domenica 3 marzo 2024

Nemrud - Ritual (2013)

Fondati ad Istanbul nel 2008 dal chitarrista e cantante Mert Göçay, dal batterista Harun Sönmez e dal bassista Aycan Sarı, i Nemrud hanno raggiunto una formazione stabile con l'ingresso del batterista Mert Alkaya e del tastierista Mert Topel (ma si chiamano tutti Mert?) nel 2010, anche se poi Levent Candaş sostituira' Sarı nel 2015. La band ha pubblicato i primi due album Journey of the Shaman (2010) e Ritual (2013) grazie alla francese Musea Records e alla fine del 2015 ha pubblicato l'album Nemrud con la turca Rainbow45 Records, finora loro ultimo lavoro.

Il gruppo prende il nome dal monte Nemrut, montagna alta 2150 metri che si trova nella Turchia sud-orientale, conosciuta per la tomba-santuario costruita nel 62 a.C. dal re Antioco sulla cima della montagna, che domina la valle dell'Eufrate, luogo sacro considerato per secoli punto di intersezione tra Oriente e Occidente.
I Nemrud vanno oltre lo standard rock turco e le canzoni popolari turche, sorpassando i limiti tecnici e compositivi della musica rock tradizionale turca, inoltre nelle loro composizioni sono presenti componenti classiche, jazz e d'avanguardia. La loro musica mostra le caratteristiche generali del prog come melodie e ritmi mutevoli, refrain e pause, testi concettuali e astratti. L'ammirazione della band per l'epoca d'oro del rock progressivo si riflette nelle storie epiche raccontate nei loro album, con reminiscenze di Eloy, Pink Floyd, Yes, Camel e altre band con tendenze psichedeliche e sinfoniche. In questo lavoro l'influenza degli Eloy e' palpabile: stesso tono di voce, stessa atmosfera calda, organo e sintetizzatori spaziali mentre il compito di creare il groove e' soprattutto affidato alla chitarra, per uno stile quasi kraut.
Quella in questione e' la loro seconda uscita e la maggior parte della critica la ritiene un passo avanti rispetto al debutto Journey Of The Shaman; si tratta di tre tracce lunghe e di una breve che mantengono la durata complessiva sotto i 40 minuti, decisamente più cupo e malinconico rispetto all'album precedente. Le scene drammatiche sono ben rese lungo tutto il disco, vi e' un ottimo lavoro ritmico, belle progressioni armoniche guidate dalla chitarra e un'ottima solidità compositiva, elementi che fanno di Ritual un classico del progressive. I Nemrud padroneggiano l'arte di raccontare storie con la musica, con testi più vicini alla poesia che alla prosa.
L'album Ritual è etichettato come psichedelico/space rock, eppure l'influenza neo-prog e' presente: lo stile è generalmente rilassato, ed allo stesso tempo tecnicamente brillante; e' un lavoro consistente, con una buona varietà, infatti al di la' della componente progressiva troviamo elementi quasi sludge e persino tracce indie pop. Il suono varia molto e passa da momenti piu' rumorosi e pesanti ad altri con melodie piuttosto semplici, pulite e sottili; possiamo ascoltare rilassanti assoli di synth e organo, delicati passaggi di chitarra, assoli incredibili e sezioni violente di batteria, il tutto all'interno di un'unica traccia, come in In My Mind per esempio. La musica e' solida e sembra sempre procedere in una qualche direzione, piace di primo acchitto e migliora con gli ascolti. Il cantante migliora il tutto con il suo tono di voce forte e piacevole, come si evince nel breve brano Light, reso speciale dalla sua interpretazione fluida e dalle meravigliose melodie vocali. I testi parlano di uno sciamano, e lo seguono attraverso momenti di depressione, di dolore e di perdita, assolutamente niente di allegro, di conseguenza c'e' molta emotivita' nel canto.
La prima traccia è In My Mind e si apre in modo sperimentale prima che la chitarra si intrometta con una linea melodica accompagnata dalla batteria, mentre dopo un minuto e mezzo irrompe la voce, che canta "L'oscurità cresce nella mia mente, la paura cancella i ricordi, il passato è sparito, l'ombra copre la realtà". L'organo entra fluttuando e dopo sei minuti il brano raggiunge il culmine, con Mert che continua a narrare la sua storia: "Benvenuta oscurità, mia inquieta amica, volerò ancora un'ultima volta, nella mia mente c'è solo dolore, tutti i ricordi sono prosciugati, ho aperto gli occhi ma non riesco a vedere, cosa mi sta succedendo?"; il tono diventa pesante ed aggressivo dopo otto minuti e mezzo quando la voce si arresta. Bellissima canzone. Si prosegue con Sorrow By Oneself, brano che si apre in maniera molto malinconica ed avvicinandosi molto ai Pink Floyd, e quando subentra la voce lo stile si fa piu' rilassato e lento; dopo tre minuti e mezzo le tastiere salgono alla ribalta, mentre il canto si ferma completamente, ed in seguito, al quinto minuto circa, la chitarra prende il sopravvento scambiandosi la scena con le tastiere, di fatto rallentando e calmando ulteriormente i toni. Un'altra canzone molto ben riuscita.
Light è un breve intermezzo di poco più di due minuti, che presenta un organo spaziale, una chitarra ispirata ed ancora un ritmo rilassato, soprattutto quando fa capolino la voce. Ritual è la traccia finale, lunga ed epica con i suoi 18 minuti abbondanti: paesaggi sonori inquietanti all'inizio, liriche che continuano a raccontare di solitudine ed oscurità, il suono in seguito evolve e sembra diventare più sereno man mano che viene riprodotto, ed infatti dopo cinque minuti si assiste ad un brusco cambiamento, quando la voce si ferma e la musica diventa più rilassante, salvo poi mutare ulteriormente, soprattutto grazie alla chitarra ed al canto, poiche' Mert annuncia la scomparsa della sua paura e l'atmosfera diventa allegra. A questo punto e' il momento di un provvidenziale quanto necessario assolo d'organo: nove minuti e mezzo di arie positive e rassicuranti. Al quattordicesimo minuto il tutto si arresta bruscamente e si conclude con gli sperimentalismi che hanno aperto il disco.
Un album molto ben riuscito, con esplorazioni di tastiera, una chitarra space/psych, alcuni passaggi più pesanti e superbi cambi strumentali e di ritmo. E' un disco che non stanca mai e probabilmente la miglior produzione turca per quanto riguarda il progressive rock.

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