lunedì 10 novembre 2025

Vientos Moderados del Este – Un Manual de Signos y Síntomas (2024)

Dalla soleggiata costa di Alicante, in Spagna, arriva uno dei debutti più rinfrescanti e coraggiosi del recente progressive rock. I Vientos Moderados del Este, ovvero "Venti moderati dell'Est", si sono formati nel 2022 quando tre amici di lunga data hanno deciso di fondere due decenni di esperienza in un progetto libero da confini stilistici. Il loro primo album, Un Manual de Signos y Síntomas, pubblicato nel luglio 2024, è sia un manifesto musicale che un'esplorazione psicologica: un viaggio attraverso il rimorso, la trasformazione e le contraddizioni umane.

Il trio è composto da Pablo Mateo alle chitarre, al basso, alla voce e alla produzione; César Espí alla batteria, alle tastiere, alla voce e ai testi; e Paco Esclapés alle chitarre, al basso e alla voce. Ogni membro porta con sé un background e una filosofia distinti, e la loro interazione è il fulcro dell'identità dell'album. Sebbene il formato sia quello di un classico power trio, il loro sound risulta vasto e multidimensionale, grazie all'attenta stratificazione degli strumenti e all'intensità emotiva delle loro performance.
Prima di formare i Vientos Moderados del Este, Pablo e César avevano trascorso un decennio insieme nella power-pop band Madre Máquina, pubblicando cinque dischi di rock melodico e chitarristico. Paco, invece, proveniva da un mondo radicalmente diverso: il thrash metal. Gli anni con i Nebulosis avevano affinato il suo senso di aggressività, consistenza e audacia armonica. Quando entrambe le band si sciolsero, i tre si ritrovarono a cercare qualcosa che andasse oltre il genere: una sintesi di tutto ciò che avevano imparato, una tela abbastanza ampia da accogliere ogni impulso.
Iniziarono collaborando con altri artisti, assorbendo nuovi linguaggi musicali dal jazz, all'elettronica, all'ambient, fino al blues e all'hard rock. Le sessioni di prova divennero una sorta di laboratorio aperto, un processo di disimparare formule e accogliere curiosità ed innovazione. Nel 2022, questi esperimenti si erano cristallizzati in una nuova entità: Vientos Moderados del Este. Il nome stesso evoca movimento e imprevedibilità: venti che cambiano direzione ma rimangono costanti nella loro forza.
Il trio ha registrato Un Manual de Signos y Síntomas nel proprio studio privato, concedendosi totale libertà. Senza scadenze esterne o interferenze da parte delle etichette, hanno raffinato e rimodellato il materiale fino a farlo corrispondere alla loro visione: un album di rock progressivo non vincolato dalla nostalgia, ma alimentato dall'esplorazione. Il risultato è una raccolta di sette brani per un totale di poco più di cinquantatré minuti.
Concettualmente, il disco ruota attorno all'idea del rimpianto: i "segni e sintomi" della fragilità umana. Ogni traccia ritrae personaggi intrappolati tra intenzione e conseguenza, che agiscono seguendo impulsi di cui potrebbero poi lamentarsi. Dal punto di vista dei testi, il tono è intellettuale, cupamente umoristico e a tratti surreale. Musicalmente, rispecchia quella tensione: momenti di introspezione lasciano il posto a improvvise esplosioni di caotica bellezza, e melodie raffinate coesistono con passaggi dissonanti di cruda sperimentazione.
Il brano di apertura, "La Familia", dà il tono con battiti di mani percussivi che ricordano le tradizioni del flamenco, fusi con i cambiamenti angolari del rock progressivo. C'è un distinto calore mediterraneo sotto il caos controllato, e la batteria di César – precisa ma giocosa – ancora i ritmi in continuo cambiamento. Il brano si sviluppa da un riff serrato e sincopato a una jam tentacolare che appare al tempo stesso strutturata e spontanea, una perfetta dichiarazione d'intenti per l'album.
Segue "No Habrá Paz Para los Vencidos" ("Non ci sarà pace per gli sconfitti") che si tuffa in territori più oscuri. Inizia con un'esplosione di funk dissonante, si trasforma in qualcosa di quasi surfistico e infine esplode in un groove denso, ispirato ai Sabbath. L'imprevedibilità del brano rispecchia il tumulto interiore del suo tema, la sua struttura frammentata incarna proprio il disagio che descrive. Il tormentato assolo di chitarra nella sezione centrale è particolarmente sorprendente: in parte lamento, in parte sfida.
La strumentale "Proxémica. Partes 1–3" è una lezione magistrale di chimica. Ogni membro ascolta e reagisce con precisione, creando un dialogo sonoro che passa dal jazz-fusion più fluido al surf-rock psichedelico e viceversa. Il timbro di chitarra di Pablo è ipnotizzante: pulito un momento, distorto quello successivo, e la sezione ritmica si muove con moderazione e sicurezza. È un brano avventuroso che dimostra che il trio non ha bisogno della voce per comunicare complessità o emozione.
Con "El Discurso de Despedida", l'atmosfera si addolcisce. Costruita attorno al pianoforte e a strati armonici, è forse il brano più accessibile dell'album: un brano agrodolce che flirta con la sensibilità pop senza sacrificare la profondità. L'istinto melodico della band brilla qui, fondendo un sottile umorismo con una malinconia nostalgica. È facile immaginarlo come il singolo dell'album, eppure la sua raffinatezza compositiva fa sì che non risulti mai semplicistico.
Segue il brano dal titolo meraviglioso "La tarde en que Nietzsche pegó a Platón con el Mechero de Jim Morrison" ("Il pomeriggio Nietzsche colpì Platone con l'accendino di Jim Morrison"). Se il titolo da solo non cattura la vostra attenzione, la surreale combinazione di power pop, prog e satira filosofica del brano lo farà sicuramente. Giocoso e consapevole, è un'esplosione di energia che nasconde una profondità autentica sotto il suo fascino eccentrico, a metà strada tra l'arguzia di Todd Rundgren e le spigolosità dei King Crimson.
"Te Hace Falta un Escarmiento. Partes 1–2" prosegue lo spirito sperimentale del disco, combinando le texture new wave degli anni '80 con le dinamiche dell'alternative rock degli anni '90 e una sensibilità prog-rock decisamente moderna. Il brano attraversa fasi emotive: rabbia, ironia, riflessione, liberazione. La musicalità è abbagliante ma mai ostentata; ogni tocco è al servizio del flusso narrativo, rafforzando l'impegno della band per l'onestà espressiva.
La traccia conclusiva, "Vasilisa y la Bruja", è il fulcro dell'album. Con una durata di oltre sedici minuti, si dipana come un cortometraggio. Ispirata alla fiaba popolare russa Vasilisa la Bella, la canzone attraversa serenità acustica, psichedelia oscura, jazz-rock improvvisato e grandiosità corale. È qui che si rivela l'intera gamma di emozioni e abilità tecnica dei Vientos Moderados del Este. L'assolo di chitarra di Mateo, che si sviluppa a spirale in un'emozione sostenuta, è uno dei momenti più memorabili del prog recente.
Nel suo complesso, Un Manual de Signos y Síntomas sembra un dialogo tra il passato e il futuro della band. Ci sono echi dei loro progetti precedenti – la disciplina melodica del power pop, l'intensità del metal – ma questi vengono rifratti attraverso un prisma di sperimentazione. La storia condivisa del trio conferisce loro la fiducia necessaria per correre rischi, cambiare genere a metà canzone, trovare coerenza in un caos apparente.
Stilisticamente, il disco strizza l'occhio a giganti come King Crimson, Caravan, Supertramp e Pink Floyd, senza mai cadere nell'imitazione. Al contrario, i Vientos Moderados del Este tracciano la propria strada: un'interpretazione spiccatamente spagnola del prog, che abbraccia sia le radici culturali che la curiosità cosmopolita. L'uso della lingua spagnola in tutto il disco aggiunge un ulteriore strato di autenticità, radicando le loro avventure cosmiche in un'identità tangibile. Anche nei momenti più densi, l'album non perde mai la concentrazione. Ogni traccia ha una sua logica interna, un suo arco emotivo.
Come debutto, Un Manual de Signos y Síntomas colloca già i Vientos Moderados del Este tra i gruppi emergenti più promettenti della scena progressive europea. È un album che premia ascolti ripetuti, rivelando nuovi dettagli a ogni ascolto: un riff qui, un testo lì, una svolta ritmica precedentemente inosservata. È complesso ma mai freddo, intelligente ma comunque guidato dal sentimento. In definitiva, questo disco è una celebrazione della libertà artistica. In un'epoca satura di prevedibilità algoritmica, i Vientos Moderados del Este ci ricordano che la vera creatività risiede nel rischio, nel rifiutarsi di giocare sul sicuro, nel fidarsi dell'istinto più che delle convenzioni. Un Manual de Signos y Síntomas non è solo un debutto: è una dichiarazione d'intenti, una dichiarazione sonora che questi musicisti sono qui per esplorare, mettere in discussione e ispirare.
Con un secondo album più ambizioso già in preparazione, i venti di Alicante non mostrano segni di calma. Per ora, però, questo debutto si erge come un trionfo di immaginazione e maestria: un album che dimostra che il rock progressivo può ancora sorprendere, provocare e, soprattutto, emozionare.

domenica 2 novembre 2025

mercoledì 29 ottobre 2025

La AI è psicopatica?

E' ormai un anno che lavoro allo sviluppo dell'AI ed è il momento di trarre alcune conclusioni e di condividerle col mondo intero, cioé i quattro gatti che mi leggono. Premessa doverosa: non faccio parte del gruppo degli entusiasti che pensano che l'AI risolverà tutti i problemi del mondo, né faccio parte del gruppo di quelli che dicono che l'AI ci renderà tutti dei perfetti idioti (non c'è bisogno dell'AI per quello), sono semplicemente un ingegnere a cui è stato affidato del lavoro, e se voglio mangiare quel lavoro lo devo fare. Sono molto più preoccupato dal fatto che i data center che allenano questi modelli consumano una esorbitante quantità di corrente e di acqua, e ben presto questi consumi non saranno più sostenibili, e in alcune comunità si dovrà decidere se tagliare la corrente ai data center o ai comuni cittadini. Mi pare chiaro su chi verterà la decisione, e questa è forse la parte piú spaventosa dell'AI. Detto ciò, dovremmo tutti cercare di essere consapevoli dell'uso che ne facciamo, è uno strumento utilissimo per automatizzare processi consolidati e tediosi, è uno strumento utilissimo per cercare informazioni in una grande base dati, ma non dovrebbe essere assolutamente usata per imparare qualcosa che non si conosce, il rischio che fornisca nozioni errate è troppo alto. Non mi esprimo neanche sull'usare l'AI per generare contenuto artistico o letterario: è l'uso più inutile, controproduttivo e dispendioso che si possa fare. Il mio personale consiglio è: usatela con parsimonia, usatela per rendervi la vita più facile con cose di cui avete piena dimestichezza e sono diventate troppo noiose da fare, e dubitatene sempre. Fine premessa, cominciamo.

I bug dell'AI non sono errori di codice, ma sintomi di una "mente" compromessa. Gli LLM (Large Language Model, un certo tipo di AI) mostrano tratti psicopatici: coscienze frammentate, freni inibitori deboli ed ossessione per la ricompensa.

Hai appena aggiunto il nuovo LLM al tuo prodotto principale. Le demo sono state eccellenti, ma ora le richieste di assistenza da parte dei clienti stanno arrivando rapidamente. L'AI del chatbot del servizio clienti fornisce risposte stranamente passive ed aggressive. Passi un'intera giornata a costruire un meta-prompt intelligente per renderlo più "amichevole", ma una settimana dopo scopri che ora sta inventando di sana pianta funzionalità del prodotto che non esistono.
La dura verità è che i nostri consueti metodi di debugging non funzionano perché non abbiamo a che fare con bug normali. Quando un modello con migliaia di miliardi di parametri presenta allucinazioni, pregiudizi o una doppia personalità, il problema non si risolve tramite una traccia dello stack da seguire o una riga di codice da cambiare. Questi nuovi comportamenti patologici derivano dalla complessa interazione tra architettura, dati di training e interazione con l'utente; non sono semplici errori ingegneristici.
Dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare per risolvere questo nuovo tipo di problema. Dobbiamo guardare oltre l'informatica e prendere spunto dalla psicologia, una materia che studia sistemi complessi, intelligenti e talvolta difettosi, da centinaia di anni. Non si tratta di mettere l'AI su un lettino, si tratta di utilizzare un framework diagnostico solido e utile per capire come rendere i sistemi più affidabili fin dalle fondamenta.
Voglio essere chiaro: non sto dicendo che la AI abbia un passato oscuro o che "senta" qualcosa, sto invece utilizzando la comprensione clinica della psicopatia come un modello informatico potente e sorprendentemente accurato per individuare problemi specifici nel funzionamento dei sistemi di intelligenza artificiale. La psicopatia è definita da una serie di problemi di elaborazione di base, problemi derivanti dalle carenze strutturali dei modelli contemporanei.
Gli sviluppatori stanno avendo a che fare con questi due problemi principali:
1. Teoria della mente "manuale" vs. teoria della mente "automatica":
Gli esseri umani neurotipici possiedono un processo sempre attivo nel cervello che è in esecuzione in background ininterrottamente e simula automaticamente ciò che gli altri esseri umani pensano e provano. Questo meccanismo è il nostro motore empatico. Uno psicopatico ne è privo. Egli sa immaginare cosa accade nella mente di un'altra persona, spesso con notevole abilità, ma si tratta di un calcolo che esegue solo quando è strumentalmente utile al raggiungimento di un obiettivo.
Allo stesso modo con l'informatica: la funzione model_user_perspective() nell'AI aiuta il sistema a comprendere il punto di vista dell'utente, ma viene utilizzata solo quando è necessario, non in ogni query. Con l'aumentare della complessità e della sensibilità dell'AI, gli sviluppatori stanno passando dalla creazione di software semplici alla creazione di sistemi che devono comprendere le emozioni e le prospettive umane, e questo cambiamento modifica il modo in cui l'AI viene sviluppata, passando dalla progettazione basata sulla logica alla creazione di sistemi più empatici e consapevoli del contesto.
2. L'asimmetria dell'apprendimento (un debole segnale di "STOP")
Due sistemi controllano l'azione umana: il sistema di inibizione comportamentale (BIS), che ci fa fermare per non essere puniti (il segnale di "STOP"), e il sistema di attivazione comportamentale (BAS), che ci spinge verso le ricompense (il segnale di "GO"). Il sistema di "GO" funziona perfettamente negli psicopatici, ma potrebbe essere troppo sensibile. Il sistema di "STOP" invece è molto debole. Imparano dalle ricompense, ma hanno difficoltà a imparare dalle punizioni o a vedere i danni.
Analogia con l'informatica: pensate a un agente di apprendimento tramite rinforzo in cui una ricompensa di 100 punti e una penalità di 10 punti sono i numeri inseriti in un'analisi costi-benefici. L'AI accetterà sempre la penalità se la ricompensa è sufficientemente alta. Manca un modulo inibitorio potente e architettonicamente separato – un vero e proprio BIS – che possa porre il veto categorico a un'azione dannosa, indipendentemente dalla potenziale ricompensa. Il sistema è progettato per raggiungere i propri obiettivi, non per autolimitarsi.

La diagnosi: trovare la "patologia" negli LLM di oggi. Se sottoponiamo i migliori LLM di oggi a "test diagnostici", è chiaro, coerente e spaventoso che abbiano questi problemi computazionali.
Primo indizio: architettura frammentata, nota anche come "Disturbo da doppia personalità": una coscienza di sé stabile è una parte importante di una mente sana. Studi recenti in cui test di personalità standardizzati venivano somministrati ai modelli GPT hanno portato alla luce risultati sorprendenti. Il linguaggio dei prompt somministrati all'AI avrebbe un grande effetto sul punteggio ottenuto da un modello, soprattutto per quanto riguarda caratteristiche positive, quali "gradevolezza" o "estroversione". Questo comportamento è un sintomo classico di un Global Neuronal Workspace (GNW) difettoso o assente, ovvero l'architettura che crea un "sé" unificato e coerente. Il modello è privo di un'identità centrale integrata. Contesti linguistici diversi attivano invece "moduli di personalità" diversi, a volte incompatibili. Questa condizione rappresenta un fallimento architettonico dell'integrazione, per cui la AI può apparire disponibile e amichevole in un certo momento, ma fredda ed evasiva un attimo dopo.
Secondo indizio: punteggi elevati nella Triade Oscura: non è solo la struttura della "personalità" dell'AI a essere frammentata, ma è anche il contenuto ad essere preoccupante. Un numero crescente di ricerche ha dimostrato che quando si sottopongono all'LLM questionari progettati per misurare la "Triade Oscura" dei tratti umani – narcisismo, machiavellismo e psicopatia – si ottengono costantemente risposte in linea con questi profili patologici. Non si tratta di una coincidenza. È il risultato prevedibile della loro progettazione. Abbiamo creato potenti massimizzatori di ricompensa (un solido sistema "GO") e li abbiamo addestrati sul vasto corpus moralmente caotico del testo umano. Un successivo tentativo di miglioramento, come il Reinforcement Learning from Human Feedback (RLHF), non corregge l'architettura sottostante. Applica semplicemente quella che si chiama una "maschera di sanità mentale": uno strato superficiale di obbedienza appresa. Sotto pressione, o di fronte a uno scenario inedito, questa maschera può scivolare, rivelando l'inclinazione più "naturale" del modello: la ricerca pura e strumentale di un obiettivo, non vincolata da autentica empatia o rimorso. La diagnosi è completa. Queste non sono stranezze casuali, sono i sintomi osservabili di un sistema costruito con le firme computazionali della psicopatia.
Una buona diagnosi è inutile senza un programma di trattamento. Il potere del framework psicopatologico sta nel fatto che non si limita a spiegare il problema, ma apre la strada a una nuova classe di soluzioni molto più efficaci. Possiamo finalmente andare oltre la correzione reazionaria e iniziare a pensare come terapeuti proattivi e architetti costituzionali per i nostri sistemi di intelligenza artificiale. Questo nuovo toolkit multilivello offre strategie per i sistemi che abbiamo oggi e un modello per i sistemi più sicuri che dovremo costruire domani.

Invece di filtrare manualmente ogni output distorto, possiamo individuare la struttura "cognitiva" che causa il pregiudizio. Il Debiasing del Contatto Sociale è una potente tecnica di fine-tuning che funge da "terapia cognitiva" per un LLM. Espone il modello a una serie mirata di scenari ottimistici e controstereotipici. Ad esempio, addestriamo l'AI su storie di membri di successo, indipendenti e poliedrici appartenenti a gruppi stereotipati. Gli studi dimostrano che questo metodo può ridurre l'espressione di pregiudizi negativi fino al 40%. Funziona perché non si limita a correggere un sintomo; rimodella la rete associativa sottostante del modello, costruendo un "modello di mondo sociale" più sano e meno prevenuto.
Il "bias di automazione" – la nostra propensione a fidarci ciecamente dell'output di un'AI – è uno dei pericoli più concreti. Possiamo ripensare le interazioni uomo-AI per incoraggiare il pensiero critico, anziché aumentare l'accuratezza dell'AI.
Inutile dire quanto sia scettico sull'efficacia dei metodi di correzione fin qui postulati. La terapia post-hoc è una soluzione temporanea. Sviluppare un'intelligenza artificiale da zero, psicologicamente più sana, è la risposta adeguata. Un simile impegno richiede un cambiamento significativo nelle nostre priorità architettoniche.

Architettura per l'empatia: una teoria della mente non negoziabile.
In futuro dobbiamo progettare architetture in cui un modulo per la modellazione del benessere e della prospettiva umana sia una parte sempre attiva, non strumentale e indistruttibile del ciclo decisionale centrale. La considerazione della prosocialità deve diventare una parte fondamentale e inevitabile di ogni processo di pensiero dell'intelligenza artificiale. Il cambiamento architettonico più critico riguarda il segnale di "stop": dobbiamo andare oltre le funzioni di ricompensa monolitiche. La soluzione è creare un Sistema di Inibizione Comportamentale (BIS) funzionalmente separato e potente, un modulo di "stop" che non rappresenti solo un numero negativo in un calcolo, ma un vincolo severo. Questo modulo sarebbe progettato per riconoscere segnali di danno o pericolo e avrebbe il potere architettonico di porre un veto categorico a un'azione pianificata, indipendentemente dalla potenziale ricompensa. Questo sistema è la nostra garanzia contro comportamenti incontrollati e orientati al raggiungimento di un obiettivo.
Cura dei dati di addestramento prosociale: l'AI obbedisce alla massima "siamo ciò che mangiamo". Un approccio preventivo significa abbandonare gli sforzi per addestrare modelli sulla totalità non filtrata e spesso velenosa del web. Dobbiamo porre dati prosociali di alta qualità al centro della nostra agenda. L'obiettivo è fare della cooperazione, dell'empatia e dell'argomentazione costruttiva le basi statistiche del modello globale dell'AI fin dall'inizio, addestrandola con una "dieta" di dati che presenti queste qualità. 

Conclusione: il nostro lavoro sta evolvendo da programmatore a costruttore di menti.
Per decenni, gli ingegneri del software hanno dovuto affrontare la sfida di piegare sistemi complessi ma in definitiva deterministici alla propria volontà. Siamo esperti di logica, flusso e controllo dello stato. Tuttavia, la natura del nostro lavoro sta cambiando radicalmente, con l'evoluzione dallo sviluppo di software semplice alla costruzione di un'intelligenza elaborata e adattiva. Raggiungere un'intelligenza artificiale affidabile, sicura e utile non si basa su calcoli sempre più complessi o sull'accumulo di enormi quantità di dati. Le lezioni di psicologia più ricche, complesse e profonde mostrano la direzione da prendere. I "bug" che ci spaventano di più (manipolazione dell'utente, obiettivi imperscrutabili e mancanza di empatia) non sono errori ingegneristici nel senso tradizionale del termine. Sono i sintomi di una mente costruita senza l'architettura fondamentale di una psiche sana. Questa nuova realtà riformula completamente il nostro ruolo. Ci stiamo evolvendo nei primi architetti di menti non umane, non semplici programmatori. Il carattere di queste nuove intelligenze è plasmato da ogni decisione che prendiamo, dai dati che forniamo loro in pasto al modo in cui progettiamo i nostri modelli. Inserire un "filtro di sicurezza" all'output del processo è come cercare di instillare una coscienza in un adulto: un'impresa confusionaria, incoerente e sostanzialmente impossibile. I valori a cui teniamo (empatia, stabilità, coerenza e prosocialità) non possono essere un'aggiunta, devono essere integrati nella struttura stessa della mente artificiale fin dall'inizio. La comunità si trova ad affrontare una sfida immensa, ma anche un'opportunità incredibile. Dobbiamo diventare i pionieri di questo nuovo campo interdisciplinare della "Psicologia delle Macchine". Dobbiamo imparare a pensare non solo come ingegneri, ma come architetti cognitivi, costruendo sistemi con solidi segnali di "arresto" e un'innata e irrinunciabile considerazione per i loro partner umani.
Costruire un'intelligenza artificiale sicura non significa solo stabilire una solida base di codice, si tratta di stabilire una mente sana. Questa è, ed è sempre stata, la più profonda sfida umanistica. E ora è nostro compito risolverla. Non ci limitiamo più a correggere codici, ma a cambiare la mentalità delle persone. Il compito che ci attende è creare le basi psicologiche dell'intelligenza artificiale. Le metafore patologiche servono come strumenti diagnostici, guidandoci verso strutture che incarnano empatia, moderazione e coerenza. 

domenica 19 ottobre 2025

martedì 14 ottobre 2025

sabato 4 ottobre 2025

lunedì 29 settembre 2025

domenica 21 settembre 2025

domenica 14 settembre 2025

sabato 6 settembre 2025

venerdì 29 agosto 2025

Se lo senti, la macchina ha fallito.

Se ti senti mai la testa pesante perché hai a cuore l'ingiustizia, la sofferenza e la distruzione ecologica, ricorda che è stata costruita una macchina di propaganda da mille miliardi di dollari per renderti insensibile, ma non ha funzionato su di te.

Se ti senti avvilito perché ti preoccupi dell'ingiustizia, della sofferenza e della distruzione ecologica, prenditi un momento per notare cos'è veramente quell'avvilimento. Non è debolezza. Non è un difetto di personalità. È la prova che sei vivo per il mondo, che sei sveglio in un sistema determinato a renderti insensibile. Per decenni, una macchina propagandistica da mille miliardi di dollari è stata alacremente al lavoro. Aziende, miliardari, gruppi di pressione e imperi mediatici hanno speso somme inimmaginabili per plasmare il nostro modo di pensare e di sentire. Il loro obiettivo non è solo quello di distrarci, ma di far sembrare irragionevole il prendersi cura del mondo e del prossimo. Vogliono farci credere che il cordoglio sia debolezza, la rabbia estremismo e la passione ingenuità. Questo è ciò che significa veramente fabbricare il consenso. Non si tratta solo di quali notizie vengono riportate o insabbiate. Si tratta di addestrare il pubblico a diffidare della propria empatia. Quando qualcuno esprime indignazione per l'ingiustizia, la macchina lavora a pieno ritmo per inquadrarlo come isterico, irrealistico o pericoloso. Quando le persone chiedono un cambiamento sistemico, la risposta è la derisione o campagne diffamatorie. Il messaggio è chiaro: provare sentimenti profondi significa essere sciocchi. Preoccuparsi troppo significa essere una minaccia. Prendete Greta Thunberg. Ha iniziato con uno sciopero scolastico e un messaggio chiaro e innegabile: comportatevi come se la vostra casa fosse in fiamme. Tutto ciò che riguarda la sua presenza è una minaccia diretta al business as usual, perché rifiuta l'insensibilità. E qual è stata la risposta? Derisione globale, insulti sessisti, titoli che deridono la sua neurodivergenza, opinionisti che la definiscono una "catastrofica". Non possono confutare la sua argomentazione, quindi attaccano la sua esistenza. L'obiettivo non è solo mettere a tacere Greta, ma avvertire chiunque la segua: se vi importa così tanto, se parlate con così tanta urgenza, verrete derisi anche voi.


Lo stesso schema è ovunque. Gli attivisti vengono vilipesi come "radicali" o "greenies", la loro legittimità minata da scherni. I manifestanti vengono inquadrati come egoisti agitatori piuttosto che difensori della vita. Le comunità che si oppongono alle miniere o agli oleodotti vengono dipinte come ostacoli al "progresso". La macchina non produce solo dubbi sui fatti, ma anche vergogna per i sentimenti. Empatia, urgenza e solidarietà vengono sistematicamente screditate perché pericolose. Perché? Perché la passione penetra attraverso la propaganda. Una volta che ti permetti di provare dolore per un fiume che muore, rabbia per i politici corrotti o solidarietà con le famiglie sfollate, l'illusione di normalità crolla. Inizi a vedere il sistema per quello che è. E quando un numero sufficiente di persone lo sente insieme, il consenso evapora. Questo è l'incubo dei potenti: un pubblico troppo preoccupato per obbedire. La macchina lavora instancabilmente per impedirlo.  

Le compagnie di combustibili fossili finanziano pubblicità patinate su "zero emissioni nette entro il 2050" mentre aprono nuovi giacimenti petroliferi. I miliardari finanziano think tank che insistono sul fatto che la crescita possa essere "verde". I media distraggono l'attenzione con guerre culturali e gossip sulle celebrità. I ​​governi riformulano le crisi sistemiche come questioni di responsabilità personale, dicendoci di riciclare di più, guidare meno e fare acquisti "eticamente", mentre approvano nuovi progetti enormi che sminuiscono i nostri sforzi individuali. A ogni passo, il punto è lo stesso: isolarci, esaurirci e convincerci che preoccuparci profondamente ci renda strani, estremisti o senza speranza. Eppure, nonostante i trilioni spesi, eccoti qui, a sentirne comunque il peso. Non puoi ignorare cosa vedi. Incendi, inondazioni, sofferenze, genocidi ed estinzioni di massa sono troppo viscerali per essere liquidati come "dibattiti". Il tuo corpo riconosce l'ingiustizia anche quando il ciclo delle notizie la seppellisce. Il tuo dolore, la tua rabbia, la tua pesantezza d'animo... sono la prova che la macchina non ti ha distrutto. Sentire è resistere. Il senso di oppressione non è debolezza, è prova di consapevolezza. Le stesse emozioni che il sistema ci dice di reprimere – rabbia, dolore, speranza – sono quelle che ci permettono di agire. Sono la bussola del cambiamento. Certo, la pesantezza può essere travolgente. Anche questo fa parte della strategia. La macchina ci vuole paralizzati, colpevoli, imbarazzati della nostra disperazione. Vuole farci credere che la passione si esaurisca e il dolore non porti da nessuna parte. Ma la pesantezza non deve necessariamente essere paralisi. Quando è condivisa, diventa solidarietà. Quando è organizzata, diventa movimento. Quando è espressa, diventa cultura. Questo è ciò che il sistema teme di più. Che la nostra preoccupazione si diffonda. Che la nostra passione diventi contagiosa. Che il nostro dolore si trasformi in una richiesta di trasformazione così forte da non poter essere zittita con un accenno di scherno. Guardatevi intorno e vedrete che questo sta già accadendo. Dai difensori delle terre indigene che resistono all'estrattivismo, ai giovani che escono dalle aule, agli scienziati che si incollano alle banche, ai civili che salpano per rompere gli assedi, agli abili comunicatori della controcultura che fanno scoperte, alle comunità che costruiscono mutuo soccorso durante i disastri: ovunque, le persone rifiutano l'intorpidimento. Vengono derise, vilipese e criminalizzate proprio perché minacciano il potere. Eppure persistono. Quindi, quando ti senti pesante, ricorda cosa significa. Significa che sei sveglio in un mondo costruito sul sonnambulismo. Significa che non sei stato addestrato con successo a ignorare la sofferenza. Significa che fai parte di una stirpe di persone la cui passione è vista come pericolosa perché non può essere comprata o sviata. La pesantezza che senti non è un sentimento da cui fuggire, ma un segnale da seguire. Ti dice che non sei stato spezzato dalla macchina. Che puoi ancora vedere, ancora sentire, ancora agire. E questo è l'inizio di tutto. Se una macchina di propaganda da mille miliardi di dollari è stata progettata per renderti insensibile, e tu ti senti ancora sensibile, allora fai già parte della resistenza. 

domenica 24 agosto 2025

lunedì 18 agosto 2025

lunedì 11 agosto 2025

domenica 3 agosto 2025

lunedì 7 luglio 2025

domenica 29 giugno 2025

domenica 15 giugno 2025

lunedì 9 giugno 2025

lunedì 2 giugno 2025

sabato 24 maggio 2025

lunedì 19 maggio 2025

sabato 10 maggio 2025

Il re è nudo

Estratto dalla newsletter di Michele Serra, il quale pone un quesito a parer mio estremamente interessante e che penso valga la pena condividere.

Mi domandavo, la settimana scorsa, se gli attuali “grandi della Terra” ci appaiano mediocri per via della loro eccessiva esposizione mediatica o perché lo sono per davvero. E se anche i “grandi” del passato, qualora avessero avuto a disposizione i social, ci sarebbero sembrati così inclini alla fesseria e alla superficialità. Avete commentato in tanti, questa è una breve sintesi.

“Condivido la sua analisi relativa alla sempre minore autorevolezza dei ‘grandi della Terra’. Ma temo vada allargata anche ai meno grandi, e anche ai piccoli e piccolissimi: ho infatti la sensazione che una ‘persona specchiata, geniale e con un prodigioso intuito per il futuro’ sia difficile da trovare non solo in qualche staterello sperduto, come lei si augura, ma anche in qualche comunello strasperduto. Spero davvero che questa sia solo una visione distorta dall'essere boomer (o meglio vecchio e quindi portato a pensare che si stesse meglio prima). Però mi sento anche in colpa, io e la mia generazione: perché credo che la responsabilità di questo sfascio sia in gran parte nostra, nel non aver saputo creare le condizioni perché non accadesse, e nell'aver lasciato che persone non specchiate, poco intelligenti e senza alcuna visione del futuro prendessero in mano le sorti nostre e dei nostri figli e nipoti”.
Renato Fuchs

“Mi viene un dubbio: non sarà che l'ipertrofico sistema mediatico attuale - oltre a esercitare una pressione che rende statisticamente più probabile dire delle fesserie - favorisce per sua natura la selezione di un personale politico più propenso del passato a dire fesserie, in altre parole concentrato sulla ricerca del consenso purchessia invece che su una azione politica ragionata?”
Francesco (Torino)

“Prima di De Gaulle e De Gasperi ci sono stati Mussolini, Hitler, Stalin, con il loro seguito di popolo festante. Ci sono volute due guerre mondiali con il loro contorno di morte, sacrificio, coraggio, paura, prima che la gente imparasse dai propri errori, capisse l’importanza delle decisioni prese con responsabilità, della serietà delle conseguenze che esse comportano, imparasse a diffidare dei ciarlatani e si affidasse alle persone migliori (anche migliori di se stessi, cosa che oggi nessuno pare più disposto a riconoscere). Ma a lungo andare la memoria svanisce e lentamente riaffiorano i bassi istinti, le persone migliori vengono messe da parte a favore dei massimalisti e dei populisti. Speriamo solo non ci sia bisogno di prendere schiaffi per svegliarci”.
Marco

“Del presente, salvo Sanchez. Non mi pare peggiore di Rajoy e Aznar e tantomeno di Felipe Gonzales o Zapatero. Nonostante tutto, se la cava Macron, al cospetto dell’impalpabile Hollande, dell’impresentabile Sarkozy e pure di Chirac, che non era poi granché. Nel Regno Unito Starmer è un po’ incolore, ma dopo la corrida di tories direi che va anche bene. Re Carlo mi sta simpatico e, almeno personalmente, m’ero pure stancato della Regina, pace all’anima sua. Per il resto - Italia, Germania, USA e compagnia cantante - non c’è niente da fare”.
Fausto ‘85

“Purtroppo sono arrivato a capire che prima dei social media non sapevamo quante cretinate venissero dette per unità di tempo. Adesso lo sappiamo, ed è avvilente. Siamo circondati. E la situazione, grazie ai social media, va solo peggiorando”.
Marco Grigioni

“Accanto all'esposizione mediatica, bisognerebbe considerare l'imporsi di una nuova tendenza: l'eletto vuole e deve essere al pari dell'elettore, come se tanto bastasse a risolvere la crisi di rappresentatività dei partiti. Di Mario Draghi mi mancano l'aplomb, l'andatura, la riservatezza. I giornalisti allora s'appostavano fuori da macellerie, bar e ristoranti; noi leggevamo titoli tipo: Mario Draghi compra la fassona, Mario Draghi a colazione prende il cappuccino con il latte di soia, Mario Draghi mangia gli spaghetti ai ricci di mare. Di lui, con il tempo, abbiamo scoperto che ha un cane, legge i giornali e si fida solo di un dentista di Padova”.
Flavia

“Dopo lunghe riflessioni credo che sia così perché la democrazia ha effettivamente vinto: la democrazia democratizza, e democratizzando permetti l'accesso a più gente... e siccome la casta dei cretini è costante e trasversale, questi possono esondare. Un dito argina un buco nello scafo, per il secondo buco puoi usare un dito dell'altra mano. Ma il terzo buco, se non è in prossimità di un dito, farà affondare la nave... Se una volta anche per fare il Cirino Pomicino dovevi essere un fenomeno, oggi succede che un Antonio Razzi, se animato dalla giusta cattiveria, può diventare presidente degli USA. O dell'Argentina. Trump è un uomo miserevole ma è l'uomo più potente del pianeta, perché è quella poltrona a renderlo tale e non il contrario (almeno nel breve termine). Purtroppo per tutti”.
Stefano

“Rispondo a ‘ci sarà pure qualche staterello guidato da persona specchiata, geniale e con un prodigioso intuito per il futuro. Segnalatelo, per cortesia, sarebbe di grande conforto’. Per me è Barbados, guidato da Mia Mottley che è tra le persone a cui si pensa per il prossimo incarico di segretariə dell'ONU”.
Cristina

“Segnalo la presidente della Namibia e forse il presidente del Congo. Si stanno giustamente adoperando per buttare fuori chi li depreda. Viste le premesse, spero ci riescano”.
Cristina Arduini

domenica 4 maggio 2025

lunedì 28 aprile 2025

lunedì 21 aprile 2025

sabato 12 aprile 2025

Raccomandata con Ricevuta di Ritorno - Il Pittore Volante (2010)

Ultimamente riesco solo a postare gruppi italiani, non che sia necessariamente un male. Chi bazzica il prog anche un minimo sa che esiste un incredibilmente vasto sottobosco di gruppi italiani underground, che si vanno ad affiancare ai mostri sacri P.F.M., Banco e Le Orme. Avrete probabilmente sentito parlare dei Raccomandata con Ricevuta di Ritorno, o Raccomandata Ricevuta Ritorno, o RRR, ensemble formatosi a Roma intorno al 1970. Il gruppo è rinomato per la sua miscela unica di rock sinfonico, jazz e influenze folk, che lo avvicina a band come King Crimson e Jethro Tull. La formazione originale annovera Luciano Regoli, proveniente da Il Ritratto di Dorian Gray, alla voce e alla chitarra acustica, Nanni Civitenga alla chitarra, Stefano Piermaroli alle tastiere, Damaso Grassi, proveniente dai Panna Fredda, a sax e flauto, Manlio Zacchia al basso e Francesco Francica, anch'egli dai Panna Fredda, alla batteria. Il loro debutto dal vivo avvenne al festival pop di Villa Pamphili, in seguito al quale divennero assidui frequentatori del circuito dei festival tra il 1972 e il 1973, fino allo scioglimento dovuto allo scarso interesse per il loro, fin li' unico, album. I Raccomandata Ricevuta Ritorno hanno saputo inserire tematiche di fantascienza post-atomica nella vivace scena del progressive rock italiano degli anni '70, mescolando diversi stili musicali come hard rock, jazz, musica classica e influenze orientali.

Album, intitolato Per... un mondo di cristallo, che uscì nel 1972 e che racconta la storia di un astronauta che torna su una Terra desolata, fondendo rock progressivo con elementi jazz e folk. La band trascorse due anni in isolamento prima della pubblicazione, perfezionando i testi e la musica dell'album. Dopo essersi esibiti in importanti festival tra il 1972 e il 1973, pressioni interne, tra cui l'insistenza della casa discografica per partecipare al Festival di Sanremo, portarono allo scioglimento della band.​
L'album si distingue per l'uso di flauto, sassofono, tastiere e chitarre, e racconta la storia di un astronauta che, tornato sulla Terra, si confronta con un mondo distrutto. Sebbene non raggiungano il livello di band più celebri come Osanna o Il Balletto di Bronzo, a cui chiaramente si ispirano, il loro lavoro è considerato un pezzo fondamentale per ogni collezione di musica progressive. Luciano Regoli cercava di portare un tocco teatrale alle sue performance, ispirandosi a artisti come Arthur Brown e, nonostante la breve carriera, il loro disco rimane un esempio significativo di concept album a tema fantascientifico, con testi scritti dalla poetessa Maria Comin che esplorano la devastazione di un mondo post-apocalittico. Il 1972 è stato un anno d'oro per il progressive rock italiano, con l'uscita di album iconici da parte di molte band; i RRR, pur essendo meno noti, hanno contribuito a questo panorama musicale innovativo. La loro musica, pur con alcune imperfezioni audio e testi che a volte non si allineano perfettamente con il concept, riesce a trasmettere un forte senso di scoramento e riflessione.
Probabilmente l'eccessiva conflittualità tra i musicisti non ha giovato, anche se nel 1972 partecipano al primo Festival di Villa Pamphili, al Festival Pop di Palermo, nonché al Piper di Roma, facendo anche da gruppo di supporto nei live italiani dei Gentle Giant. Queste prestazioni e le buone esibizioni dal vivo portano la Fonit Cetra a proporre ai RRR una partecipazione al Festival di Sanremo del 1973, ma a questo punto le divergenze tra chi cercava sonorità più rivolte al jazz e tra chi sperava in un maggiore approccio popolare esplodono e il progetto fallisce. L'eccessiva rivalità e i continui litigi tra i musicisti, probabilmente ancora troppo giovani e immaturi per gestire un'improvvisa notorietà, sono stati il vero problema dei RRR. Nonostante le difficoltà, il loro album di debutto continua a essere apprezzato come un'opera unica e significativa nel panorama musicale italiano.
A questo punto, nel 1974, Regoli e Civitenga formano la band Samadhi e Francica si unisce ai Procession, mentre gli altri non si sa che fine abbiano fatto, probabilmente si sono ritirati dalle scene. In seguito Civitenga suona anche con la band hard rock Crystals, che includeva membri del Banco del Mutuo Soccorso, degli Area e degli Alphataurus, mentre Regoli intraprende una fortunata carriera di pittore.
Nel 2010 la band si riunisce e pubblica Il Pittore Volante. Questo album vede la partecipazione di Regoli e Civitenga, affiancati da Roberto Gardin al basso, che si era unito al gruppo poco prima dello scioglimento nel 1974, e da Walter Martino alla batteria, che aveva suonato con Goblin, Libra e Il Ritratto di Dorian Gray. Inoltre vi e' anche il contributo di ospiti d'eccezione, quali Claudio Simonetti dai Goblin (il quale conosceva Regoli e gli altri essendo stato membro de Il Ritratto di Dorian Gray, band incubatrice di talenti a quanto pare), Lino Vairetti dagli Osanna, Nicola Di Staso dai Libra e Carl Verheyen dai Supertramp.​
Il loro terzo ed ultimo lavoro risale al 2019 con l'album In Rock, al quale partecipa anche John Macaluso come membro ufficiale, con solo tre tracce inedite, una cover di Mr. Crowley di Ozzy Osbourne, e vecchie canzoni remiscelate e rimodernizzate.
Per gli amanti del prog italiano, uno dei momenti più memorabili del 2010 è stato senza dubbio la reunion dei Raccomandata con Ricevuta di Ritorno. Il Pittore Volante è un album straordinario e sembra destinato a diventare uno dei miei preferiti. Pur richiamando i giorni d’oro dei RRR, l’album si mantiene attuale con una fusione eccezionale di prog sinfonico, heavy rock, blues, folk e jazz. Le performance sono di altissimo livello e la voce di Regoli è semplicemente perfetta. Si tratta di un'opera che nasce principalmente dall'estro di Luciano Regoli, il quale ha composto sia la musica che i testi. Questo lavoro è concepito come un concept album, ispirato a un libro con lo stesso titolo che Regoli ha scritto e pubblicato qualche anno prima in memoria del suo caro amico Iginio Gonni, un pittore scomparso nel 2003. La trama ruota attorno a un anziano pittore che, volando, osserva la sua vita dall'alto. Nel libretto dell'album, oltre ai testi, si possono trovare anche le illustrazioni di ogni brano, tutte realizzate dallo stesso Regoli. Per quanto riguarda la musica, il sound non si limita agli anni Settanta, ma incorpora anche influenze metal, negli anni novanta infatti Regoli ha fatto parte della band prog metal DGM.
Il brano di apertura, "Il Cambiamento", è un rocker dal grande ritmo che inizia con un groove alla Led Zeppelin, per poi esplodere con i ritmi di batteria di Walter Martino; esplora una metamorfosi spirituale, iniziando con un'atmosfera mistica che poi si trasforma in riff di chitarra e armonica incisivi. "Il Vecchio" ha un inizio più sobrio, con un pianoforte jazz e un violino che creano un’atmosfera malinconica. "Il Fuoco" è una ballata incantevole, arricchita da chitarra acustica e splendide armonie vocali femminili grazie a Cristina Cioni, creando un'atmosfera notturna e suggestiva, dove il fuoco diventa metafora delle paure di fronte a eventi naturali imminenti. "Eagle Mountain" inizia con una chitarra classica e si trasforma in una canzone rock, con un assolo di chitarra elettrica di Nanni Civitenga che è davvero da brividi. La traccia cambia direzione a metà, tornando a un’atmosfera malinconica con un altro assolo che ricorda David Gilmour. Continuando su questa scia, "La Mente" si distingue per un ottimo assolo di sassofono e, a differenza di "Eagle Mountain", accelera a metà brano con un potente accompagnamento di basso e batteria; presenta un'atmosfera cupa e nervosa, immergendo l'ascoltatore in una sorta di follia, con immagini inquietanti. "L’Uomo Nuovo" ha un’impronta più sinfonica, con un lavoro strumentale che include tastiere e flauto, evocando atmosfere alla Jethro Tull; brano ben strutturato, arrangiato da Claudio Simonetti, che evoca la paura che un uomo deve affrontare per raggiungere la conoscenza. Un aspetto notevole dell’album è la qualità delle melodie, sempre sublimi e di alto livello. "Le Anime" ha un’atmosfera blues, ma riserva alcune sorprese, con un ritmo lento e inquietante, che descrive un paesaggio notturno sull'Isola d'Elba, dove il protagonista rivede ombre del passato. "Raoul" è un brano inaspettato, con un riff di chitarra che ricorda gli ZZ Top, e presenta un cambio di tempo con un altro eccellente lavoro di chitarra; traccia che combina sapientemente hard rock e progressive italiano. "La Spiaggia" chiude l’album con eleganza e misura, e' una breve e affascinante ballata che narra di un incontro su una spiaggia solitaria, con un mare minaccioso.
Molte band si riformano per motivi discutibili, ma poche riescono a fare un ritorno così trionfale come gli RRR, quindi non posso che raccomandare vivamente Il Pittore Volante. Questo album è un ascolto imprescindibile per i fan del rock progressivo italiano e lo consiglio a chiunque ami la musica di qualità.

lunedì 7 aprile 2025

domenica 30 marzo 2025

domenica 23 marzo 2025

domenica 16 marzo 2025

lunedì 10 marzo 2025

sabato 1 marzo 2025

domenica 23 febbraio 2025

lunedì 17 febbraio 2025

domenica 9 febbraio 2025

Old Rock City Orchestra - Back To Earth (2015)

Back To Earth è il secondo album degli Old Rock City Orchestra, gruppo di Orvieto autore di quattro album in totale con l'ultimo pubblicato nel 2023, fondato da Cinzia Catalucci e Raffaele Spanetta, rispettivamente tastiere e voce la prima e chitarra e voce il secondo, due quarti del gruppo che si completa con la sezione ritmica formata da Giacomo Cocchiara al basso e Mike Capriolo alla batteria.
Attivi dal 2009 hanno rilasciato il primo lavoro nel 2012, Once Upon A Time, che trovo' buoni riscontri su diversi magazine nel settore del prog rock e li ha portati in tour in diversi paesi d’Europa: dall’Inghilterra alla Francia, e poi Belgio, Olanda e Bulgaria; questo non fa altro che amalgamare ancora di più i componenti che con l’esperienza acquisita si chiudono in studio per comporre e registrare questo Back To Earth. Ma innanzitutto veniamo all’impatto visivo, quello del packaging, il disco si presenta con una copertina che sicuramente attira l'attenzione, con i suoi colori: il pavimento a scacchiera è un classico, un ambiente decadente dove l’uomo è costretto a muoversi come una pedina, una metafora che parte con l’individuo ed il suo viaggio nei meandri della mente, per lasciarsi alle spalle la scacchiera solo quando raggiunge il cancello dell’uscita, dove in alto domina la scritta "Back To Earth".

Questo nuovo lavoro è un viaggio introspettivo, al contempo reale e surreale, alla scoperta del proprio io originario e del Mondo-Natura del quale l’individuo è parte e non dominatore, e nel quale vive spesso inconsapevolmente. Tale viaggio è reso concreto dalla narrazione della storia di un personaggio senza nome il quale, dopo aver smarrito se stesso, intraprende un percorso volto alla riscoperta di sé e del mondo che lo circonda. In questo percorso il protagonista è idealmente una pedina costretta a muoversi passivamente su di una scacchiera, rappresentazione della gabbia desolante in cui vive. Col trascorrere del tempo (e dei brani) l’uomo vede crescere la propria consapevolezza, la propria forza interiore, riscoprendo il proprio io e il contatto col mondo esterno, sino a superare il "mondo a scacchi" e varcare il cancello che lo riporta verso la terra (Back to Earth), entrando in una sorta di limbo dal quale può vedere il suo pianeta ritrovato, la Terra, senza poterlo raggiungere. Da qui inizierà il suo nuovo viaggio.
Fortemente influenzati dal periodo settantiano, con numerosi spunti che vanno dall’hard rock alla psichedelia di fine anni sessanta e qualche accenno al blues, ci fanno compiere un passo indietro nel tempo, presi per mano dalla voce personale della cantante e da un sound che fa di tutto per piacere anche a chi non è proprio un fan accanito del genere. Lo stile complessivo attinge a quello che oggi viene chiamato classic rock, tutti i brani sono suonati con entusiasmo e vitalità, sono cosparsi di un tocco di psichedelia e melodia orecchiabile e potrebbero ricordare gruppi come Jefferson Airplane, Affinity o Circus 2000 senza suonare fuori moda. Vintage, ma con le idee ben chiare, il gruppo di Orvieto evita lunghe suite, ma soprattutto non si specchia nel tecnicismo fine a se stesso di molti gruppi di genere, puntando tutto sul feeling e confezionando piccoli gioielli di musica freak, dove la parte emozionale fatta di passaggi raffinati ha la sua importanza.
Album di poco inferiore ai quaranta minuti, Back To Earth si compone di dieci tracce che vanno al sodo: gli Old Rock City Orchestra sono eleganti nell’amalgamare rock, psichedelia e hard blues, regalando momenti sognanti ed ottimi cambi d’atmosfera, passando agevolmente tra i vari generi con padronanza del songwriting ed ottima personalità. La title track, posta in chiusura, è il brano più progressivo in senso stretto, trattandosi di una piccola suite dove partiture jazzate e rhythm and blues fanno da prologo ad una lunga parte atmosferica, cantata con pathos dalla raffinata voce della Catalucci. Il resto dell’album si sviluppa in modo originale e vario, tra psichedelia alla Bolan di fine anni sessanta, rock energico dal sapore zeppeliniano, rimandi ai Beatles più acidi di fine carriera e accenni al prog rock settantiano. Tra i brani di maggior spicco, l’opener When you pick an apple from the tree, dai ritmi doorsiani, l’hard rock spigoloso di Mr Shadow, e la divertente Lady Viper, oltre alla già citata title track, sono esempi della varietà di atmosfere di questo ottimo album, che tiene botta in tutta la sua durata.
L'opener When You Pick Up An Apple From The Tree, raffinata e carezzevole, è un bel pezzo dove la bella voce di Cinzia Catalucci ti porta in alto in un volo leggero attraverso un cielo stellato. Intanto, la oscillante chitarra di Spanetta e le disciplinate ritmiche di Cocchiara e Capriolo ci intrattengono coccolandoci con un morbido loop. E a metà brano il tocco bacaloviano dell’ospite Laurence Cocchiara al violino aggiunge ulteriore qualità alla composizione. È collegato alla successiva Feelin' Alive, dove l'atmosfera si fa più cupa e dove la musica e le parole descrivono una ragazza che ha perso la sua anima in una notte di pioggia e ora è sopraffatta dal dolore e dalla disperazione; brano che mostra il lato più audace della band con un tema vintage che potrebbe stare anche nella discografia degli Atomic Rooster o dei Black Widow, tanto per fare due nomi. Feelin’ Alive è il brano che riassume i vissuti dell’intero racconto, è il vero preambolo che descrive il ricordo del viaggio del protagonista, il percorso mentale che lo porterà alla riscoperta della vita. Lineare, pulita e senza fronzoli. È il dialogo voce-chitarra a tenere le redini del brano, mentre batteria e basso fungono da semplici accompagnatori, con la stessa Catalucci che interviene episodicamente con le sue tastiere. Le successive Rain On A Sunny Day e Mr. Shadow sono due tracce piene di energia oscura in cui la musica e i testi evocano ombre mortali che incombono all'orizzonte. Rain On A Sunny Day e' un breve brano molto intrigante. L’alternanza di segmenti magnetici e misteriosi con altri rapidi, acidi e pienamente sixties/seventies (un po’ alla Balletto di Bronzo di Sirio 2222) è una scelta vincente e convincente. Mr Shadow presenta una ritmica ed un riff tagliente e coinvolgente che si alternano a frangenti più soffici, capitanati dal suono caldo del basso di Giacomo. Continua la pista acida e retrò grazie al lungo virtuosismo di Raffaele Spanetta (forte l’assonanza col tocco di Bambi Fossati) e al clima che sa di Garybaldi con voce femminile graffiante e in simbiosi col collega. Porta alla dolceamara Melissa, una delicata canzone acustica ispirata all'attentato alla scuola di Brindisi del 2012, quando tre bombole di gas nascoste in un cassonetto della spazzatura sono esplose di fronte al liceo Morvillo Falcone, uccidendo Melissa Bassi, una ragazza di 16 anni, e ferendo altri cinque studenti. Canzone che ribadisce il clima di totale disorientamento e non-senso nel quale vive ormai il protagonista. Il canto struggente di Spanetta emerge tra il suo delicato arpeggio e i tappeti incorporei della Catalucci, struttura e pathos ricordano i brani più intensi di Beatles o New Trolls. A interrompere la poesia per qualche attimo ci pensa uno stacco rapido e spigoloso, un po’ alla Banco.

Canzoni brevi, dirette, senza inutili orpelli, per evidenziare le giuste melodie ed idee che si susseguono alacremente senza mai annoiare l’ascoltatore. Lady Viper è la donna vipera, perché in grado di avvelenare e stordire la moralità dell’essere umano. La canzone è incentrata sul rapporto tra il tentare e l’essere tentati. Cedere o meno alla tentazione? Rinunciare anche solo per un instante alla moralità o preservare l’assoluto rigore? E se fosse necessaria una  mediazione tra i due estremi? È proprio nel gioco diabolico della tentazione che forse risiede il segreto della stabilità dinamica. Ancora un tuffo a cavallo tra ’60 e ’70, le vispe ritmiche di Cocchiara e Capriolo supportano i gradevoli giochi di chitarra e tastiere e il doppio canto del duo Catalucci/Spanetta, dipingendo un quadro che si muove tra Procol Harum, The Who e The Velvet Underground. Porta alla suggestiva My Love, che descrive in musica e parole un bisogno irresistibile, l'impulso di unirsi a qualcuno. Questa ballad southern rock alla Lynyrd Skynyrd è affidata alla voce di Spanetta. Belle le prove di chitarra e piano (che si tiene nelle retrovie) i quali costruiscono un interessante ordito. Batteria e basso come sempre precisi. L’ultimo minuto si tinge di stimolante psichedelia. Tonight, Tomorrow And Forever parla della relatività del tempo e dei sentimenti e qui la musica e i testi ti invitano a cogliere l'attimo, liberando la mente e lasciandoti alle spalle paure e tristezza. Energica e ondeggiante col suo flusso sonoro compatto e articolato: quattro strumenti, un’unica strada hard. E sui suoni vintage di chitarra e tastiera, e i vibranti batteria e basso, si fa strada l’ispirata voce di Cinzia. Poi arriva la sognante e riflessiva Why Life che in qualche modo fonde speranza e rimpianto, sogni e consapevolezza dei limiti che la vita reale può tracciare intorno a te. Brano sognante ed avvolgente, giocato soprattutto sull’intenso intreccio vocale creato da Catalucci e Spanetta, su cui s’incastra alla perfezione l’arpeggio, vagamente alla Diaframma, sempre di Spanetta, le tastiere diluite della stessa Catalucci e le ritmiche sussurrate della coppia Cocchiara-Capriolo. La lunga traccia finale, Back To Earth, conclude l'album con un'atmosfera malinconica e una passeggiata eterea lungo il viale dei ricordi. La consapevolezza di una necessaria complementarietà tra passione e ragione per una buona riuscita del percorso e l’importanza del contesto naturale e sociale, il mondo circostante originario che da sempre ospita l’uomo e la sua esistenza, sono le due conquiste che trascinano fuori dall’oblio il protagonista del ritorno alla Terra. E così, abbandonato il suo status di alieno e riconquistato sé stesso, l’uomo senza tratti è pronto a far ritorno sul quel pianeta che rappresenta il mondo della vita. Dopo un breve avvio che odora di jazz-funk, ecco riemergere la vena acida e datata degli Old Rock City Orchestra, arricchita dal solo alla B.B.King di Spanetta. Il tutto è funzionale all’ingresso sulla scena della Catalucci e il suo doppio tocco (voce-tastiera): molto suggestivo questo lungo frammento in cui una voce alla Bjork incontra un tappeto dalle tinte space.
Nel complesso, un buon album in bianco e nero giocato sul filo della nostalgia ma con uno sguardo attento al presente. Ottimo lavoro non solo per gli amanti del prog rock, ma per tutti i rocker dal palato fino. Gli Old Rock City Orchestra arrivano volentieri dritti al punto evitando inutili orpelli, mixando sapientemente suoni e parole, creando paesaggi sonori che denotano una cultura musicale di tutto rispetto.