martedì 12 novembre 2013

Diagonal - The Second Mechanism (2012)

I Diagonal sono una band di Brighton e questo e' il loro secondo album. Stupisce di questi ragazzi la giovanissima eta', infatti il loro debutto e' stato pubblicato quando non erano ancora ventenni e questo secondo album, gia' parecchio maturo, arriva quando nessuno ha ancora superato il quarto di secolo. E ad ascoltare la loro musica sembra che di esperienza ne abbiano a pacchi, tante sono le influenze che riescono a combinare in uno stile che risulta alla fine parecchio originale. King Crimson e Van Der Graaf Generator di sicuro, e tutto quel lato piu' dark del progressive, unito al jazz e ad una componente elettronica dal piglio moderno, che sfocia in territori proto-dance. Passato piu' presente quindi, strumenti classici e sintetizzatori, volti a creare un suono che non prevede strumenti conduttori, quanto piuttosto punta ad un amalgama corposo e denso. A questo proposito vorrei aprire una parentesi: qualche settimane fa ero in un pub e c'era una band che stava per suonare: bassista, batterista, violinista ed un tizio che si alternava fra chitarra e tastiere, niente voce. Quando cominciano sono piacevomente sorpreso dalla loro proposta, uno Zehul tirato ed aggressivo, con violino, chitarra e tastiere a dirigere e sezione ritmica a creare un muro di suono sottostante. Uno spettacolo. A fine concerto ci ho fatto amicizia e sono anche andato a vederli registrare il primo singolo. Si chiamano Jorge Arana Trio, sono di Kansas City e hanno fra i 20 ed i 30 anni. La loro eta' e' cio' che piu' mi ha colpito di loro, ed il fatto che nessuno di loro faccia il musicista di professione, sono d'altronde ben consapevoli di non avere nessun appeal commerciale. Loro suonano per il piacere di suonare, suonano la musica che piu' gradiscono e poco importa se pochi riescono ad apprezzare. E sono pieni di talento nonche' impeccabili esecutori mostri di tecnica, che potrebbero davvero campare di musica volendo. Questa dedizione, questa fede incondizionata in un genere che gode di tanti estimatori ma zero successo commerciale e' a dir poco commovente. E mi immagino i Diagonal esattamente nella stessa situazione. Tornando ai nostri musicisti inglesi, la band comincia in 7 nel 2008 e da' alle stampe l'omonimo esordio nello stesso anno, ancora un po' troppo ancorato a certa psichedelia di fine '60. La riduzione di due elementi dell'organico causa una maggiore attenzione rivolta alla melodia, che scaturisce da atmosfere ora piu' oscure, grazie al lavoro dei sintetizzatori, dei fiati e della chitarra, mentre il basso detta solitamente il ritmo con loop spesso spettacolari ed ispirati, la batteria difficilmente si lascia andare ma quando lo fa il ritmo che ne esce e' irresistibile. I Diagonal sono Luke Foster a batteria, percussioni e piano, Ross Hossack al synth ed harmonium, Nicholas Richards al basso, al mellotron ed al synth, Nicholas Whittaker, cantante, suona anche sax e clarinetto, infine David Wileman e' il chitarrista. Voyage/Paralisis, che apre il disco, comincia subito con l'amalgama di cui si e' parlato, una marmellata di bassi pulsanti, sintetizzatori gracchianti, chitarre spacey e fiati a reggere il gioco. Ritmo sostenuto, atmosfera oscura e tesa, vari cambiamenti di ritmo assecondati da ottimi spunti, una prima traccia che spiazza immediatamente. These Yellow Sands comincia piu' tranquilla, piu' atmosferica, ma vira rapidamente verso suoni piu' abrasivi ed aggressivi, con una chitarra incandescente e fiati imbizzarriti principali protagonisti. Brano cangiante che non cala di tono neanche per un secondo. Mitochondria comincia che piu' cupa e minacciosa non si puo', si sente che qualcosa di terribile incombe, e infatti batteria e basso presto incalzano con un groove da capogiro, ma non c'e' tempo per riprendere fiato perche' il brano cambia nuovamente e comincia ad attorcigliarsi su se stesso. Solo ascoltandolo si puo' capire, anche perche' la traccia e' tutt'altro che finita, l'alternanza di groove irresistibili, uno piu' bello dell'altro, e' disarmante. Si arriva cosi' ad Hulks, il brano piu' lungo e probabilmente anche il piu' bello. Descriverlo sarebbe inutile, troppo sfaccettato e vario per poter essere ridotto in parole. Capsizing continua con atmosfere tetre e spaziali inizialmente, ma ben presto diventa quasi danzereccia, continua a svilupparsi per tutta la sua lunghezza fino a riproporre uno dei temi portanti per il finale della canzone e del disco. Questi ragazzi hanno talento da vendere, la loro proposta e' sincera, il loro sound originale e concreto. Il prog e' piu' che mai vivo nei cuori dei suoi fan.

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