lunedì 20 ottobre 2008

Pallas - The sentinel (1984)

I Pallas sono uno dei tanti gruppi della seconda generazione progressiva, quella degli anni '80, il cosiddetto neo-prog. Non sono considerati un gruppo di punta, band come Marillion e IQ sono certamente migliori, però l'album The sentinel è molto carino, sicuramente uno dei migliori album della corrente neo-progressiva, di cui francamente non vado matto. Gli scozzesi Pallas decidono il loro ridicolo nome dalla dea Pallade; il primo album è un live autoprodotto, quindi si può immaginare la qualità del mixaggio di questo lavoro, che però è un lavoro molto valido, infatti il gruppo è notato dalla EMI e scritturato per il secondo album, The sentinel appunto. Purtroppo questa fortuna non dura a lungo, poiché la EMI, che aveva appena scritturato i Marillion, decide di puntare tutto sul gruppo di Fish togliendo i fondi ai Pallas, i quali pubblicano un altro album e si prendono un lungo periodo di pausa. Intanto il fermento neo-prog scema e il gruppo rimane a lungo lontano dalle scene; ritorna alla fine degli '90 ricominciando ad incidere e a suonare in giro, aderendo però ad un sound più metal. Il gruppo è composto da Ronnie Brown alle tastiere, Derek Forman a batteria e percussioni, Euan Lowson alla voce, Niall Mathewson alla chitarra e Graeme Murray a basso e voce. L'album comincia con Shock treatment, la traccia migliore dell'album e forse della loro intera produzione, una delle canzoni che inserirei in una ipotetica hit list degli anni '80. Tastiere sparate, tipicamente anni '80, voce melodiosa e spaziale, batteria in controtempo e un ritornello orecchiabile: questi gli ingredienti di un brano riuscitissimo. La successiva Cut and run non cambia timbro e non perde in qualità: tastiere elettroniche su una base ritmica morbida e al contempo solida, melodia orecchiabile e tratti più contorti ed elaborati, bell'assolo di tastiere nella parte centrale. La terza traccia Arrive alive è ripresa dall'album d'esordio, semplicemente riregistrata in studio senza particolari variazioni, anche perchè si tratta di un altro brano particolarmente riuscito: chitarra e tastiere viaggiano ora parallele, disegnando una melodia ora più aggressiva e veloce, a tratti hard, molto simile a certe cose dei Van Halen o degli Europe, che proprio in quegli anni stavano emergendo. Rise and fall (part I) è un'altra canzone che mi piace parecchio: chitarra e basso, con la voce, delineano la melodia, la batteria è ancora in controtempo e tastiere space disegnano ghirigori; la parte centrale è soffusa, tenue, spaziale, improvvisamente basso, batteria e tastiere duellano a colpi di tempi dispari e il brano reincalza. Davvero un bel lavoro. Si arriva così ad East west, brano intimista e malinconico, a tratti tragico: la maiuscola prestazione del cantante e un gran assolo di chitarra elevano il brano. March of Atlantis e Rise and fall (part II) sono probabilmente le tracce meno riuscite: il sound si mantiene su un discreto space rock, ma mancano spunti degni di nota, anche se la melodia rimane piacevole. Heart attack è un altro brano cupo e triste, la voce di Euan fa ancora da padrona: si snoda su begli arrangiamenti di piano, la voce è inizialmente struggente, mentre in seguito il brano cambia diventando più arioso, senza troppa allegria, fino al finale melodico. Molto bella anche questa canzone. Atlantis torna a temi più allegri e maestosi, l'intera traccia è magniloquente, con arrangiamenti orchestrali e voce enfatica; bella la melodia e il lavoro di tutti i componenti del gruppo. Ark of infinity è un altro brano lungo, un bel ritornello cantato lo introduce per poi passare ad un pregevole assolo di tastiere, ben supportate dal basso, ed infine tornare sul tema iniziale per una degna conclusione del disco. Un lavoro tipicamente anni '80, negli arrangiamenti tastieristici, sempre molto elettronici e space, nella voce enfatica, nell'atmosfera generale; se vi piace il neo-prog questo è sicuramente un lavoro molto valido, se non vi piace consiglio comunque di ascoltarlo, non è affatto male.

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