venerdì 3 ottobre 2008

Genesis - Selling England by the pound (1973)

Disco considerato pietra miliare del rock, uno dei punti più elevati per quanto riguarda il progressive e album migliore della band in questione. Tutti giudizi condivisibili. Ho amato questo album di un amore morboso, l'ho ascoltato e riascoltato per coglierne ogni sfaccettatura, ho ascoltato ogni brano sentendo ora solo la chitarra, ora solo la tastiera o la batteria, l'ho ascoltato più volte al giorno per mesi. Ho provato brividi ascoltando l'assolo di flauto in Firth of fifth. Ho deciso che il progressive sarebbe stato il mio genere musicale preferito e che avrei dedicato la mia vita (musicale) alla sapienza nel campo del prog rock. Dopo l'ascolto di questo album nessuno è più lo stesso. Dopo la pubblicazione di Foxtrot i Genesis hanno trovato stabilità e un discreto successo commerciale, la macchina ha ingranato e la band è al suo picco per quanto riguarda la maturazione artistica. Il bello dei Genesis è che sono come una perfetta squadra di calcio, nessuno è il campione indiscusso e tutti giocano da gregari: ogni strumento è perfettamente integrato nel suono, i cinque suonano tutti insieme all'unisono, gli intrecci sono impeccabili e i due playmaker Tony e Steve hanno raggiunto un'intesa perfetta. Selling England by the pound è un album romantico, passionale, barocco e dolcissimo, l'emblema del Genesis style. L'incipit del disco è già spettacolare: Dancing with the moonlight knight cambia ritmo e atmosfera in un batter d'occhio: apre il canto di Peter, presto incalzato da una chitarra medievale, poco a poco tutti gli strumenti salgono in scena e la traccia accelera, la chitarra si arrabbia e di botto lascia le redini alle tastiere, fino alla conclusione soffusa ed inaspettata. Si parla dell'Inghilterra, Peter con giochi di parole e doppi sensi la prende in giro, descrivendo il degrado della civiltà. I know what i like (in your wardrobe) è una canzone che ho riscoperto recentemente dopo aver visto un video su youtube, poiché inizialmente non ne avevo colto tutta la bellezza. Si tratta della traccia più leggera dell'album, con un ritornello accattivante e il grande duetto Phil-Peter alla voce, oltre agli arrangiamenti percussivi stracuratissimi di Phil, che quando sta al suo posto mostra di essere uno dei batteristi più bravi in assoluto, e il grande lavoro di Mike al basso. I testi sono ancora ironici e narrano apparentemente di un ragazzo che poi si rivela essere una falciatrice. Ma il capolavoro arriva adesso, Firth of fifth è una delle più belle canzoni dell'era progressiva e probabilmente la più raffinata e toccante scritta dal gruppo. Il piano introduce e vola via, gli altri quattro costruiscono una trama unica e dolce, in perfetta intesa ed armonia, Peter recita la sua parte impeccabilmente e si lascia andare ad un assolo di flauto che tocca l'anima; poi il ritmo incalza e tastiere e batteria si intrecciano vorticosamente, Phil è superlativo, per poi lasciare il testimone all'assolazzo di chitarra di Steve. Un brano unico, indimenticabile. Con metafore Peter denuncia l'avanzare delle metropoli a scapito della natura e l'annunciata morte di questa. More fool me è una canzone breve, perlopiù acustica, dolce ed ingenua, il testo rivela una canzone d'amore. The battle of Epping forest è invece il brano più elaborato, più prettamente progressivo del disco. Ancora una grande interpretazione di Peter, che cambia toni a seconda di ciò che sta narrando, ora melodrammatico, ora ironico, ora sprezzante; tutto il brano è un continuo alternarsi di atmosfere e combinazioni indovinatissime fra i musicisti, che ora mostrano tutta la loro classe e tecnica. Un brano molto bello da ascoltare con attenzione. Il testo narra della battaglia che si svolse realmente alla periferia di Londra fra due bande rivali per il controllo del quartiere; i toni sono ironici, come al solito, e in questa canzone emerge tutta l'abilità lirica del cantante. After the ordeal è un altro episodio breve e strumentale, condotto dalle tastiere affiancate da un flauto suadente, mentre Phil ancora mostra tutta la sua classe, che presto metterà da parte. The cinema show invece è un brano lungo, onirico, che comincia rilassato e tenue trascinato dal canto e dalla chitarra, per poi evolvere in maniera più aspra grazie soprattutto all'irruenza di Phil, stavolta nervosissimo; in seguito la conduzione passa alle tastiere che concludono in maniera barocca. Le parole però non mi sono tanto chiare. Aisle of plenty è la traccia conclusiva, brevissima, che riprende il tema iniziale per un finale circolare. Non c'è molto da aggiungere, questa è arte. Da qui in poi Peter Gabriel soffrirà di uno spiccato egocentrismo che lo porterà a lasciare la band, Phil Collins farà il resto.

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