venerdì 7 marzo 2008

Yes - Close to the edge (1972)


Yes, King Crimson e Genesis sono i tre gruppi più famosi e importanti nella storia del progressive: approcci stilistici totalmente diversi, carriere e fortune divergenti. Gli Yes riescono a costruire un proprio sound, un proprio stile ben definito e inconfondibile, come gli altri due gruppi d'altronde: il loro è un prog solare, luminoso, non esistono momenti tristi o malinconici, anche le ballate per sola chitarra risultano canzoncine allegre e gradevoli, ogni nota è lustrata fino all'abbaglio, la musica è imponente e ariosa. Dei tre sono il gruppo che apprezzo meno, infatti recensirò un solo album, cioè Close to the edge del 1972. E' il miglior periodo per gli Yes, vengono da due ottimi album che ne stanno delineando lo stile unico, la formazione è al top, dispone di cinque elementi validissimi, fin troppo validi, infatti questo insieme di forti personalità porterà ad un imminente cambio di formazione. Ma andiamo con ordine. La line-up è la seguente: Jon Anderson, il cantante, e Chris Squire, il bassista, sono i fondatori del gruppo, dai Tomorrow arriva Steve Howe, chitarrista di gran talento, dagli Strawbs arriva Rick Wakeman, l'unico tastierista a reggere il confronto con Keith Emerson, mentre il batterista è Bill Bruford, che dopo questo album passerà nelle file dei King Crimson. Tale spiegamento di forze produce risultati di una qualità elevatissima. L'album è composto da tre pezzi, la lunga suite che dà titolo al lavoro e che occupa tutta la prima facciata, e due canzoni lunghe che occupano la seconda. La prima canzone è Close to the edge, 18 minuti di atmosfere bucoliche ed eteree all'inizio, jazzate e sinfoniche poi, neoclassiche e gotiche sempre, un brano in cui ci si perde all'istante. La seconda è And you and i, costruita su arpeggi di chitarra semplicemente celestiali, molto elegante. Infine vi è Siberian Khatru, traccia quasi pop, gradevolissima. Bill Bruford mette in mostra in questo album tutto il suo gusto melodico, uno dei pochi batteristi in grado di combinare tecnica e melodia in maniera quasi impercettibile; di fianco a lui Chris Squire si distingue per la sua tecnica unica, le pulsazioni del suo basso si slegano e si legano con la batteria a suo piacimento, senza perdere mai in potenza e precisione; Steve Howe colora ogni nota con un gusto personalissimo, fra la psichedelia e il pop; Rick Wakeman strapadroneggia le sue tastiere, cambiando timbri e velocità come se nulla fosse, e l'assolo su Close to the edge è devastante; infine Jon Anderson canta in una maniera pulitissima e gradevolissima, raggiungendo note stratosferiche. Ogni frazione di questo disco potrebbe fornire spunti per altri dieci dischi, tanto le idee sono concentrate e originali, mai ridondanti. I testi, creati da Jon, parlano di mondi lontani e bislacchi, e ben si adattano con l'incedere del ritmo. La copertina è ancora di Roger Dean, il disegnatore di quasi tutte le copertine degli Yes e di altri gruppi, disegnatore visionario e surreale. E' il momento di massima creatività per gli Yes, mai più saranno raggiunti tali livelli, e il declino di questo gruppo comincerà presto, purtroppo.

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