo comprato la sera prima, ed essendo queste due ragazze delle sballone incallite, a detta del mio coinquilino. Passiamo insieme un'oretta, durante la quale ci scoliamo la bottiglia e facciamo amicizia, tanto comunque la band anconetana avrebbe suonato in tarda serata. Non siamo ancora ubriachi quando entriamo nel locale, di conseguenza Sky mi suggerisce di farci in quel momento, solo io e lui, così da raggiungere il livello desiderato. Io però non avevo mai preso MDMA prima di allora, quindi sciolgo nella bottiglia d'acqua tutta la dose, alquanto ingenuamente, al che il mio amico esclama: "Dio bono Bob, ce l'hai messo tutto? Sei un pazzo!". Più che pazzo sono stato uno sprovveduto, visto che sono andato in completo black out per diverse ore, durante le quali non ricordo nulla di cosa sia successo, ma pare che abbia ballato, pogato e rovinato sul pavimento svariate volte, per quel che mi ha poi raccontato Sky.

Capitolo IV

Mi riprendo sui divanetti del locale, sul tavolino davanti a me c'è un gin tonic intatto e un bicchiere d'acqua quasi vuoto; guardo l'ora sul cellulare, sono quasi le 22. Sono stato fuori per ore. Dò un'occhiata a scarpe e vestiti, poi al pavimento, per fortuna sembrava che non avessi vomitato. C'è una band sul palco, la gente sta ballando e pogando. Sopraggiunge la ragazza di Filottrano conosciuta poche ore prima, sono così felice di vederla. "Oi, sei andato in botta dura eh? Ahahah! Per fortuna t’ho buttato 'n occhio, a un certo punto volevi un gin tonic a tutti i costi, ma ti ho fatto bere l'acqua prima". "Sei un angelo, ma siete tutte così a Filottrano?" Ride di gusto anche se non avevo detto niente di divertente, mi sembra ubriaca e di buon umore, comincio a coltivare speranze di potermela portare a letto quella sera. Cerco maldestramente di alzarmi ma ho le gambe intorpidite, urto il tavolino e faccio cadere il bicchiere di gin tonic, il cui contenuto si disperde fra la superficie del tavolo e la moquette che immediatamente lo assorbe. Impreco mentre la mia giovane amica si sganascia dalle risate, prendendomi anche un po' in giro per la mia inesperienza con gli stupefacenti sintetici. "Maledizione, avevo davvero voglia di un sorso. Andiamo al bar? Vuoi un cocktail?" "Lo vorrei scì, ma non ci ho un soldo" dice col suo adorabile accento. A quanto pare anche io avevo dato fondo a quasi tutto il cash che mi ero portato. Dovevo inventarmi qualcosa.

Era arrivato il momento di mettere in pratica un trucco che mi aveva insegnato Lupin tempo addietro. "Ei senti, adesso rubiamo una bottiglia dal bar, c'è un solo barman, non ci sono buttafuori, tu devi solo distrarre il barista, al resto penso io". "In che senso distrarre?" "Vai al bancone dal lato opposto dove tiene le bottiglie, chiamalo e digli che vuoi un cocktail ma non sai quale, fagli elencare un po' di intrugli e appena vedi che ho fatto te ne vai con una scusa". Mi sembra una tipa sveglia e spigliata, inoltre ho come la sensazione che abbia parecchia esperienza con situazioni un po' al limite, sapevo di potermi fidare. Se perdeva l'attenzione del barman prima che avessi finito c'era il forte rischio di essere colti in flagrante. Mi unisco al gruppetto di giovani che si accalcano sull'orlo del bancone alla disperata ricerca delle cure del dispensatore di veleni, e come previsto, non appena la mia giovane ed avvenente amica lo chiama costui si precipita in quella direzione. Mi defilo e raggiungo il lato del bar dov'era la stazione di lavoro del nostro amico barista, le bottiglie sono lì in basso, ammucchiate dall'altra parte della struttura in legno, devo solo allungare il braccio ed afferrare la prima che mi sarebbe capitata. Era un numero che avevo eseguito più di una volta in precedenza, ma dava sempre una bella scarica di adrenalina. Osservo bene la mia compagna in crimine ed il suo linguaggio del corpo, poi gli altri avventori che stanno anche loro guardando in quella direzione, in attesa del loro cocktail; il movimento va eseguito al momento esatto, senza esitazione ed il più velocemente possibile. Ci siamo, il barista ha messo i gomiti sul bancone, impugno il primo collo che riesco a raggiungere, metto la bottiglia sotto la giacca, e mi dileguo. Vado verso i divanetti e dopo un po' sono raggiunto dalla mia compagna. "Ahahah, devo ammettere che questa non l'avevo mai vista! Cosa abbiamo ciulato?" "Una bottigliazza di vodka, però dobbiamo stare attentissimi a non farci vedere mentre la beviamo" "Senti, io c'ho una fame da lupi, andiamo a mangiare qualcosa e ce la beviamo fuori con calma?" Nessun altro piano mi sarebbe sembrato migliore in quel momento. Mando un messaggio a Sky avvertendolo che ci saremmo rivisti più tardi o al massimo a casa.

Esco fuori e faccio un bel respiro profondo, ero stato al chiuso per diverse ore e gli odori di inizio primavera non potevano non metterti di buon umore, nonostante lo smog e le polveri sottili della città. Un bel paio di sorsoni a testa dalla bottiglia di vodka sembrano di rito, eravamo stati monelli e ci veniva solo da ridere, con la tensione sessuale che cresceva, fra sguardi intensi e sfioramenti non esattamente accidentali. Ci incamminiamo verso un paninaro ambulante, di quelli che vendevano quei panini unti e zozzi ma così maledettamente buoni, quando ormai ci teniamo per mano. Dovrei avere gli ultimi 6 o 7 euro, più che sufficienti in questo genere di circostanze. "Capo! Ecco il tuo Calabrese, ed una bella porchetta per la signorina!", il gestore è chiassoso, sudato e folkroristico. "Che vuoi fare? È ancora presto, magari torniamo al locale?" le chiedo. "E se ci facessimo un giro nel quartiere? Possiamo trovare un bel localino e facciamo serata lì. Il gruppo l'ho visto un milione di volte, in verità volevo solo farmi un giro a Milano e magari trovare un ragazzo carino". "Ah, allora dobbiamo andare da qualche parte a cercarlo". Ride ancora di gusto, sembra apprezzare il mio umorismo. Ora non mi resta altro da fare che aspettare il momento giusto per baciarla. Camminiamo così in giro per una mezzora, parlando e scolandoci la vodka, quando finalmente si palesa un clubbino. I subwoofer risuonano rumorosi, c'è una nutrita fila in attesa di entrare ed un corpulento buttafuori all'entrata, il locale dev'essere pieno. "Che facciamo, ci mettiamo in fila ed aspettiamo che qualcuno se ne vada?" "Sta bene, tanto non mi sembra ci sia molto altro nei paraggi" mi risponde. Ma mentre siamo lì in fila il buttafuori nota che stiamo bevendo una bottiglia, e si avvicina. "Voi due qui non entrate, non si possono portare bottiglie nella fila". "E dove sta scritto? Siamo in strada, quindi siamo ancora su suolo pubblico se non sbaglio" replico. "Sono io che decido chi entra e chi no, e voi due non entrate", conclude l'energumeno. A quel punto la molla da ribelle che si è sempre annidata nella mia indole ha fatto un deciso scatto, quindi senza neanche pensarci ho scolato ciò che rimaneva della vodka, ho superato il buttafuori con passo felpato ed ho posato la bottiglia vuota davanti alla porta d'ingresso del locale. Il bouncer a quel punto ha perso le staffe. Mi afferra per il colletto della giacca e mi solleva da terra. "Ora mi hai davvero rotto i coglioni, fattone del cazzo!" esclama. Ed a quel punto mi scaraventa in uno stanzino all'interno del locale, stanzino che contiene solo qualche sedia. "Fra un po' torno e ti faccio il culo!" urla, sbattendo la porta e chiudendola a chiave. Non mi ero mai trovato in una situazione del genere, ed inoltre dovevo ora fare i conti col fatto che avevo quasi sicuramente bruciato ogni possibilità di rivedere quella ragazza. Mi maledico e non posso che mordermi le mani. Il fatto che un fascista palestrato sarebbe tornato di lì a poco per riempirmi di botte era passato totalmente in secondo piano.

Per fortuna il fascista palestrato non si era manifestato, quando erano ormai le due di notte e qualcuno stava finalmente girando la chiave nella serratura della porta che mi teneva prigioniero. Un tizio che non avevo mai visto prima è sull'uscio. "Dai, vai fuori dai coglioni, ti è andata bene che abbiamo avuto altri cazzi stasera". Corro fuori immediatamente soprattutto perchè dovevo urgentemente urinare. Chiaramente non c'è traccia della mia amica, ed a quel punto non mi resta che chiamare Sky, il quale insolitamente risponde al primo squillo. "Oh Bob, tutto a posto? Sono ore che ti sto chiamando" "È successo un gran casino, e sono finito rinchiuso in un posto dove non c'era campo. Dove stai ora?" Sky era davanti all'uscita del locale del tributo a Joe Strummer, se fossi rimasto lì niente di tutto ciò sarebbe successo. Arrivo al luogo di destinazione in pochi minuti, le band hanno finito di suonare e c'è ora un deejay. "Dove sono andati tutti i filottranesi?" chiedo al mio amico marchigiano. "Eh, son ripartiti col pulman, ce voglio sei ore per arrivare" "Ma anche le ragazze?" "Pè forza, lunedì c'hanno scola" "Come scuola? Sono mica minorenni?" "No, fanno il quinto, c'avranno diciotto o diciannove anni. Ma te la sei bombata?" "No macchè. Bombata dove fra l'altro" "Io una volta me son fatto una nei cessi del Leoncavallo!" "Sì lo so, me l'hai raccontata quella storia. E tu sei un inzivoso". Inzivoso vuol dire lurido in materano, ma Sky ormai aveva piena familiarità con il mio gergo. "Tu fatto niente?", gli chiedo. "No niente, la tipa ha un ragazzo ora" "Cazzo che pacco amico mio, serata di merda" "Non tanto, me son preso l'MD e me la son cazzeggiata in giro. Nnamo a casa, Bob". Sky aveva il dono della sintesi. Non era troppo tardi ed i pulman ancora circolavano, in meno di un'oretta riusciamo a tornare alla nostra dimora, dove ci attendono le cibarie di mia madre per soddisfare la fame chimica, ed un po' di hashish per fomentarne ancora. Guardiamo qualche puntata dei Simpson sul mio laptop e ci addormentiamo sul divano.

Capitolo V

Adoravo il rituale della domenica, fra gli abbondanti pranzetti cucinati da Sky, la partita della Juve in streaming su qualche sito pirata, ed il proverbiale giro in piazza Duomo con Billy. Billy era quello più fashion dei quattro, ed era sempre in giro per negozi per accalappiare qualche sconto o svendita dell'ultima ora. "Vieni a fare un giro in Duomo, andiamo a guardare un po' di ragazze" "Nah Bob, fra un po' viene Vella e studiamo un po'" "Certo, Sky. Sicuramente". So benissimo che andrà a finire che passeranno il pomeriggio a bere e fumare, come al solito.

Prima di recarmi in piazza fumo una canna solitaria su un ponte sul Naviglio, giusto per riflettere sulla situazione attuale e tirare un po' le somme. Il THC mi schiariva la mente e mi permetteva di soppesare le varie situazioni senza pregiudizi e senza interferenze emotive, avevo bisogno di quel quarto d'ora di riflessione intensa quotidianamente. Fumare da solo era come andare dallo psicoterapeuta, solo che lo psicoterapeuta era una voce nella mia testa, voce che di solito ci prendeva. C'era poi il bellissimo panorama del Naviglio di periferia, sui cui ponti arrugginiti raramente passava un'anima, fra i liquami ed i rifiuti galleggianti, i ratti e le zanzare giganti. Appartenevo a quelle zone periferiche e degradate, e mi ci trovavo a mio agio.

Billy è davanti a Zara, propone caffè e amaro. Passiamo così un paio di ore a gironzolare per Duomo e Brera, "Mille vasche in corso avanti e dietro" cantava Max Pezzali, fermandoci in qualche baretto di tanto in tanto per un amaro, e cercando stradine poco frequentate per fumarci uno spinello. Billy aveva trovato i pantaloni eleganti a cui mirava, dopo aver girato in lungo ed in largo per trovare la misura giusta al prezzo giusto, e stiamo ora fumando gli ultimi rimasugli di hashish che mi erano rimasti, in un vicoletto dietro la Scala. "Abbiamo finito il fumo, Bob?" "Già, e Vins non mi risponde ai messaggi. Io mi sa che vado a fare una capatina a casa sua, vuoi venire?" "E se non c'è?" "Non penso, avrà fatto serata ieri e secondo me sta a letto a smaltire la sbornia" "Vabbo', andiamo a prendere sto fumo" "Lo sai che devo fumare, se no mi stresso".

Ma arrivati sotto casa di Vins qualcosa evidentemente non torna. Di solito le luci sono accese in quasi tutte le stanze, ma stasera solo la camera di suo fratello era illuminata. Inoltre solitamente c'è la musica che si sente fin fuori sul marciapiede, essendo il loro appartamento al piano terra, a qualunque ora del giorno, ma non stasera. "Ho provato a chiamare Vins, ha il cellulare spento" mi fa sapere Billy. "Ho provato anch’io più di una volta" "Merda, speriamo non sia successo niente, andiamo a chiedere al fratello". Dobbiamo citofonare un paio di volte prima che Franco risponda, e non presenta le maniere affabili di cui è solito. "Ragazzi, hanno arrestato mio fratello. Quel bastardo del pusher ha fatto il suo nome, sono venuti con la volante ed hanno perquisito l'appartamento, hanno trovato una panetta di non so quanti grammi. Vins ha dovuto faticare parecchio per convincerli che io non c'entro niente. Porca puttana, io manco me le fumo le canne. I miei sono già in viaggio da Matera, arriveranno in mattinata. Quel trimone alla fine è riuscito a mettersi nei guai, io gliel'avevo detto duecento volte!" Franco è esasperato, e ne ha ragione. Vins da un po' aveva cominciato a spacciare allo IULM, diceva che quei bambocci viziati non conoscevano la differenza fra l'hashish ed il pongo, e potevi tranquillamente chiedere loro cinquanta carte per un grammo scarso. Ormai comprava il fumo ad etti e c'erano buone possibilità che ne avessero trovato un bel po', con il contante ed il bilancino. Vins poteva finire seriamente nei guai.

"Allora, aperitivo in colonne?" propongo, "Aperitivo in colonne sia." Il nostro amico era in guai seri, ma non c'era niente che potessimo fare, almeno per il momento, quindi tanto valeva continuare nella nostra missione alla ricerca di un po' di fumo. Ci congediamo da Franco e ci avviamo verso la metropolitana, era l'orario perfetto per usufruire dei falsi sconti che i vari bar proponevano sotto l'etichetta di "happy hour", una mera scusa per vendere cibarie in scadenza, avanzi e alimenti di basso rango, tutto compreso nel pacchetto "Paghi venti euro e mangi e bevi quanto vuoi". Vins ci aveva insegnato che se devi spendere venti euro per cibo di dubbia qualità e bevande annacquate, a questo punto è meglio approfittarsene ed ordinare solo Negroni. Le Colonne di San Lorenzo ne ospitavano numerosissimi di quei bar; era una di quelle piazze come ce ne sono tante in Italia, ma questa era a Milano in ciò che è rimasto di alcune rovine romane, ed era gremita ogni santa sera. Era la mia meta obbligata i primi tempi in città, quando non conoscevo altri posti e non avevo comunque una lira per poter entrare in qualche locale, e vi ho passato delle bellissime serate, seduto per terra o sulle scalinate, a bere qualche sottomarca di birra ed a semplicemente osservare il viavai e le gozzoviglie degli adolescenti e degli studenti universitari, facenti parte di un mondo seducente che mi sembrava inaccessibile. L'immancabile Becks-man era al centro della piazza con i suoi frigoriferi portatili, e quando urlava "Becks-man!" il resto della piazza urlava "Becks baby!" di rimando. Alla fine gli sbirri, occupati com'erano in ben più gravi faccende, tolleravano quella presenza, quella figura vistosa e grottesca, che si faceva largo fra la folla con andatura dinoccolata a vendere birra sotto banco. In effetti la circolazione di droghe e bevande di contrabbando era abbastanza tollerata, di conseguenza si poteva tranquillamente rullare e fumare senza doversi nascondere troppo, e soprattutto si poteva trovare del fumo con relativa facilità.

Dopo l’usuale aperitivo a base di poco cibo mediocre ed un paio di Negroni, consumati al localino che rivendica la paternità dell'invenzione dell'happy hour (il proprietario sosteneva che i suoi antenati avessero inventato la pratica nientemeno che all'inizio del 1800) dobbiamo ora arrovellarci la mente e pensare ad una maniera di trovare della droga leggera senza farci rifilare un pacco, cosa che tende a capitare quando è il consumatore ad approcciare il venditore. "Possiamo provare da quei punk nel parchetto" suggerisce Billy, "Non fidarti mai dei punk, sono i primi a tirarti dei pacchi colossali. Dobbiamo cercare di individuare qualcuno che lo sta vendendo, è l'unica maniera di concludere un affare decente." Certe volte Billy mi stupiva per quanto fosse ingenuo e per quanto mancasse di intelligenza da strada. "Ce l’ho." continuo "Andiamo al locale occupato giù al Naviglio, non troveremo uno spacciatore lì, ne troveremo dieci." "Ma dici quel locale lercio che Sky ogni tanto propone e puntualmente rimando la proposta al mittente?" "Sì esatto, ci sono andato con Sky un paio di volte, se non fai caso ai vagabondi, agli scoppiati, ai cani pulciosi ed ai topi non è così male." "Sei un coglione, Bob. Dai, togliamoci sto dente." "Occhio a non sporcarti la gonnella." Il localino è ad una ventina di minuti a piedi verso Est seguendo il Naviglio fra le Colonne e piazza 24 maggio, e più che un locale è una baracca che sta in piedi grazie a chissà quale miracolo, sempre piena di emarginati e poveri in generale, senzatetto, immigrati, malati di mente e tossicodipendenti. Anche questa sera c'era musica, e come al solito si trattava della drum'n'bass più monotona e martellante che non avrebbe sfigurato al più estremo dei rave. Dalla strada scendiamo gli scalini che conducono giù al fiume, la catapecchia si erge su un lato di questo a pochi metri dal bagnasciuga, e sicuramente si riempie d'acqua quando il Naviglio è in piena. Fuori c'è un gruppo di ragazze a ballare la musica sintetica con movimenti ondulatori e ripetitivi, i poveri cani dei punkabbestia che cercano di stare il più lontano possibile dalla fonte del "rumore" e qualche altro personaggio random come solo in questi bassifondi se ne trovano. "Se ti porti a casa una di queste il preservativo te lo devi mettere per forza" dice Billy. "Te ne devi mettere due" replico. All'interno è buio, riusciamo ad individuare lo smerciatore di birre e compriamo un paio di lattine a mezzo euro ciascuna. La nostra presenza viene subito notata, probabilmente a causa della camicia bianca di Billy, di conseguenza lo spacciatore non si fa attendere e in men che non si dica ci adocchia e ci punta. "Bella ragazzi, che vi serve?" "Fumo ne hai?" "Dovrebbero essermi rimasti tipo cinque grammi, torno subito". La transazione è rapida, il tizio ci porge una bustina con dentro un pezzo di una qualche materia scura, e si dilegua. Il locale sta diventando sempre più affollato, umido e soffocante, quindi ci sembra il caso di uscire a fumarcene una. "Ci facciamo una cannetta qui e poi torniamo in Colonne, OK?" chiedo a Billy. "Ci sta, possiamo stare in giro un altro paio d'ore. Ti va di andare in un bar o qualcosa del genere?" "Perchè no, vediamo cosa ci riserva la serata". Ma la serata aveva da riservarci qualcosa che non avremmo mai potuto immaginare. "Oh Bob, ma tu come ti senti?" chiede Billy dopo qualche minuto. "Eh in effetti non mi sento benissimo, è una sensazione strana che non ho mai provato prima e non riesco ad identificare. Che cazzo di fumo ci hanno dato". Ciò che avevamo rimediato in quel localaccio non era sicuramente hashish, ancora oggi non ho la minima idea di cosa fosse, ma sospetto fosse eroina. Di lì a poco sentiamo i nostri corpi intorpidirsi, mentre la mente comincia a salire ed a perdersi nell'aere, sempre più su. Dopo mezz'ora siamo entrambi così fatti da non riuscire a mettere insieme due parole. Decidiamo di tornare a casa, tanto intenso è l'effetto anestetico, la coordinazione e l'uso della parola ci risultano particolarmente difficili in questo momento. Per fortuna ero ad una ventina di minuti di cammino da casa, qualunque cosa fosse che ci avevano rifilato quella sera è stato uno degli sballi più forti che abbia mai provato in vita mia, e tornare a casa sano e salvo senza perdermi non è stata impresa da poco. Giunto finalmente nella mia dimora, quasi non noto che Sky non c'è e mi dirigo direttamente nella mia camera, fin troppo fuso per poter guardare la tv o stare al computer. Per la terza sera di seguito crollo quasi istantaneamente appena dopo aver toccato il cuscino, dico quasi perchè faccio in tempo a leggere il messaggio di Billy che recita "Ho fatto appena in tempo ad arrivare a casa per sboccare la cena. Che cosa cazzo ci siamo presi stasera".

La cosa positiva è che essendo stramazzato alle dieci di sera, alle sei del mattino ero sveglio e pimpante. Caffè, Kinder Brioss, e si surfa l'internet per qualche minuto in attesa che il ferro si scaldi per stirare l'abito. Stavo ora finalmente leggendo l'email di Cynthia, dopo essermene completamente dimenticato, con tutte le peripezie che mi erano successe quel fine settimana. Sei mesi dopo mi sarei trasferito negli States.


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