Dalla soleggiata costa di Alicante, in Spagna, arriva uno dei debutti più rinfrescanti e coraggiosi del recente progressive rock. I Vientos Moderados del Este, ovvero "Venti moderati dell'Est", si sono formati nel 2022 quando tre amici di lunga data hanno deciso di fondere due decenni di esperienza in un progetto libero da confini stilistici. Il loro primo album, Un Manual de Signos y Síntomas, pubblicato nel luglio 2024, è sia un manifesto musicale che un'esplorazione psicologica: un viaggio attraverso il rimorso, la trasformazione e le contraddizioni umane.
Il trio è composto da Pablo Mateo alle chitarre, al basso, alla voce e alla produzione; César Espí alla batteria, alle tastiere, alla voce e ai testi; e Paco Esclapés alle chitarre, al basso e alla voce. Ogni membro porta con sé un background e una filosofia distinti, e la loro interazione è il fulcro dell'identità dell'album. Sebbene il formato sia quello di un classico power trio, il loro sound risulta vasto e multidimensionale, grazie all'attenta stratificazione degli strumenti e all'intensità emotiva delle loro performance.Prima di formare i Vientos Moderados del Este, Pablo e César avevano trascorso un decennio insieme nella power-pop band Madre Máquina, pubblicando cinque dischi di rock melodico e chitarristico. Paco, invece, proveniva da un mondo radicalmente diverso: il thrash metal. Gli anni con i Nebulosis avevano affinato il suo senso di aggressività, consistenza e audacia armonica. Quando entrambe le band si sciolsero, i tre si ritrovarono a cercare qualcosa che andasse oltre il genere: una sintesi di tutto ciò che avevano imparato, una tela abbastanza ampia da accogliere ogni impulso.
Iniziarono collaborando con altri artisti, assorbendo nuovi linguaggi musicali dal jazz, all'elettronica, all'ambient, fino al blues e all'hard rock. Le sessioni di prova divennero una sorta di laboratorio aperto, un processo di disimparare formule e accogliere curiosità ed innovazione. Nel 2022, questi esperimenti si erano cristallizzati in una nuova entità: Vientos Moderados del Este. Il nome stesso evoca movimento e imprevedibilità: venti che cambiano direzione ma rimangono costanti nella loro forza.
Il trio ha registrato Un Manual de Signos y Síntomas nel proprio studio privato, concedendosi totale libertà. Senza scadenze esterne o interferenze da parte delle etichette, hanno raffinato e rimodellato il materiale fino a farlo corrispondere alla loro visione: un album di rock progressivo non vincolato dalla nostalgia, ma alimentato dall'esplorazione. Il risultato è una raccolta di sette brani per un totale di poco più di cinquantatré minuti.
Concettualmente, il disco ruota attorno all'idea del rimpianto: i "segni e sintomi" della fragilità umana. Ogni traccia ritrae personaggi intrappolati tra intenzione e conseguenza, che agiscono seguendo impulsi di cui potrebbero poi lamentarsi. Dal punto di vista dei testi, il tono è intellettuale, cupamente umoristico e a tratti surreale. Musicalmente, rispecchia quella tensione: momenti di introspezione lasciano il posto a improvvise esplosioni di caotica bellezza, e melodie raffinate coesistono con passaggi dissonanti di cruda sperimentazione.
Il brano di apertura, "La Familia", dà il tono con battiti di mani percussivi che ricordano le tradizioni del flamenco, fusi con i cambiamenti angolari del rock progressivo. C'è un distinto calore mediterraneo sotto il caos controllato, e la batteria di César – precisa ma giocosa – ancora i ritmi in continuo cambiamento. Il brano si sviluppa da un riff serrato e sincopato a una jam tentacolare che appare al tempo stesso strutturata e spontanea, una perfetta dichiarazione d'intenti per l'album.
Segue "No Habrá Paz Para los Vencidos" ("Non ci sarà pace per gli sconfitti") che si tuffa in territori più oscuri. Inizia con un'esplosione di funk dissonante, si trasforma in qualcosa di quasi surfistico e infine esplode in un groove denso, ispirato ai Sabbath. L'imprevedibilità del brano rispecchia il tumulto interiore del suo tema, la sua struttura frammentata incarna proprio il disagio che descrive. Il tormentato assolo di chitarra nella sezione centrale è particolarmente sorprendente: in parte lamento, in parte sfida.
La strumentale "Proxémica. Partes 1–3" è una lezione magistrale di chimica. Ogni membro ascolta e reagisce con precisione, creando un dialogo sonoro che passa dal jazz-fusion più fluido al surf-rock psichedelico e viceversa. Il timbro di chitarra di Pablo è ipnotizzante: pulito un momento, distorto quello successivo, e la sezione ritmica si muove con moderazione e sicurezza. È un brano avventuroso che dimostra che il trio non ha bisogno della voce per comunicare complessità o emozione.
Con "El Discurso de Despedida", l'atmosfera si addolcisce. Costruita attorno al pianoforte e a strati armonici, è forse il brano più accessibile dell'album: un brano agrodolce che flirta con la sensibilità pop senza sacrificare la profondità. L'istinto melodico della band brilla qui, fondendo un sottile umorismo con una malinconia nostalgica. È facile immaginarlo come il singolo dell'album, eppure la sua raffinatezza compositiva fa sì che non risulti mai semplicistico.
Segue il brano dal titolo meraviglioso "La tarde en que Nietzsche pegó a Platón con el Mechero de Jim Morrison" ("Il pomeriggio Nietzsche colpì Platone con l'accendino di Jim Morrison"). Se il titolo da solo non cattura la vostra attenzione, la surreale combinazione di power pop, prog e satira filosofica del brano lo farà sicuramente. Giocoso e consapevole, è un'esplosione di energia che nasconde una profondità autentica sotto il suo fascino eccentrico, a metà strada tra l'arguzia di Todd Rundgren e le spigolosità dei King Crimson.
"Te Hace Falta un Escarmiento. Partes 1–2" prosegue lo spirito sperimentale del disco, combinando le texture new wave degli anni '80 con le dinamiche dell'alternative rock degli anni '90 e una sensibilità prog-rock decisamente moderna. Il brano attraversa fasi emotive: rabbia, ironia, riflessione, liberazione. La musicalità è abbagliante ma mai ostentata; ogni tocco è al servizio del flusso narrativo, rafforzando l'impegno della band per l'onestà espressiva.
La traccia conclusiva, "Vasilisa y la Bruja", è il fulcro dell'album. Con una durata di oltre sedici minuti, si dipana come un cortometraggio. Ispirata alla fiaba popolare russa Vasilisa la Bella, la canzone attraversa serenità acustica, psichedelia oscura, jazz-rock improvvisato e grandiosità corale. È qui che si rivela l'intera gamma di emozioni e abilità tecnica dei Vientos Moderados del Este. L'assolo di chitarra di Mateo, che si sviluppa a spirale in un'emozione sostenuta, è uno dei momenti più memorabili del prog recente.
Nel suo complesso, Un Manual de Signos y Síntomas sembra un dialogo tra il passato e il futuro della band. Ci sono echi dei loro progetti precedenti – la disciplina melodica del power pop, l'intensità del metal – ma questi vengono rifratti attraverso un prisma di sperimentazione. La storia condivisa del trio conferisce loro la fiducia necessaria per correre rischi, cambiare genere a metà canzone, trovare coerenza in un caos apparente.
Stilisticamente, il disco strizza l'occhio a giganti come King Crimson, Caravan, Supertramp e Pink Floyd, senza mai cadere nell'imitazione. Al contrario, i Vientos Moderados del Este tracciano la propria strada: un'interpretazione spiccatamente spagnola del prog, che abbraccia sia le radici culturali che la curiosità cosmopolita. L'uso della lingua spagnola in tutto il disco aggiunge un ulteriore strato di autenticità, radicando le loro avventure cosmiche in un'identità tangibile. Anche nei momenti più densi, l'album non perde mai la concentrazione. Ogni traccia ha una sua logica interna, un suo arco emotivo.
Come debutto, Un Manual de Signos y Síntomas colloca già i Vientos Moderados del Este tra i gruppi emergenti più promettenti della scena progressive europea. È un album che premia ascolti ripetuti, rivelando nuovi dettagli a ogni ascolto: un riff qui, un testo lì, una svolta ritmica precedentemente inosservata. È complesso ma mai freddo, intelligente ma comunque guidato dal sentimento. In definitiva, questo disco è una celebrazione della libertà artistica. In un'epoca satura di prevedibilità algoritmica, i Vientos Moderados del Este ci ricordano che la vera creatività risiede nel rischio, nel rifiutarsi di giocare sul sicuro, nel fidarsi dell'istinto più che delle convenzioni. Un Manual de Signos y Síntomas non è solo un debutto: è una dichiarazione d'intenti, una dichiarazione sonora che questi musicisti sono qui per esplorare, mettere in discussione e ispirare.
Con un secondo album più ambizioso già in preparazione, i venti di Alicante non mostrano segni di calma. Per ora, però, questo debutto si erge come un trionfo di immaginazione e maestria: un album che dimostra che il rock progressivo può ancora sorprendere, provocare e, soprattutto, emozionare.



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