mercoledì 28 maggio 2008

Banco del Mutuo Soccorso - Banco del Mutuo Soccorso (1972)

Il Banco è uno dei gruppi di punta del prog italiano e, fra i famosi, quello che più ha sperimentato e più si è avvicinato alle sonorità british. Mentre infatti le Orme traducono in linguaggio progressivo la tradizione della musica leggera italiana, e PFM o Area colorano prog o jazz rispettivamente con sonorità tipiche mediterranee, il Banco assimila e fa sua la scuola inglese rielaborandola in maniera personalissima, inoltre dispone di un cantante di ruolo, ben raro nei gruppi italiani. Il gruppo si forma a Roma nel 1969 e non si è mai sciolto. I fondatori sono i fratelli Gianni e Vittorio (all'epoca diciassettenne) Nocenzi, funamboli delle tastiere con background diversi: classico il primo, jazz-elettrico il secondo, molto influenzato dallo stile di Keith Emerson. La loro produzione prende tutti e quaranta gli anni di carriera, ma ovviamente i lavori più interessanti sono i primi, infatti recensirò il primo ed il terzo album, però segnalo un bel live del 1997 intitolato "Nudo", summa della loro stupenda musica. Gli altri componenti del gruppo sono Francesco Di Giacomo, cantante tenore (anche nella stazza) e autore dei testi, a volte anche impegnati, il chitarrista Marcello Todaro, il bassista Renato D'Angelo ed il batterista Pierluigi Calderoni. Gianni Nocenzi abbandonerà il gruppo negli anni 80, inoltre la formazione subirà altre defezioni, ma Vittorio Nocenzi e Francesco Di Giacomo sono ancora lì. L'album si apre con "In volo", che recita un sonetto di Ariosto, precisamente Astolfo sulla luna, su una base medievaleggiante. Poi parte il progressive: R.I.P. è uno dei più bei pezzi che la musica nostrana abbia prodotto: parla di una battaglia dal punto di vista di un soldato, infatti la tensione, descritta da un rock'n'roll potente e rapido, cresce sempre più proprio a voler simboleggiare le fasi concitate e terribili della guerra, finchè il sound diventa calmo, quasi celestiale, ma il testo ancora amaro, è la morte che incombe sul protagonista dell'episodio. Poi vi è un breve intermezzo strumentale per solo clavicembalo intitolato "Passaggio" che introduce un altro pezzo stupendo: "Metamorfosi". Questa traccia è una cavalcata perlopiù pianistica che va dal prog sinfonico alla musica classica al jazz, tutto arricchito da suoni tipicamente mediterranei, con un finale cantato breve ma intensissimo: "Uomo, non so, se io somiglio a te, non lo so. Certo che però non vorrei segnare i giorni miei coi tuoi”. Si prosegue con la traccia più lunga mai scritta dal Banco e una delle suite classiche del prog italiano, vale a dire "Il giardino del mago". 18 minuti di prog sinfonico con cambi di ritmo, riprese, momenti cupi ed altri ariosi, con la sezione ritmica che fa da base per le evoluzioni degli altri musicisti e la stupenda voce di Francesco che narra una favola nera in versi. Si racconta di un uomo angosciato dalla propria vita che ricorda da bambino di essere andato in un mondo incantanto tramite un ingresso in un giardino; decidendo di volerci tornare riesce a raggiungere il giardino e si ritrova proiettato in un mondo fatato, dal quale però non può più uscirne. Chiude il disco "Traccia", breve pezzo classicheggiante vivace e allegro. In conclusione un gruppo che, a parer mio, avrebbe meritato più attenzione, infatti a conferma di ciò vi è il tentativo fallimentare di registrare un disco per una label straniera, la Manticore degli ELP, per la precisione, e invito chiunque a recuperare gli stupendi lavori di questa band. Li ho visti anche dal vivo a Roma un primo maggio e posso dire che sono spettacolari, non hanno perso lo smalto con gli anni e sono spesso in tour, quindi non è così raro beccarli in giro.

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